Tumori: approvazione farmaci, quando la velocità non è tutto

Secondo i dati ufficiali, i tempi medi di approvazione di un nuovo farmaco in Italia sono inferiori a quelli dell’Unione europea: 418 giorni contro 504. Eppure la realtà dei fatti è diversa, e dipende da quando si inizia a contare il tempo. In un’epoca in cui la ricerca scientifica e tecnologica propone a ritmo sostenuto nuovi farmaci e dispositivi, capaci di migliorare il risultato delle terapie e la qualità della vita dei malati oncologici, non sempre l’accesso a questa innovazione avviene in tempo reale, perché i tempi del Servizio sanitario nazionale non coincidono con la reale disponibilità di un nuovo farmaco.

 

Che fare, dunque, per snellire le procedure necessarie alla valutazione, all’autorizzazione, alla rimborsabilità e alla definizione del prezzo di un medicinale? Intanto coinvolgere tutti gli stakeholder: le procedure italiane oggi non prevedono un coinvolgimento adeguato né delle aziende né dei clinici né tantomeno delle associazioni dei pazienti. Non solo, in Italia manca qualcosa che in Europa risulta invece decisivo sotto questo aspetto: il cosiddetto “dialogo precoce”. L’ente regolatorio dovrebbe considerare aperto il dossier per l’autorizzazione di un principio attivo fin dalla prima richiesta ricevuta da un’azienda, consentendo alla stessa di iniziare a depositare i documenti disponibili, e stabilendo subito e con chiarezza quali sono gli elementi che considera indispensabili. Tutto ciò mantenendo un dialogo costante, in modo da risparmiare tempo prezioso per tutti.

Se ne è parlato nel corso del convegno digitale “Innovazione farmaceutica oncologica”, che si è svolto ieri organizzato da Fortune Italia con il contributo non condizionante di Roche e Pierre Fabre. L’occasione per una riflessione sugli elementi che possono favorire la realizzazione nel nostro Paese di un ‘ecosistema’ favorevole all’innovazione farmaceutica oncologica. 

 

“Gli oncologi medici italiani chiedono uno stretto rapporto di collaborazione con l’ente regolatorio – spiega Saverio Cinieri, oncologo direttore della Unità operativa Complessa di Oncologia medica dell’Ospedale Antonio Perrino di Brindisi e presidente Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) –. In buona sostanza chiedono che vengano sentiti gli esperti e i responsabili della somministrazione dei farmaci, e anche dei rapporti con i pazienti. Una collaborazione forte con l’ente regolatorio è infatti fondamentale per approvare i farmaci i cui risultati clinici siano di indubitabile utilità. A questo scopo sarebbe molto utile sviluppare anche un rapporto più stretto con le organizzazioni dei pazienti”.

 

“Ritengo che vada anzitutto valutato il reale valore innovativo di un farmaco, non soltanto il fatto che sia stato oggetto di un nuovo brevetto – sottolinea Mauro Biffoni, Direttore del dipartimento di Oncologia e Medicina molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità –. È dunque fondamentale capire se e quanto un nuovo medicinale incide davvero sulle cure, qual è il suo reale valore terapeutico. I numeri ufficiali dicono che l’Italia non è poi messa così male, rispetto all’Europa, come tempistica di approvazione dei farmaci innovativi”.

 

Il quadro italiano è in effetti molto interessante e ricco di potenzialità, e la stagione post-emergenziale potrebbe rivelarsi ideale per mettere in campo una serie di iniziative indispensabili per sfruttare al massimo gli effetti delle politiche per l’innovazione promosse e finanziate dal PNRR. Un quadro che prefigura obiettivi certamente impegnativi ma alla portata del Paese, e che potrebbero fare dell’Italia un modello di riferimento al livello europeo ed internazionale.

