“Svolta per i pazienti con diabete tipo 1 grazie al trapianto di cellule staminali nel pancreas. La paziente era però sotto immunosoppressori, che non sarebbero necessari in caso di trapianto autologo” – commenta così il Prof. Luca Pierelli del Dipartimento di Medicina Sperimentale Sapienza Roma e Consulente per la direzione medica In Scientia Fides i risultati dello studio cinese del Research Institute of Transplant Medicine, Organ Transplant Center del Tianjin First Central Hospital pubblicato su ‘Cell’.
Le cellule staminali multipotenti si trovano negli embrioni, nel feto, nella placenta e cordone ombelicale e nell’ultimo decennio hanno guadagnato una notevole attenzione come fonte potenzialmente illimitata di cellule terapeuticamente rilevanti per la medicina rigenerativa. Nel diabete di tipo 1 il sistema immunitario e attacca le cellule delle isole pancreatiche, come evidenzia lo studio. “Effettuare questa tipologia di trapianto nel muscolo, una sede accessibile, permette di monitorare le cellule e soprattutto dimostra che non devono essere trapiantate esclusivamente nel pancreas”.
I trapianti di isole pancreatiche possono curare la malattia, ma non ci sono abbastanza donatori per soddisfare la crescente domanda e i riceventi devono usare farmaci immunosoppressori per impedire al corpo di rigettare il tessuto del donatore.
Nello specifico questo caso “è un importante svolta in ambito autologo – prosegue il Prof Pierelli – perché le cellule staminali possono essere riprogrammate a partire da qualsiasi altra cellula somatica dell’individuo e non solo dalle insule pancreatiche, il che significa che potenzialmente offrono una fonte illimitata di tessuto pancreatico. Un risultato importante soprattutto in ambito autologo dove il rischio di rigetto, anche senza l’utilizzo di immunosoppressori, non dovrebbero esistere. Un risultato vincente.”
Nello specifico “le cellule del sangue e tessuto cordonale sono uniche perché non solo hanno la capacità di svilupparsi in altri tipi di cellule, ma sono anche immunotolleranti, ovvero hanno meno probabilità di provocare una risposta immunitaria. – conclude il Prof. il Prof. Luca Pierelli – Ciò rende le cellule staminali del sangue del cordone ombelicale potenzialmente utili per il trattamento di malattie in cui il sistema immunitario si è “smarrito”, proprio come il diabete di tipo 1.”