Il carattere tradizionale di un metodo di cattura di uccelli, come quello della caccia mediante l’impiego di vischio, non è sufficiente, di per sé, a dimostrare che un’altra soluzione soddisfacente non possa sostituirsi a detto metodo…
La association One Voice e la Ligue pour la protection des oiseaux contestano l’impiego di vischio ai fini della cattura di uccelli. Esse hanno impugnato dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) la normativa che autorizza l’impiego di vischio in taluni dipartimenti francesi[1]. A sostegno dei loro ricorsi, le due associazioni hanno fatto valere la violazione delle disposizioni della direttiva «Uccelli»[2], in particolare del suo articolo 9 che fissa i casi e le condizioni in cui le autorità competenti possono derogare segnatamente al divieto della caccia mediante l’impiego di vischio previsto all’articolo 8 e all’allegato IV, lettera a) di tale direttiva.
In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha interpellato la Corte circa l’interpretazione delle suddette disposizioni della direttiva «Uccelli». Nella sua sentenza, la Corte fornisce precisazioni quanto alla possibilità per le autorità competenti di derogare al divieto, previsto all’articolo 8 di tale direttiva, di determinati metodi di cattura di uccelli tutelati nell’ambito di attività venatorie.
Giudizio della Corte
In primo luogo, la Corte dichiara che l’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva «Uccelli» deve essere interpretato nel senso che il carattere tradizionale di un metodo di cattura di uccelli non è sufficiente, di per sé, a dimostrare che un’altra soluzione soddisfacente, ai sensi di tale disposizione, non possa sostituirsi a detto metodo.
Nella sua sentenza, infatti, la Corte ricorda, anzitutto, che, nell’attuazione delle disposizioni derogatorie, gli Stati Membri sono tenuti a garantire che qualsiasi intervento riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata riferentesi ai motivi, alle condizioni e alle prescrizioni di cui all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva «Uccelli». A tal riguardo, essa precisa che una normativa nazionale che si avvale di un regime derogatorio non soddisfa le condizioni relative all’obbligo di motivazione qualora essa contenga la sola indicazione secondo cui non esiste un’altra soluzione soddisfacente, senza che tale indicazione sia suffragata da una motivazione circostanziata, fondata sulle migliori conoscenze scientifiche in materia.
La Corte evidenzia poi che, sebbene i metodi tradizionali di caccia possano costituire un «impiego misurato» autorizzato dalla direttiva «Uccelli», tuttavia, il mantenimento di attività tradizionali non può costituire una deroga autonoma al regime di tutela previsto da tale direttiva.
Infine, la Corte ricorda che, nell’ambito della verifica da parte dell’autorità competente dell’assenza di altre soluzioni soddisfacenti, deve essere effettuata una comparazione delle diverse soluzioni che soddisfano le condizioni del regime derogatorio per determinare quella che risulta più soddisfacente. A tal fine, dal momento che, nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione in determinati settori, l’Unione e gli Stati membri devono, ai sensi dell’articolo 13 TFUE, tener pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali, è alla luce delle opzioni ragionevoli e delle migliori tecniche disponibili che occorre valutare il carattere sufficiente delle soluzioni alternative. Orbene, la Corte rileva che soluzioni del genere sembrano esistere. Essa ha già avuto occasione di dichiarare, infatti, che l’allevamento e la riproduzione in cattività delle specie protette, qualora si rivelino possibili, sono idonei a costituire un’altra soluzione soddisfacente e che il trasporto di uccelli lecitamente catturati o detenuti costituisce parimenti un impiego misurato. A tal riguardo, la circostanza che l’allevamento e la riproduzione in cattività delle specie interessate non siano ancora praticabili su larga scala a causa della normativa nazionale non è di per sé idonea a rimettere in discussione la pertinenza di tali soluzioni.
In secondo luogo, la Corte dichiara che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva «Uccelli» deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che autorizza, in deroga all’articolo 8 di tale direttiva, un metodo di cattura che comporta catture accessorie, qualora queste ultime, pur essendo di volume esiguo e di una durata limitata, siano idonee ad arrecare alle specie non bersaglio catturate danni che non siano trascurabili.
La Corte ricorda, infatti, che gli Stati membri possono derogare al divieto di determinati metodi di caccia a condizione, in particolare, che tali metodi consentano la cattura di determinati uccelli in modo selettivo. A tal proposito, essa precisa che, per valutare la selettività di un metodo, occorre tener conto non soltanto delle modalità di tale metodo e dell’entità delle catture che esso comporta per gli uccelli non bersaglio, ma anche delle sue eventuali conseguenze sulle specie catturate in termini di danni arrecati agli uccelli catturati.
Pertanto, nell’ambito di un metodo di cattura non letale che comporta catture accessorie, il requisito di selettività può essere soddisfatto soltanto qualora queste ultime siano di entità limitata, e cioè riguardino solo un numero molto ridotto di esemplari catturati accidentalmente, per una durata di tempo limitata, e detti esemplari possano essere liberati senza subire danni che non siano trascurabili. Orbene, la Corte constata che è molto verosimile, fatte salve le constatazioni effettuate, da ultimo, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato), che, nonostante la pulizia, gli uccelli catturati subiscano un danno irreparabile, atteso che il vischio, per sua stessa natura, è idoneo a danneggiare il piumaggio di tutti gli uccelli catturati.
[1] Si tratta di cinque decreti del 24 settembre 2018, relativi all’impiego del vischio per la cattura dei tordi e dei merli neri da impiegare come richiamo per le stagioni venatorie in taluni dipartimenti francesi (JORF del 27 settembre 2018, testi nn. da 10 a 13 e 15) nonché del decreto del 17 agosto 1989, vertente sul medesimo oggetto (JORF del 13 settembre 1989, pag. 11560).
[2] Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7).