Gli esperti intervenuti al Congresso dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid) fanno appello all’immunizzazione in gravidanza per garantire la salute della mamma e del bambino. Susanna Esposito (WAidid): “Nessun rischio per i vaccini, informare e sensibilizzare le mamme”…
Influenza e pertosse. In attesa dell’annunciato vaccino contro il COVID-19, sono le altre principali malattie infettive quelle da cui una donna in dolce attesa dovrebbe proteggersi. Ad oggi in Italia accedono alla vaccinazione appena 2 mamme su 100, nonostante nell’ultimo decennio un numero crescente di paesi, Italia compresa, abbia incluso vaccini per donne incinte nei propri programmi di vaccinazione nazionali.
È quanto emerso nel corso del 3° Congresso dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid) (3-5 dicembre 2021) dove esperti immunologi, infettivologi e pediatri di tutto il mondo hanno fatto appello all’immunizzazione in gravidanza, l’unica arma in grado di proteggere il neonato e il lattante fino a 6 mesi di età, quando potrà essere sottoposto alla vaccinazione contro l’influenza e sarà protetto contro la pertosse dalle prime due dosi di vaccino esavalente. In particolare, sono state presentate le raccomandazioni di WAidid, di recente pubblicate sulla prestigiosa rivista Frontiers in Immunology (1), in cui sono state evidenziate anche le priorità per ricerche future e per una migliore accettazione delle vaccinazioni in gravidanza considerando il loro valore etico.
La pertosse è una malattia infettiva con alta morbosità e mortalità nei primi mesi di vita e colpisce in oltre il 60% dei casi proprio bambini di età inferiore all’anno. L’influenza contratta in gravidanza può comportare importanti complicanze materne ma anche fetali e del neonato che, nei casi più gravi, possono persino portare al decesso del bambino. Ogni anno nel mondo l’influenza fa registrare 270.000 ricoveri ospedalieri in neonati e lattanti fino a 6 mesi di età ed è la prima causa di ospedalizzazione nei primissimi mesi di vita.
«L’immunizzazione materna – ha riferito Sussanna Esposito, Professore Ordinario di Pediatria all’Università di Parma e Presidente WAidid – presenta pochissimi rischi e diversi benefici: sia per la donna sia per il bambino. Non c’è quindi alcun motivo per non consigliare la vaccinazione a una donna in gravidanza, considerando che in questo periodo della vita il suo sistema immunitario può essere alterato e, di conseguenza, sono più alte le possibilità di incorrere in malattie come l’influenza e di sviluppare complicanze che in alcuni casi, purtroppo, possono essere anche gravi. Oggi in Italia e in altri paesi del mondo la somministrazione è prevista già a partire dai primi tre mesi di gravidanza, si tratta di sensibilizzare e informare maggiormente le neo-mamme, incoraggiarle a proteggere sé stesse e il bambino, incrementando così il tasso di accesso alla vaccinazione”.
Gravidanza e COVID-19: cosa fare in caso di infezione?
Niente allarmismi. Nel caso che la madre contragga il virus durante la gravidanza, questo non influisce nel suo proseguo. Dagli studi raccolti finora, infatti, non risulta un aumento di complicanze ostetriche in caso di contrazione dell’infezione da SARS-CoV-2. Le manifestazioni cliniche di COVID-19 nelle donne in gravidanza sono simili a quelle di pazienti adulte non gravide di età simile, cioè prevalentemente sintomi riconducibili a febbre, tosse, mialgia, dolori alla gola e malessere. Tuttavia, anche in caso di malattia e contrazione del COVID-19, questo non è un’indicazione per il parto anticipato.
Inoltre, in virtù dell’assenza di prove certe per la trasmissione verticale del virus dalle donne in gravidanza infette ai loro feti, il parto vaginale non è controindicato.
Tuttavia una volta nato, il neonato dovrebbe essere considerato come un caso sospetto di COVID-19. Se il neonato è negativo, tutte le precauzioni per limitare la trasmissione dell’infezione da madre a bambino utilizzate durante il ricovero devono continuare a casa fino alla guarigione della madre, prevedendo continui contatti ambulatoriali di follow-up (per telefono, telemedicina o in ambulatorio) durante i primi 14 giorni di vita, mentre tamponi rinofaringei devono essere ripetuti in serie (cioè a 7, 14 e 28 giorni di vita). Il follow-up può terminare a 28 giorni di vita se il neonato è sano e i tamponi sono negativi.
Per quanto riguarda l’allattamento al seno, considerando i benefici dell’assunzione di latte materno, non è controindicato. È sufficiente osservare le raccomandazioni di un rigoroso comportamento, indossare la mascherina chirurgica, lavare mani e seno prima dell’allattamento e pulendo i biberon e le superfici con cui è venuta a contatto, prima e dopo l’uso. In caso di separazione temporanea a causa delle condizioni della madre, è preferibile incoraggiare il latte materno estratto.
Influenza e vaccino: la strategia per non correre rischi
L’influenza contratta in gravidanza può comportare complicazioni respiratorie con conseguente ricovero in ospedale e, nei casi più gravi, può provocare il decesso delle donne gravide, specialmente durante il secondo e terzo trimestre della gravidanza e il primo mese dopo il parto.
La letteratura e l’esperienza clinica hanno dimostrato la sicurezza, sia per il feto che per la madre, dei vaccini antinfluenzali, che possono essere somministrati in qualsiasi trimestre di gravidanza e permettono di proteggere i neonati e i lattanti nei primi 6 mesi di vita. Diversi studi hanno dimostrato, infatti, che i bambini nati da madri vaccinate hanno livelli di anticorpi che rimangono elevati al di sopra del correlato di protezione per gli adulti fino a 5-6 mesi dalla nascita. Elemento importante dato il fatto che i neonati e i lattanti al di sotto dei 6 mesi sono tra le categorie più a rischio di gravi complicanze respiratorie e neurologiche dovute all’influenza. In questo senso la vaccinazione materna è l’unica modalità di prevenzione.
Pertosse, la minaccia neonatale che è possibile evitare
La pertosse, prima dell’età di 6 mesi, si può manifestare con difficoltà respiratorie talvolta gravi che possono provocare un arresto respiratorio: ancora oggi, nel mondo, 1 neonato su 1.000 muore di pertosse. Il 90% dei decessi dovuti alla pertosse avviene nel primo anno di vita.
È stato dimostrato come il vaccino contro la pertosse non evidenzi alcun aumento del rischio di sviluppo di gravi eventi avversi materni o esiti fetali e neonatali e sebbene possa essere somministrato durante tutto il periodo della gravidanza, per una più efficace protezione del neonato da parte degli anticorpi materni il momento ideale per questo vaccino è la somministrazione tra la 27° e la 36° settimana di gestazione. È stato più volte dimostrato che le più gravi manifestazioni cliniche e i decessi per pertosse si verificano principalmente nei primi due mesi di vita. Purtroppo, i programmi raccomandati di somministrazione del vaccino contro la pertosse non sono efficaci nel proteggere il bambino durante questo periodo ad alto rischio, anche quando viene utilizzato il programma accelerato che inizia a 6 settimane di età. La vaccinazione in gravidanza, dunque, rappresenta l’unico strumento per proteggere il bambino.
Tuttavia la persistenza degli anticorpi dopo una singola dose di vaccino in gravidanza è breve e non garantisce la protezione del bambino durante le gravidanze consecutive. Pertanto, la vaccinazione è attualmente raccomandata in ogni gravidanza.