La Sicilia come modello italiano contro la lotta all’epatite C. Lo racconta Vito Di Marco, professore di Gastroenterologia al Policlinico ‘Paolo Giaccone’ di Palermo, che spiega come nella sua regione nel 2015 sia nata una Rete HCV proprio per curare le malattie di fegato determinate dal virus. “In 5 anni siamo riusciti ad attivare un centro per ogni provincia della Sicilia- fa sapere Di Marco- e a creare una vera integrazione tra specialisti del settore. E i risultati che otteniamo producono salute e ricerche che risultano fondamentali per il nostro lavoro”.
Inizialmente la Rete HCV siciliana era composta da 21 centri Hub, ma “oggi ce ne sono 32 abilitati alla prescrizione di farmaci antivirali, che raccolgono circa 18mila pazienti di cui 16mila già trattati. All’inizio la terapia era più complessa e decisamente più costosa, oggi invece i costi sono stati ridotti e la terapia è stata semplificata”. I dati epidemiologici che ha raccolto la rete HCV hanno permesso di suddividere la popolazione colpita dall’infezione in due coorti: i nati prima del 1960, che hanno contratto l’infezione perlopiù attraverso trasfusioni o in ambito familiare, e le persone nate tra il 1960 e il 1990, che nella maggior parte dei casi hanno contratto l’infezione con la tossicodipendenza.
E proprio grazie a questa attività di diagnosi e cura messa in campo dalla rete, oggi la Sicilia registra un dato di grande valore: “Negli ultimi due anni- sottolinea il professor Di Marco- siamo riusciti a eliminare l’epatite C nel 97,5% dei pazienti trattati. Il principio ‘etico’ su cui si basa la nostra rete è l’equità, ossia accesso alle diagnosi e alle cure per tutti i cittadini, anche per quelle categorie a rischio come i frequentatori dei Ser.D. o la popolazione carceraria della nostra regione”.
Ed e’ su queste due ‘categorie’ di persone che la Rete siciliana sta avviando dei progetti significativi per contrastare la diffusione del virus: “Portare la terapia direttamente nei Ser.D. o nelle carceri e non i pazienti nei centri di cura- prosegue Di Marco- già lo scorso anno abbiamo realizzato un progetto pilota alla Casa circondariale ‘Pagliarelli’ di Palermo per uno screening totale della popolazione carceraria. Da questo progetto sono emersi dei dati interessanti: circa il 5% dei carcerati e’ risultato positivo al virus; non è vero che gli extracomunitari sono i più colpiti all’infezione; il contagio colpisce in particolar modo, circa al 30%, coloro che facevano uso di stupefacenti. Il prossimo passo sarà fare uno screening all’interno del carcere all’intera popolazione carceraria della Sicilia e, se sarà possibile, anche degli agenti penitenziari, e offrire la terapia antivirale alle persone che hanno l’infezione. Questo progetto può ottenere la completa eradicazione dell’infezione dentro le carceri e renderle più sicuri”.
Intanto a fine novembre il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha approvato un decreto che prevede lo screening nazionale gratuito per il virus dell’epatite C. “Un decreto molto importante- commenta il professor Di Marco- perché prevede lo screening di tutte le persone nate tra il 1969 e il 1989, delle persone che frequentano i Ser.D. e dei detenuti. Ora bisognerà presentare i progetti per l’attuazione, ma siamo fiduciosi che la Rete HCV Sicilia, che da anni si occupa di combattere questo virus, sia coinvolta come partner per realizzare questi progetti”.
Ad inizio 2021, invece, ripartirà in Sicilia HAND, il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), con l’obiettivo di realizzare uno screening “a tutti i soggetti che svolgono terapia sostitutiva nei 5 Ser.D. della provincia di Trapani e nei 4 Ser.D. della provincia di Siracusa”, e che servira’ come modello “per documentare la prevalenza attuale dell’infezione da HCV e per applicare nuovi modelli di gestione della terapia antivirale dei soggetti infetti”. Grazie a questo progetto “avremo benefici di conoscenza, di cura e prevenzione- aggiunge ancora Di Marco- e inoltre arriveremo ad eradicare l’infezione a partire dalla popolazione carceraria. In realtà in Sicilia un modello di eradicazione lo abbiamo già concluso: quello dei talassemici, che prima della scoperta del virus C facevano trasfusioni di sangue e avevano un’infezione da HCV in oltre il 50% dei casi Siamo riusciti a curare tutti”, conclude infine Di Marco.
