In vista del ritorno in classe previsto, tra pochi giorni circa 60-70 mila docenti cominceranno ad essere nominati come supplenti in aggiunta all’organico canonico: si tratta, in media, di un insegnante in più per ognuno dei 42 mila plessi scolastici che si metterà a disposizione dei dirigenti scolastici per permettere loro di organizzare la didattica in presenza anche con classi sdoppiate, orari pomeridiani, in aule aggiuntive o per dare seguito a tutte le disposizioni previste da ogni singolo istituto nell’ambito della sua autonomia.
Secondo Tuttoscuola “se è corretta l’interpretazione secondo cui i docenti nominati avranno un contratto di lavoro come quello riservato ai supplenti temporanei in sostituzione per brevi assenze, lo sforzo finanziario potrebbe essere temporaneamente vanificato. Non si tratterebbe infatti di contratti a tempo determinato fino al 30 giugno, ma di ordinarie supplenze brevi, protratte, se tutto va bene, fino al termine delle lezioni”.
Cresce la polemica sui contratti anomali che ci si accinge a sottoscrivere per una parte di docenti. Il problema è quello della configurazione contrattuale depotenziata dei docenti cosiddetti ‘Covid’, finanziati in parte dal decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 e precedentemente dal decreto-legge n. 34 del 2020. L’inquadramento anomalo dei docenti-Covid è stato introdotto dalla lettera b) dell’articolo 231 bis del decreto-legge n. 34 del 2020, con la quale si dispone di “attivare ulteriori incarichi temporanei di personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) a tempo determinato dalla data di inizio delle lezioni o dalla presa di servizio fino al termine delle lezioni, non disponibili per le assegnazioni e le utilizzazioni di durata temporanea. In caso di sospensione dell’attività in presenza, i relativi contratti di lavoro si intendono risolti per giusta causa, senza diritto ad alcun indennizzo”.
Secondo la rivista specializzata, “si tratta, come si intuisce, di docenti di “serie B” che potrebbero perdere il lavoro in caso di ritorno anche breve dei contagi nella loro scuola senza la certezza di essere confermati sulla stessa scuola. Ma soprattutto gli alunni delle classi affidate dovrebbero accontentarsi di avere docenti molto temporanei, provvisori e ‘volatili’ che non potranno partecipare nemmeno alla programmazione d’inizio d’anno (le nomine decorreranno dal 14 settembre) e saranno esclusi dalle commissioni d’esame per le classi affidate (le nomine terminano l’ultimo giorno di lezione)”.
“Ma c’è un altro problema che incombe sulla loro nomina. I dirigenti scolastici li nomineranno a decorrere dal 14 settembre; tuttavia molti di loro, prima di accettare la nomina, si avvarranno del diritto di scelta più vantaggiosa, come quella prevista per ricoprire un normale posto annuale o temporaneo fino al 30 giugno, in base alla posizione di graduatoria provinciale. In questo modo – conclude Tuttoscuola – molte nuove classi ottenute per sdoppiamento non potranno partire fino a quando non disporranno di questi docenti ‘volatili’ e provvisori”.
“La necessità di inserire le cattedre-Covid in organico di diritto – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief – è fondamentale per garantire il personale sia in caso di un secondo lockdown sia per ridare alla scuola le innumerevoli cattedre cancellate negli ultimi due-tre lustri. La modalità “usa e getta” del personale è inaccettabile. Infine, l’Anief è dall’inizio del mese di maggio che ha quantificato in almeno 150-160 mila i docenti da assumere in numero maggiore e in 40 mila la quota di Ata da assegnare alle scuole per garantire in sicurezza da settembre la didattica in presenza. Le risorse del Recovery Fund vanno convogliate anche su questa necessità: sarà l’occasione buona per recuperare 250 mila posti, di cui 50 mila Ata, 15 mila plessi, 4 mila sedi di presidenza e Dsga”.
Secondo il sindacato, la richiesta di modificare il decreto agostano n. 104 naturalmente si allarga all’esigenza di stabilizzare o indire concorsi riservati per una serie di figure professionali: vale per i docenti diplomati magistrale, maestri della scuola dell’infanzie e primaria, insegnanti tecnico-pratici e di religione cattolica, facenti funzione Dsga. Senza dimenticare il personale Ata, al quale è stata sottratta immotivatamente anche la possibilità di operare in smart working pure in presenza di condizioni di “fragilità”.