La Sclerosi Multipla (SM) può esordire a ogni età, ma è più comunemente diagnosticata nel giovane adulto tra i 20 e i 40 anni. Ci sono circa 2,5-3 milioni di persone con SM nel mondo, di cui 1,2 milioni in Europa e circa 130mila in Italia. Il numero di donne con SM è doppio rispetto a quello degli uomini, assumendo così le caratteristiche non solo di malattia giovanile, ma anche di malattia di genere. Esistono varie forme di malattia, ma la pratica clinica ha evidenziato come iniziare la terapia il più precocemente possibile porti a un rallentamento della progressione della disabilità, ricordando che ogni individuo richiede un programma di cura personalizzato.
Al fine di sensibilizzare le istituzioni verso un trattamento precoce ed efficace della sclerosi multipla, Motore Sanità ha organizzato il sesto di 10 appuntamenti regionali dal titolo ‘Focus Campania: #MULTIPLAYER – La Sclerosi Multipla si combatte in squadra’. Tante prestigiose autorità scientifiche sono intervenute sul tema.
“Iniziative come queste sono molto importanti. Mi piace molto anche il titolo: affrontare questa patologia con il discorso di squadra e di rete, perché l’unione fa la forza, associata alla ricerca e al progresso”, ha dichiarato a inizio dei lavori Antonio Postiglione, Direttore Generale per la Tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale. “L’occasione di confronto con i diversi modelli organizzativi regionali è fondamentale, per capire le buone pratiche e per far sì che la squadra possa sempre lavorare meglio”.
Ha parlato della dimensione del problema dal punto di vista economico Francesco S. Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director – Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Presidente SIHTA: “La SM è una patologia che impatta moltissimo: è stato calcolato un costo totale di 5miliardi di euro, con un costo medio per persona di circa 40-45 mila euro all’anno. Il dato che a me ha sempre colpito molto, però, è quello relativo alla classe di età in cui viene diagnosticata per la maggior parte la malattia, ovvero tra i 20 e i 40 anni. Il che significa tutta una popolazione in piena attività lavorativa, che viene impattata negativamente dall’avvento della patologia. Questo ne riduce la loro qualità di vita e genera un aumento dei costi, tanto per il Sistema sanitario, quanto dal punto di vista dei costi a carico delle famiglie e dei pazienti stessi e di perdita di produttività lavorativa. Molti studi hanno dimostrato come nell’andare avanti con la progressione della malattia aumentano in maniera molto forte i costi. Questo significa che c’è la necessità di intervenire tempestivamente nella diagnosi precoce e nella presa in carico precoce del paziente con conseguente trattamento precoce. Gli assegni ordinari di invalidità nel 2019 sono cresciuti del 30% rispetto al 2016 e le prestazioni per quanto riguarda questa tipologia di servizio previdenziale, quindi assegno ordinario e pensione di inabilità, pesano per l’Inps circa 110milioni di euro ogni anno. E poi c’è l’indennità di accompagnamento che, sempre nei 4 anni considerati, pesano sui 120milioni di euro”.
“In tutto questo percorso gli infermieri sono coloro che accompagnano il paziente”, incalza Teresa Rea, Presidente OPI Napoli. “Quando pensiamo agli infermieri ci soffermiamo spesso sull’aspetto tecnico della professione infermieristica e a me, rispetto a questa patologia, piace pensare all’aspetto relazionale e anche educativo che è specificato nell’ambito del profilo professionale degli infermieri. È una diagnosi che avviene in un momento particolare della vita di un soggetto, generalmente giovane. Quindi la presa in carico dei bisogni assistenziali di questi pazienti affetti da SM non sono da sottovalutare. Abbiamo bisogno di rivedere i modelli organizzativi della nostra Regione, perché non si può prescindere dall’inserire nell’ambito dei nostri percorsi tutte le figure professionali e anche gli infermieri. Perché non rilevare i bisogni di queste persone, significa non dare loro le cure e noi oggi dobbiamo ragionare molto in termini di cure mancate ai nostri cittadini. Abbiamo la necessità che loro sentano una presa in carico totale, perché spesso il nostro Sistema sanitario offre cure parcellizzate. Soprattutto in questi due anni è stato difficile offrire cure ai cittadini, quindi se vogliamo rispondere ai loro bisogni, dobbiamo innanzitutto individuare quelli che sono gli strumenti per una presa in carico condivisa, andare a individuare i bisogni assistenziali e dare risposte concrete ai nostri cittadini per evitare tante cure mancate che poi nel tempo cronicizzano e danno tante invalidità. Noi infermieri inoltre siamo i garanti della somministrazione dei farmaci, abbiamo un ruolo importante”.