Sono almeno 27 milioni di bambini sfollati a causa delle guerre a non avere più accesso all’educazione e fino a quando il fenomeno migratorio continuerà a essere affrontato come un’emergenza e non come un problema strutturale, rischiamo di continuare a perdere intere generazioni di bambini.
Questa la denuncia di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, alla vigilia della Giornata Mondiale del Rifugiato.
Nel solo 2017 sono stati 35 milioni i bambini costretti a lasciare le proprie case per fuggire da conflitti violenze e cambiamenti climatici, un dato che è cresciuto dell’11% dal 2009. Un trend allarmante, confermato anche dagli ultimi dati rilasciati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che sottolinea come il tema della mobilità delle popolazioni in tutto il mondo sia un fenomeno che coinvolge sempre di più i bambini e gli adolescenti. A oggi infatti, il 52% dei rifugiati a livello mondiale ha meno di 18 anni e la gran parte sono minori stranieri non accompagnati.
“Ogni giorno quasi 45mila persone sono costrette a muoversi per scappare da vite insostenibili, fatte di guerre e conflitti, povertà, cambiamenti climatici che generano carestie ed emergenze ambientali. La metà è composta da bambini, che spesso partono da soli lasciando la famiglia, la casa e la scuola. Il fenomeno migratorio coinvolge tutti i continenti cui si deve far fronte non soltanto attraverso politiche di controllo dei confini o come un’emergenza. Si tratta di un problema strutturale e deve essere affrontato con politiche di sviluppo: è necessario investire subito per supportare intere generazioni di bambini e ragazzi che rischiano di perdere ogni opportunità di costruirsi un futuro e di contribuire a quello del proprio paese”, afferma Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children.
Un bambino su cinque al mondo, 420 milioni, vive in aree di conflitto, dove violenza, fame e malattie mettono quotidianamente a rischio la loro vita. Nel solo 2018 – ricorda Save the Children che in occasione del suo Centenario ha lanciato la campagna “Stop alla guerra sui bambini” – circa 4,5 milioni di bambini hanno rischiato di morire per fame nei dieci paesi peggiori in conflitto, che sono tra i principali paesi di origine dei rifugiati: Afghanistan, Yemen, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Siria, Iraq, Mali, Nigeria e Somalia.
Ma i conflitti non sono l’unica causa dei movimenti delle popolazioni mondiali: si stima che entro il 2050 circa 143 milioni di persone saranno costrette a spostarsi all’interno del proprio paese per ragioni legate al clima e di questi, oltre la metà, sono nell’area dell’Africa Sub-sahariana[1]. “Non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla mancanza di volontà politica a causa della quale il mondo continua a rimanere inerte davanti alle sofferenze indicibili che stanno patendo i bambini a causa di guerre, povertà o cambiamenti climatici. Il futuro dei bambini non può più attendere oltre ed è arrivato il momento che la comunità internazionale si assuma finalmente in pieno fino all’ultima delle proprie responsabilità”, conclude Valerio Neri.