“Dalla relazione prodotta proprio di recente dal ministero della Salute si evince un dato significativo per le criticità che sono state rilevate negli anni: i Ser.D. sono passati a ‘screenare’ soggetti particolari, che non si rivolgono alle strutture normali, solo dal 20 al 50%. Noi vogliamo che questo dato sullo screening vada al 100%, come è stato fatto allora per l’Aids”. A parlare e’ il presidente di FeDerSerD, Guido Faillace, intervistato in occasione della seconda tappa in Sicilia di ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), che coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i relativi Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.
Dopo Pozzuoli, Alessandria, Brindisi, Benevento, Siracusa, Roma, Torino, Pesaro, Pavia, Como, Lecco e Isernia/Campobasso e Siena, la quattordicesima tappa di HAND si è svolta a Trapani, dove si è svolto il corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie. I corsi di educazione continua in medicina saranno in totale 16 su tutto il territorio nazionale.
“Se si è raggiunto un risultato importante per i soggetti affetti dalla patologia e trattati- ha proseguito Faillace- questo è stato anche grazie ai Ser.D. che allora ‘screenavano’ quasi tutta la popolazione: quindi tutti i soggetti affetti sono ’emersi’ ed è stato possibile curare”.
Per quanto riguarda HAND, che tra i suoi obiettivi ha anche quello di intervenire sulla popolazione fragile, secondo il presidente di FeDerSerD “questo progetto ci mette in condizioni di potere intervenire sulla problematica e quindi di riuscire ad agganciare proprio quei soggetti. E parliamo di un dato significativo, che va dai 90 ai 120mila soggetti non trattati che fanno parte della popolazione afferente ai servizi per le dipendenze. Il risultato quindi sarebbe estremamente importante, anche perché quello dell’epatite C è un virus silente: molti non si accorgono di averlo e, non avendo sintomatologie evidenti, non ricorrono ad accertamenti e successivamente alle cure”. Con HAND, dunque, si sta cercando di far emergere questo dato. “È un progetto che viene portato avanti su tutto il territorio nazionale- ha commentato Faillace- grazie alla formazione e a interventi specifici, con anche la possibilità di iniziare un primo screening con i test salivari rapidi per arrivare a identificare più soggetti possibili per essere inviati ai centri di cura”.
Intanto FeDerSerD ha rilanciato la centralità dei Ser.D. nel Servizio sanitario nazionale e rinnovato la sua disponibilità alle istituzioni. Ma quali sono le principali azioni da mettere subito in campo? “FeDerSerD è una società scientifica e quindi in questi anni ha valutato una serie di dinamiche per quanto riguarda i servizi per le dipendenze- ha risposto il presidente Faillace – Ora si stanno rivalutando questi servizi che inizialmente erano nati solo ed esclusivamente per intervenire su problemi di dipendenza da eroina, poi si e’ scoperto invece che svolgono molteplici funzioni sul territorio. Hanno un ruolo importante per l’organizzazione dei servizi in ambito territoriale e per quanto riguarda le attività in ambito distrettuale, come la medicina del territorio, occupandosi di tutta una serie di aspetti significativi: dalla prevenzione alla cura all’inserimento dei soggetti in ambiti lavorativi dove esistono modalità progettuali per poterlo fare. Quindi l’aspetto importante e’ quello di dare a questi servizi la giusta collocazione in ambito territoriale”.
FeDerSerD, dunque, ha “subito” aderito in ambito nazionale a quelle che erano “le direttive emanate dal ministero in merito alla questione di eradicare il virus nel nostro Paese entro il 2030- ha spiegato ancora Faillace- E queste attività sono state svolte in modo abbastanza solerte da parte della nostra società, anche se ci sono state una serie di problematiche per quanto riguarda le organizzazioni a livello regionale, perché sappiamo benissimo che in Italia, con il Titolo V, abbiamo 21 sanità diverse”.
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato pochi giorni fa lo schema di decreto per lo screening nazionale gratuito per il virus dell’Epatite C. Quali dovranno essere i prossimi passi per eliminare l’infezione da HCV in Italia? “Lo schema di decreto adesso è in conferenza Stato-Regioni per la valutazione e l’approvazione da parte degli assessori delle regioni italiane. Sicuramente sarà approvato- ha risposto infine Faillace- perché è un decreto condiviso con i tavoli tecnici delle regioni e quindi ci aspettiamo l’approvazione e l’emanazione immediata di questo decreto. A parte le indicazioni sulle modalità di attuazione del decreto, ci sono anche delle risorse importanti per quanto riguarda l’attività da svolgere nei servizi. FeDerSerD ha svolto un ruolo importante per la strutturazione del decreto Speranza- ha concluso- rivalutando il lavoro che sarà svolto dai Ser.D. su tutto il territorio nazionale”.