Quando si deposita la melma le acque diventano chiare e trasparenti. Così possiamo dire della strategia della Ue sui vaccini.
Ricordate? Probabilmente, no.
Ricordate le polemiche sulla inefficiente organizzazione europea sull’acquisto e sulla distribuzione di vaccini che i media scatenarono contro le decisioni della Commissione europea?
Ebbene, tutti i 27 paesi della Unione europea hanno ricevuto le dosi per vaccinare il 70% dei propri cittadini entro luglio. Questo era il compito della Commissione. Si è evitato l’accaparramento da parte dei paesi meglio organizzati. La distribuzione interna e la somministrazione è competenza e compito dei singoli stati. Per dirla, in poche parole, la politica, e quindi la responsabilità sanitaria è nazionale: i ritardi, gli errori, le informazioni distorte fanno tutte capo a ciascun paese.
La casa farmaceutica anglo-svedese Astrazeneca è stata inadempiente e per questo è stata denunciata dalla Commissione e condannata da un tribunale.
L’Italia, grazie anche a una nuova organizzazione logistica, ha somministrato almeno una dose al 59% della popolazione a fronte dl 55% degli Stati Uniti. Oltre ai successi sportivi, il nostro Paese, se ben governato, può raggiungere buoni risultati.
Alla memoria, per gli smemorati, ricordiamo le parole dell’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, all’inizio della epidemia. Siamo prontissimi, disse. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, a settembre scorso pubblicò un libro sulle magnifiche sorti e progressive della politica sanitaria governativa che, per decenza, nel momento della impennata delle infezioni, fu ritirato. E che dire dei politici nostrani (di qua e di là) sostenitori degli improponibili vaccini esteri?
Pro memoria.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc