Trent’anni fa, nel giro di poche settimane, l’Italia intera fu sconvolta dagli attentati di mafia che a Palermo portarono via la vita di tre magistrati e otto poliziotti.
Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani furono assassinati il 23 maggio 1992; il successivo 19 luglio la stessa sorte toccò a Paolo Borsellino ad Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e Eddie Walter Cosina.
Con una strategia che voleva determinare il terrore, non solo a Palermo ma nell’interna Nazione, Cosa Nostra eliminò in modo eclatante 11 servitori dello Stato, lanciando un preciso messaggio allo Stato stesso. Ed una sfida.
Fu quello lo spartiacque nella lotta alla mafia così come ha ricordato recentemente il capo della Polizia Lamberto Giannini in un intervento alla “Sapienza” Università di Roma.
Non ci fu solo una reazione di tipo militare all’aggressione mafiosa; la lotta alla criminalità organizzata, forse per la prima volta, diventò lotta tra cultura ed anticultura, tra oppressione e libertà, tra società civile e antistato.
Palermo, la Sicilia e il Paese intero, presero coscienza di quanto la mafia potesse condizionare le esistenze di ognuno. Tutta la società civile reagì: la coltivazione della memoria, il dibattito sulla sicurezza, l’educazione alla legalità dei giovani sono stati il percorso che hanno portato oggi a celebrare queste persone che sono diventate la memoria di tutti noi.
Ed oggi celebriamo questa ricorrenza con una serie di appuntamenti che coinvolgeranno, nei luoghi simbolo della Città, i ragazzi, le Forze dell’ordine e tutta la cittadinanza in memoria di quanti sono stati uccisi e come impegno verso quanti chiedono e pretendono una vita libera dalla criminalità.