
La Corte aveva già constatato una prima volta l’inadempimento dell’Italia in una sentenza pronunciata nel 2014…
La direttiva concernente il trattamento delle acque reflue 1 mira a proteggere la salute umana e l’ambiente imponendo la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane prima dello scarico nell’ambiente. Nell’aprile 2014 2, la Corte di giustizia ha dichiarato che l’Italia non aveva dato esecuzione a tale direttiva in tutto il suo territorio, nella misura in cui, in 41 agglomerati, le acque reflue urbane non erano correttamente raccolte né trattate.
La Commissione europea, ritenendo che, oltre 20 anni dopo la scadenza dei termini di recepimento previsti dalla direttiva e nove anni dopo la sentenza del 2014, l’Italia non si fosse ancora pienamente conformata con riferimento a cinque agglomerati — Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini, Trappeto (Sicilia) e Courmayeur (Valle d’Aosta) —ha proposto un nuovo ricorso per inadempimento diretto all’imposizione di sanzioni pecuniarie.
Nella sua sentenza, la Corte constata che, in relazione a questi cinque agglomerati, l’Italia non aveva adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 2014 alla data di scadenza del termine impartito nella lettera di costituzione in mora (il 18 maggio 2018), al fine di ottemperare agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva, e che, con riferimento a quattro agglomerati 3, tale inadempimento persisteva ancora alla data dell’udienza dinanzi alla Corte (13 novembre 2024).
La Corte di giustizia condanna quindi l’Italia a pagare una somma forfettaria di 10 milioni e una penalità di EUR 13 687 500 per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2014, a partire da oggi e fino alla completa esecuzione della sentenza del 2014.
Nel fissare l’importo delle sanzioni pecuniarie, la Corte tiene conto della gravità dell’infrazione, della sua durata e della capacità finanziaria dello Stato membro. Essa sottolinea in particolare che l’assenza di trattamento delle acque reflue urbane costituisce un danno all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave. Sebbene il danno ambientale sia diminuito grazie alla riduzione significativa del numero di agglomerati, che sono passati da 41 nel 2014 a 4, un pregiudizio all’ambiente, seppur minore, tuttavia persiste, tanto più grave se si considera che i quattro agglomerati non conformi scaricano le loro acque reflue in aree sensibili.
Inoltre, la mancata esecuzione della sentenza del 2014 perdurava, alla data della valutazione dei fatti da parte della Corte, da circa undici anni, il che costituisce una durata eccessiva, sebbene occorra tener conto del periodo significativo di diversi anni necessario per i lavori infrastrutturali.