 

“In un’azienda che ha deciso di fare della ricerca il suo imperativo è fondamentale che venga attuato un approccio sistemico in modo anticipato per fare in modo che questa innovazione sia prodotta e che possa essere a disposizione dei pazienti nel più breve tempo possibile – spiega Amelia Parente, Direttore Malattie Rare, Transformation e Affari Istituzionali di Roche –. L’attuale processo di negoziazione con una media di circa 14 mesi non sempre permette di soddisfare le aspettative dei clinici, dei pazienti e delle aziende. È necessaria un’evoluzione del Sistema Salute in cui si instauri tra tutti gli interlocutori une collaborazione attiva basata sulla fiducia reciproca, si minimizzi l’iter burocratico dei processi di negoziazione e si utilizzino i dati di come fonte di valore sia in ambito pre-marketing che nelle fasi post-marketing, per confermare il valore terapeutico di un farmaco nella pratica clinica – aggiunge da dr.ssa Parente –. I fondi del PNRR che stanno per arrivare potrebbero essere usati per avere un sistema completamente digitalizzato, interoperabile e interrogabile in modo semplice”.

 

“Quando si parla delle sfide che l’accesso ai farmaci oncologici pone, la nostra posizione è che si debba ripartire da una collaborazione più stretta con AIFA attraverso un dialogo il più possibile precoce, certamente precedente al deposito di un dossier per il prezzo e il rimborso – precisa Charles Henry Bodin, General Manager Pierre Fabre Group –. Questo permetterebbe di sciogliere subito nodi interpretativi sui dati, riducendo il numero di audizioni successive agli esiti della Commissione Tecnico-Scientifica, con notevole contrazione dei tempi medi delle procedure e con un evidente vantaggio anche sui tempi del Comitato Prezzi e Rimborsi. Il coinvolgimento degli stakeholder (aziende produttrici, pazienti esperti e clinici di riferimento) dovrebbe essere parte integrante di qualsiasi processo di Health Technology Assessment. Raggiungere una visione condivisa di quale sia il bisogno clinico insoddisfatto, il vantaggio terapeutico clinicamente significativo, i giusti termini di rimborsabilità – conclude Il dr. Bodin – non solo avrebbe un impatto positivo sulle procedure, ma rappresenterebbe il vero obiettivo strategico di un ente regolatore che punti ad un accesso ottimale all’innovazione terapeutica”.

 

“La procedura seguita dall’AIFA è largamente insufficiente per garantire un veloce accesso ai nuovi farmaci – precisa Francesco De Lorenzo, presidente FAVO (Federazione Italiana Associazioni Volontariato in Oncologia) –. Oggi però finalmente possiamo muoverci nella stessa direzione in cui si muove l’Europa, che ha avviato le procedure per la riforma della legislazione farmaceutica di base, con soluzioni per migliorare l’accesso ai farmaci antitumorali e avviato progetti per utilizzare rapidamente le molecole esistenti, iniziando dai tumori con prognosi più negative, e per l’impiego di trattamenti innovativi. Su questo l’Italia è ancora ferma. Nel piano oncologico europeo, cui l’AIFA dovrebbe attenersi, viene considerato il ‘valore’ del farmaco, che deve essere dato attraverso l’Health Technology Assessment. Soprattutto chiediamo che si rispetti anche in Italia il diritto di avere accesso a farmaci approvati dall’EMA che forniscono un valore aggiunto a situazioni di mancanza di farmaci per determinate terapie. Una possibilità prevista da EMA, attraverso forme di autorizzazione temporanea nazionale. In altri paesi come l’ha Francia questa possibilità viene usata. In Italia, invece, in questo momento c’è un diritto negato ai malati”.

 

“Vedo un futuro molto positivo per lo sviluppo della ricerca, sia accademica che industriale – conclude Giorgio Palù, presidente AIFA –. Il PNRR metterà a disposizione delle università fondi che costituiscono una grande opportunità per ulteriori passi avanti nella medicina personalizzata. Grandi programmi di sviluppo industriale in ambito europeo per l’industria farmaceutica coinvolgeranno il nostro Paese. Intanto le grandi aziende italiane stanno già investendo nella ricerca nel campo dell’innovazione tecnologica, in modo da individuare nuovi marcatori predittivi sia di risposta che di prognosi, in singoli individui. Dalla prospettiva dell’AIFA, una delle prime riforme sarà senz’altro quella diretta ad accelerare i tempi di approvazione dei farmaci innovativi. A beneficio dell’intero sistema e naturalmente del paziente”.