Un’escalation di vessazioni e di violenza quella rilevata dagli agenti della Squadra Volante ai danni di una donna italiana da parte del suo ex compagno, di una decina di anni più giovane di lei. Lui, nel corso della relazione, durata quattro anni, si è reso autore di numerosi episodi di violenza, fisica e verbale, per i quali è stato condannato per maltrattamenti e violenza già nel 2017, oltre ad avere una serie di precedenti di polizia specifici.
Quel che all’inizio del rapporto sembrava essere un atteggiamento particolarmente premuroso, si è trasformato in atti di forte possessività: la fidanzata non poteva vestirsi in modo femminile, né truccarsi, tanto meno avere qualsiasi tipo di rapporto con persone di sesso maschile. Questo perché ogni espressione di femminilità veniva da lui percepita come un segnale di infedeltà, come un tentativo di sedurre o incontrare altri uomini. Per prevenire i suoi attacchi di gelosia, la vittima era solita indossare solo pantaloni e t-shirt dal taglio maschile.
A lui però dava fastidio anche che lei uscisse per andare a lavorare. In più di una occasione, le ha usato violenza per impedirle di raggiungere il posto di lavoro. L’episodio più significativo tre anni fa, quando la picchia forte al capo causandole una commozione cerebrale, gettandole poi della candeggina in testa dicendole “sei sporca”. Lui finisce in carcere in seguito a tale episodio. Una volta uscito, la donna trova il coraggio di lasciarlo definitivamente e si trasferisce dai genitori. Come spesso accade, però, lui non accetta la fine della relazione ed inizia con i comportamenti molesti e di ritorsione.
Segue, infatti, sistematicamente la donna, al punto da indurne il padre ad accompagnarla in ogni suo spostamento, come una guardia del corpo.
Le telefona 30, anche 40 volte al giorno, da diverse utenze; le ruba le credenziali di accesso agli account social, postando delle loro foto intime; con gli estremi della carta di credito di lei effettua delle ordinazioni on line di cibi per somme ammontanti a svariate centinaia di euro, con corrieri che a tutte le ore suonano a casa della vittima durante il periodo di lockdown per effettuare le consegne.
Quando la ragazza si reca, recentemente, dalla nonna ammalata, per prestarle assistenza notturna, lui in piena notte blocca il pulsante del citofono con degli stuzzicadenti per impedirle di riposare. Evidentemente, la controlla. La vittima, sempre più prostrata da tali atti, acconsente allora a vederlo per un’ultima volta (la cosiddetta “definitiva”) per convincerlo a mettere fine a tali gesti, ma a nulla valgono i suoi tentativi; anzi, lui inizia a minacciare sia lei che il padre, colpevole di proteggerla, di far fare loro una brutta fine. Ad avvalorare i loro timori, alcuni gesti intimidatori commessi nottetempo sotto casa: troveranno infatti le ruote dell’auto bucate e della vernice sul parabrezza dell’auto.
Quel ragazzo, originariamente affettuoso e premuroso, è ormai causa per lei e per i suoi familiari di un perenne stato di ansia, condiziona fortemente le loro abitudini di vita, tanto da costringerla a chiedere un trasferimento per cambiare la sede di lavoro, ad esempio.
Qualche giorno fa l’ultimo episodio: lui una mattina la segue fino in banca, dove lei si sta recando col padre per effettuare una operazione: lo notano fissarli dal dehors di un bar. Lui allora le si avvicina e le chiede di allontanarsi insieme per parlare. All’intervento del padre, che vuole evitare ulteriori contatti, scatta la minaccia di morte; dopodiché si dilegua, immaginando che da lì a poco interverrà la Polizia. I poliziotti della Squadra Volante giungono infatti immediatamente e lo rintracciano poco lontano; durante la perquisizione lo trovano in possesso di un grosso coltello a serramanico.
Il giovane viene arrestato per atti persecutori e denunciato per porto abusivo di armi.