Per aver tardato ad attuare il diritto dell’Unione in materia di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane, l’Italia è condannata a una somma forfettaria di EUR 25 milioni nonché ad una penalità di oltre EUR 30 milioni per ciascun semestre di ritardo.
Con sentenza del 19 luglio 2012 [1], la Corte di giustizia ha statuito che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che 109 agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti, a seconda dei casi, di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle prescrizioni della direttiva 91/271 [2], è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.
Ritenendo, alla scadenza di un termine fissato all’11 febbraio 2016, che l’Italia non avesse ancora preso le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012, la Commissione ha proposto dinanzi alla Corte un secondo ricorso per inadempimento contro tale Stato membro chiedendo l’inflizione di sanzioni pecuniarie.
Nella sua sentenza odierna, la Corte constata che, alla data limite dell’11 febbraio 2016, l’Italia non aveva preso tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 2012 al fine di rispettare gli obblighi che le incombono in forza della direttiva.
La Corte ritiene che l’inadempimento dell’Italia, oltre ad esser durato quasi sei anni, sia particolarmente grave per il fatto che l’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane sono idonee ad arrecare pregiudizio all’ambiente. Essa rileva, in particolare, che il numero di agglomerati per i quali l’Italia non ha fornito, alla data dell’udienza [3], la prova dell’esistenza di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alla direttiva (74 agglomerati) è significativo, sebbene tale numero sia stato ridotto rispetto a quanto constatato nella sentenza del 19 luglio 2012 (all’epoca, 109 agglomerati). Inoltre, la Corte sottolinea che la messa in conformità dei sistemi di raccolta e di trattamento secondario delle acque reflue urbane di alcuni agglomerati con le disposizioni della direttiva avrebbe dovuto essere realizzata al più tardi il 31 dicembre 2000.
Date tali circostanze, la Corte considera appropriato condannare l’Italia a pagare, a favore del bilancio dell’Unione, una penalità di EUR 30 112 500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012, penalità che sarà dovuta a partire da oggi sino all’esecuzione integrale della sentenza del 2012.
Inoltre, tenuto conto della situazione concreta e delle violazioni in precedenza commesse dall’Italia in materia di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane [4], la Corte reputa adeguata la condanna dell’Italia a pagare, a favore del bilancio dell’Unione, una somma forfettaria di EUR 25 milioni al fine di prevenire il futuro ripetersi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione.
[1] Sentenza della Corte del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10).
[2] Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU 1991, L 135, pag. 40), come modificata dal regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008 (GU 2008, L 311, pag. 1).
[3] L’udienza di discussione ha avuto luogo il 28 febbraio 2018.
[4] Sentenze della Corte del 25 aprile 2002, Commissione/Italia (C‑396/00, v. CS 37/02), del 30 novembre 2006, Commissione/Italia (C‑293/05), e del 10 aprile 2014, Commissione/Italia (C‑85/13).