Per la scuola il 2019 doveva essere l’anno del pensionamento di massa: invece, a meno di quarantottore dal termine di presentazione delle domande volontarie per lasciare il servizio, i dati ufficiali emessi dal Miur ci dicono che il prossimo sarà un anno di pensionamenti addirittura inferiore a quelli passati. In base ai dati ufficiali forniti ai sindacati sulle domande presentate dal personale scuola attraverso il sistema Istanze online, risulta che tra i docenti sono state presentate appena 15.190 richieste d’uscita…
“A questi numeri – ricorda oggi la rivista Orizzonte Scuola – andranno aggiunti quelli derivanti delle pensioni attribuite d’ufficio”. Ma considerando che gli Uffici Scolastici quando saranno chiamati ad esaminare le domande ed attueranno una prima “scrematura”, per via della mancanza di requisiti, e soprattutto alla luce dell’esperienza dallo scorso anno, quando all’ultimo momento l’Inps ha respinto una percentuale non indifferente di richieste, gli incrementi andranno giusto a compensare le domande respinte. Così, il numero di pensionati, che lascerà il servizio a scuola il prossimo 1° settembre sarà non di molto maggiore di quello attualmente comunicato.
Anche perché, nel frattempo, sottolinea sempre la rivista specializzata, “sono sempre più deboli le speranze per quota 100 a settembre 2019 per il personale della scuola”. Pure questa previsione appare corretta. Perché tra probabili slittamenti al 2020, per via dei tempi non compatibili con l’unica ‘finestra d’uscita’ estiva della scuola, requisiti innalzati e penalizzazioni economiche dell’ultimo momento per via delle pressioni UE, con la media di un quinto dell’assegno di pensione tagliato, per centinaia di migliaia di lavoratori l’anticipo a quota 100 si sta rivelando una beffa cosmica. Ancora di più perché tra tre anni decadrà tutto.
A questo punto, se si vuole evitare di trovarci a breve con un corpo docente all’80% di over 50, già oggi il più vecchio al mondo, diventa sempre più indispensabile attuare delle politiche pensionistiche a parte per chi opera nella scuola, dove si svolge una professione ad alto rischio burnout, come confermato dai più ampi e recenti studi sullo stress da lavoro correlato del dott. Lodolo D’Oria: bisogna, quindi, prima di subito introdurre delle deroghe per i dipendenti del settore scolastico.
Anief ha chiesto, a questo scopo, di emendare l’Atto S. 981/bis, relativo alla Legge di Stabilità, intervenendo sul carattere peculiare della professione docente rispetto alle altre professioni statali per il diffuso e gravoso stress psicofisico, unito all’attuale pesante gap generazionale tra docenti e discenti con il personale insegnante più vecchio del mondo, attraverso un’apposita ‘finestra’.
“Questo emendamento permetterebbe l’accesso alla pensione con i requisiti precedenti alla legge “Fornero”. Abbiamo quindi chiesto, sempre con emendamenti ad hoc, di procedere alla maturazione del requisito contributivo per l’accesso al sistema pensionistico. Parallelamente, abbiamo predisposto delle modifiche nella manovra anche per le assunzioni, visto che ci sono 50 mila posti in organico di diritto vacanti e disponibili per il personale docente e almeno 10 mila per il personale Ata. Occorre per il primo caso subito riaprire le GaE e nel secondo attivare i passaggi verticali e aggiornare le graduatorie permanenti del personale: sono disposizioni fondamentali. Qualora i nostri emendamenti venissero approvati – conclude Pacifico – tanti problemi della scuola, ne siamo certi, si risolverebbero a breve”.