Ciò vale, in linea di principio, anche quando egli è coordinatore e capogruppo del progetto su cui verte la controversia…
L’Università di Brema (Germania) è stata designata coordinatrice di un consorzio di ricerca che comprende varie università europee e che effettua ricerche interdisciplinari di diritto comparato nell’ambito del diritto e della politica in materia di alloggi in tutta l’Unione.
Al fine di ottenere un finanziamento dell’Unione per tali ricerche, l’Università di Brema ha presentato all’Agenzia esecutiva europea per la ricerca (REA) una proposta di progetto. A seguito del rigetto di tale proposta, l’università ha presentato un ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.
Il Tribunale ha respinto detto ricorso in quanto manifestamente irricevibile.
Infatti, l’atto introduttivo del ricorso era stato firmato da un professore che non solo insegna all’Università di Brema, ma è altresì designato quale coordinatore del progetto proposto nonché capogruppo di quest’ultimo. Secondo il Tribunale, il requisito di indipendenza dell’avvocato, che sarebbe applicabile ai professori universitari che beneficiano del potere di rappresentare i singoli dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, non era quindi soddisfatto.
Investita di un’impugnazione proposta dall’università, con la sua sentenza odierna la Corte di giustizia annulla l’ordinanza di irricevibilità del Tribunale.
La Corte ricorda che la nozione di «indipendenza» dell’avvocato ha recentemente conosciuto un’evoluzione in materia di rappresentanza dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, essendo ormai la tutela e la difesa degli interessi del cliente il criterio predominante adottato al riguardo[1].
Secondo la Corte, conformemente allo scopo di tale incarico di rappresentanza, i professori universitari devono soddisfare gli stessi criteri di indipendenza applicati agli avvocati.
Tali criteri vengono definiti, in negativo, nel senso di assenza di un rapporto di impiego tra il rappresentante e il suo cliente e, in positivo, mediante un riferimento alla deontologia che implica in particolare l’assenza di legami che pregiudichino manifestamente la capacità dell’avvocato di svolgere il proprio incarico difensivo servendo al meglio gli interessi del cliente, nel rispetto della legge e delle norme professionali.
La Corte constata a tal riguardo che l’esistenza di un rapporto regolato da un contratto di diritto privato o di un rapporto di diritto pubblico tra un professore e l’università che egli rappresenta è insufficiente per ritenere che tale professore si trovi in una situazione che gli impedisce di difendere gli interessi di tale università.
Infatti, a differenza della situazione di un giurista d’impresa, il professore universitario di cui trattasi è legato all’università che egli rappresenta da un rapporto di lavoro di diritto pubblico. Tale status gli conferisce, alle condizioni e secondo le norme del diritto nazionale, un’indipendenza nella sua qualità non soltanto di insegnante e di ricercatore, ma anche di rappresentante di singoli dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione. Inoltre, dato che la rappresentanza in giudizio non fa parte dei compiti che tale professore è chiamato a svolgere in seno all’università in qualità di insegnante o ricercatore, tale rappresentanza non è in alcun modo legata alle sue funzioni universitarie. Essa è, quindi, svolta al di fuori di qualsiasi vincolo di subordinazione con l’università, anche qualora egli sia chiamato a rappresentarla.
Quanto alle funzioni esercitate dal professore di cui trattasi nell’ambito del progetto su cui verte la controversia, la Corte constata che tali funzioni implicavano che il professore avesse interessi comuni con l’Università di Brema. Tuttavia, siffatti interessi non bastano a dimostrare un’incapacità di tale professore di garantire debitamente la rappresentanza affidatagli.
Non essendo, peraltro, stato dedotto alcun elemento che consenta di indicare che detti interessi ostavano alla rappresentanza in giudizio dell’Università di Brema da parte di tale professore, il Tribunale ha erroneamente concluso nel senso dell’irricevibilità del ricorso per il motivo che l’Università di Brema non sarebbe debitamente rappresentata.
La Corte rinvia, pertanto, la causa al Tribunale affinché statuisca sul ricorso proposto dall’Università di Brema.
[1] V., in particolare, sentenza del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C-515/17 P e C 561/17 P (v. altresì comunicato stampa n. 11/20). In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che la sola esistenza di un vincolo contrattuale di diritto civile tra un avvocato e l’università che egli rappresenta non è sufficiente per ritenere che tale avvocato si trovi in una situazione manifestamente lesiva della sua capacità di difendere gli interessi del suo cliente rispettando il requisito di indipendenza.