Impazza sulle cronache la vicenda di alcuni telefonini di ragazzini che contenevano immagini porno. E come nel più tradizionale filone della cultura che usa metodi -a nostro avviso – diseducativi, ecco che sono scattati i provvedimenti: resettati tutti i telefonini dei ragazzini, incontri in classe con psicologi, decantazione dell’utilità in merito di corsi contro il cyberbullismo (chissà perché dovrebbe necessariamente esservi connesso…).
Insomma tutto un armamentario per sviluppare alcuni aspetti in quelli che – i ragazzini – vengono trasformati da blande vittime della società delle comunicazioni globali anche in vittime dei genitori, degli insegnanti e della scuola:
– i sensi di colpa degli stessi ragazzini nei confronti del loro corpo e del sesso, proprio e altrui;
– la ribellione verso genitori e istituzioni;
– la curiosità verso il proibito;
– l’organizzazione per fruire clandestinamente del proibito.
Una domanda sorge spontanea: ma chi si barcamena con tutti questi provvedimenti a reazione, ha mai avuto 12-13 anni (che grossomodo è l’età dei ragazzini coinvolti)? Sembra di no. E se qualcuno pensa che forse anch’egli abbia avuto un’età del genere, probabilmente è tra coloro che pensano che tutto ciò che faceva in merito era sbagliato ed avevano ragione quelli che gli impedivano tutto con con qualcosa tipo “questo non si fa”, lasciando senza riposta lo scontato “perché” che il ragazzino si domanda.
Ma vediamo nei particolari.
Sensi di colpa. A questa età i ragazzini leggono anche, quasi sempre in maniera distratta, i giornali e ascoltano i media e, anche se qualche grande non se ne accorge, i discorsi dei grandi. Le reazioni in merito, dopo l’ambaradan montato in merito, non possono che essere di paura di aver fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare (sempre con la mancata risposta al classico “perchè”) oppure di sfida verso un mondo che gli impedisce di essere grande come lui già si sente. Entrambe le reazioni portano il ragazzino in uno stato di frustrazione individuale, che si esprime con la chiusura e/o con la irrazionale apertura a tutto ciò che – non spiegatogli se non con l’irrazionale “non si fa” – gli può sembrare “out”.
Ribellione. Sia nel caso della chiusura individuale che in quello del guardare con simpatia a quello che abbiamo chiamato “out”, nel ragazzino si sviluppa il senso e la necessità di ribellione verso coloro che sono i responsabili del suo stato: genitori ed istituzioni.
Ribellione che – volenti o nolenti gli educatori di vario genere, privati o pubblici che siano – lo esternalizza da soluzioni condivise: l’esperienza che il ragazzino prende come punto di riferimento non è quella di chi in un modo o nell’altro lo ama (genitori ed istituzioni), ma quella casuale che gli sembra più funzionale alle sue attenzioni di un momento o di un altro; casualità che la società della comunicazione a 360 gradi gli offre a costo zero, anche e per quanti possano essere i provvedimenti censori messi in atto da genitori ed istituzioni.
Curiosità del proibito. Siccome stiamo parlando di istinti e curiosità (sesso e relazioni sessuali) che fanno parte del corpo e della testa anche di ragazzini di questa età, è impossibile (per fortuna) che ci rinuncino. A fronte di attività censorie da parte di genitori e istituzioni (con tanto di forze dell’ordine che talvolta vengono chiamate nelle classi scolastiche, proprio come avviene coi cani antidroga tra i banchi per cercare uno spinello), il proibito assume un certo fascino per curiosità e istinto di realizzazione individuale e sociale.
Il proibito diventa il meglio e ovviamente non lo può trovare in ciò che gli viene consentito.
L’organizzazione per la clandestinità. Il proibito si cerca nella clandestinità che, nel caso del ragazzino, ha due canali rispetto al singolo di noi adulti: quello legale, ma che gli viene ripetuto che scotta (tutto ciò che ha che fare col sesso in forma legale) e quello illegale.
Legale e illegale si mescolano nella fattispecie, spariscono tutti i confini, anche quelli per cui qualcosa gli è stato già detto dai genitori e dalla scuola. Un esempio nel settore spinelli illegali: la ricerca di uno spinello, per “innocente” che possa essere questa trasgressione, comporta il contatto del giovane consumatore con il mercato illegale. E, così come per lo spinello, anche per il sesso c’è commistione, e conseguente accettazione della realtà e fattibilità e necessità e “confusione” di un mercato rispetto ad un altro. L’illegalità diventa accettata e parte della vita.
Tutto questo ovviamente, può essere valido per chi considera questi ragazzini anche come esseri sessuali. Per chi la pensa in modo diverso, forse ha letto inutilmente queste righe, e – nostra opinabile opinione – non si stupisca che prima o poi qualche petardo o bomba in tal senso gli esploderà in casa o a scuola.
Non ce ne vogliamo i vari educatori (e qualche genitore), ma a fronte di chi parla di psicologi a cui i ragazzini dovrebbero essere sottoposti dopo aver visto immagini pornografiche, noi crediamo che se proprio qualcuno volesse fruire della scienza psicologica in termini di analisi individuali, questi dovrebbero essere insegnanti e genitori. E forse – ci si consenta anche un po’ di battuta – alcuni genitori e insegnanti non dovrebbero disdegnare anche sedute psichiatriche.
Che fare quando un ragazzino ha sul suo telefonino un’immagine porno? Due interventi:
– preventivo. Chi compra uno smartphone ad un ragazzino è un genitore. A questi il compito, se lo ritiene opportuno, di far sì che funzionino tutti i sistemi di prevenzione (parental control, vengono chiamati), con la consapevolezza che sono sistemi che funzionano superficialmente e facilmente eludibili. Ma quantomeno, l’installazione di questi sistemi, con la consapevolezza del ragazzino fruitore, sono occasione di dialogo e confronto sui pericoli, non del sesso (questo è il nostro convincimento) ma di chi e di cosa può farti male usando la scusa del sesso.
– repressivo. E’ ovvio che a scuola (a casa propria ognuno fa ciò che crede, e comunque vale quanto abbiamo scritto nel paragrafo precedente “preventivo”) non si può restare indifferenti quando si scopre uno smartphone con immagini pornografiche, ma da qui alla reazione (che noi giudichiamo) scomposta e dannosa a cui stiamo assistendo in questi giorni, ci passa il mare. La scuola non può educare in merito, e tantomeno crediamo debba reprimere, ma solo prendere atto ed impedire l’illegalità.
I corsi di educazione ed informazione sessuale non esistono (a parte qualche coraggioso insegnante che si cimenta con gli esempi delle api), per cui non c’e’ nessuna sponda didattica a cui riferirsi, ma solo il buon senso civico. Oltre che ricordare che a scuola non deve circolare pornografia perché la didattica in uso non prevede “distrazioni” del genere, la cosa migliore è minimizzare e passare ad altro. Per chi, malauguratamente, ci dovesse accusare di menefreghismo e lassismo, rispondiamo che, stante la nostra società (che non si fa modificare da una ramanzina di un adulto), i provvedimenti diversi (peggio se poi plasmati in base ad una qualche ideologia religiosa) portano a reazioni che hanno come risultato il plasmare individui precari, disconnessi e indisponibili, così come abbiamo cercato di spiegare negli esempi sopra riportati.
E’ tutto precario, ce ne rendiamo conto, ma cerchiamo solo di ragionare in un’ottica di riduzione del danno (causato da una società bacchettona, sessuofobica e proibizionista, che al momento siamo solo in grado di capire e far capire). Del resto, è l’umano, grande o piccolo che sia, non precario?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc