La recente inchiesta di Repubblica sullo stato dei Pronto soccorso fotografa una sanità italiana insolitamente omogenea dalle Alpi alla Sicilia, accomunata da uno stato di sofferenza che si ripercuote sui diritti dei cittadini e sulle condizioni di lavoro dei medici.
Da Bologna a Napoli, da Genova a Palermo, da Milano a Roma i problemi denunciati sono gli stessi: ore di attesa, di un posto letto o di una visita medica, sproporzione tra numero e complessità di accessi e disponibilità di strutture e personale, ambienti sovraffollati, inappropriati insicuri e, non di rado, indecenti, dove i diritti costituzionali sono tenuti fuori dalla porta.
La carenza di medici, di letti e di spazi trasforma il sistema delle emergenze-urgenze, ogni estate ed ogni inverno, in un luogo di trincea descritto con dovizia di particolari in paginate di giornali e spazi mediatici. Che si consumano, però, nello spazio di un mattino, senza suscitare né particolari indignazioni, come i cartoni al posto del gesso, né un cinguettio di attenzione da parte della Politica.
Non basterà continuare ad incolpare gli immigrati o l’eccesso di casi poco gravi, o l’ondata di calore estivo e l’epidemia di influenza invernale, per sollevare i pronto soccorso dai livelli non europei in cui sono precipitati. Occorrono soluzioni strutturali che restituiscano risorse non solo economiche, ma logistiche e professionali, medici specialisti e non generici tappabuchi, per rispondere alle domande dei cittadini in momenti critici delle loro esistenze in maniera degna di una sanità moderna.
La radiografia della situazione diventa operazione inutile se non accompagnata dall’individuazione dei rimedi. La condizione in cui versano le strutture sanitarie deputate al trattamento dell’urgenza clinica deve diventare una priorità in politiche sanitarie che non possono abdicare a un ruolo nazionale scaricando problemi e soluzioni sui gruppi dirigenti locali. Anche perché le immagini trasmesse dai media e le notizie riportate dai giornali sono la chiara dimostrazione di cosa abbiano prodotto i tagli lineari operati in questi anni ai posti letto, sostituiti da più moderni posti barella, quando non da sedie e scrivanie, ed al personale, precarizzato oltre ogni decenza e lasciato esposto ad aggressioni verbali e fisiche.
Medici ed infermieri, insieme ai cittadini, sono diventati innocenti spettatori, pur su fronti contrapposti, dello scempio quotidiano di un diritto costituzionale. Abbandonati da chi dovrebbe assicurare la necessaria ed urgente inversione di rotta e si limita a scandalizzarsi con sospetta ripetitività.