Arriva nell’Aula di Montecitorio il testo per convertire in legge il Decreto Dignità nel primo dei due rami del Parlamento.
Il provvedimento legislativo è molto atteso anche dal mondo della scuola, soprattutto per gli emendamenti approvati nei giorni scorsi nelle Commissioni, sui diplomati magistrali prima del 2002 e per il superamento del tetto dei 36 mesi, introdotto con il comma 131 della Legge 107/2015, che a breve avrebbe impedito loro di accettare supplenze annuali su posto vacante: in base al calendario dei lavori parlamentari, il testo dovrebbe arrivare a votazione finale giovedì prossimo, 2 agosto. Poi, in caso di approvazione, passerà a Palazzo Madama.
I tempi per la promulgazione delle legge sono serrati, ricorda oggi Orizzonte Scuola. Infatti, trattandosi di un testo di conversione di un precedente decreto, ci sono 60 giorni di tempo per non far decadere l’efficacia del decreto stesso. Quando il testo sarà approvato dai due rami del Parlamento andrà alla firma del Presidente della Repubblica e, se non ci saranno rilievi da parte del capo dello Stato, sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Il problema è che per il mondo della scuola le modifiche al Decreto Dignità dovevano essere ben altre: tranne la soppressione dell’art. 131 della legge 107/2015, che dal prossimo anno avrebbe potuto impedire l’accettazione di supplenze su posti privi di titolare, in modo da precludere la possibilità di stabilizzare i precari, sovvertendo le indicazioni provenienti dal diritto europeo, il resto delle modifiche rappresentano un guazzabuglio che non risolve il problema del precariato.
L’emendamento promosso dal governo e approvato dalle commissioni della Camera non mette al riparo le decine di migliaia di diplomati magistrale, di cui una fetta addirittura già immessi in ruolo, a seguito della sorprendente decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, tagliandoli fuori dalle GeE, li costringe di fatto a ripartire da un concorso straordinario che rimescola tutto, andando anche a minare quella continuità didattica che Miur e governo continuano a citare senza rendersi conto che la stanno calpestando.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “la situazione è ancora riparabile, se solo il Governo decidesse di assumersi, anche all’ultimo momento direttamente in Aula, la responsabilità di dire quale strada prendere per evitare il licenziamento di 50 mila insegnanti. Perché la proroga dei contratti di un anno o l’abolizione del limite di 36 mesi ai contratti stessi sono dei provvedimenti tampone che non risolvono affatto il problema di chi è di ruolo e di chi si apprestava a diventarlo”.
“E nemmeno si salverà – prosegue Pacifico – chi ha superato un anno di prova, seppur con riserva: questi maestri, che avevano programmato la loro vita professionale e personale, forti dall’assunzione a tempo indeterminato e di otto sentenze favorevoli emesse dallo stesso Consiglio di Stato che all’ultimo momento ha cambiato idea, fra meno di un anno verranno infatti licenziati. Lo stesso accadrà a chi, da diversi anni, a settembre accetta una supplenza annuale e garantisce la formazione dei nostri alunni”.
“Per evitare tutto ciò e che si apra un’altra stagione di ricorsi, il Parlamento non ha scelta: deve riaprire le GaE a tutti gli insegnanti abilitati, dalla primaria alla secondaria, sbloccando le immissioni in ruolo su tutti i posti vacanti, anche quelli nascosti in organico di fatto, oltre a quelli degli educatori che come per il personale Ata ancora una volta risultano danneggiati da un numero di assunzioni dimezzate rispetto a quelle – conclude il sindacalista Anief-Cisal – che si dovevano attuare”.
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