La Guardia di Finanza di Perugia ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, emesso, su richiesta di questa Procura, dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo umbro, per un valore di oltre 103 milioni di euro, nei confronti società e persone fisiche – allo stato, sulla scorta accertamenti finora effettuati, sottoposte a indagini – che avrebbero generato e commercializzato, sull’intero territorio nazionale, fittizi crediti di imposta relativi alle spese sostenute per interventi edilizi introdotti dal Governo per mitigare gli effetti economici della pandemia (“bonus facciate”, “recupero patrimonio edilizio”, “bonus locazioni”).
L’operazione trae origine da un’attività di analisi condotta dal locale Comando Provinciale volta ad individuare profili di rischio connessi all’utilizzo distorto delle diverse misure agevolative, previste dalla legislazione emergenziale, sotto forma di crediti di imposta cedibili a terzi – originariamente, senza limitazione alcuna, attraverso una piattaforma informatica predisposta dall’Agenzia delle Entrate – ed utilizzabili in compensazione per l’assolvimento di debiti tributari, mediante modello F24, o monetizzabili presso banche ed altri intermediari finanziari.
In tale ambito, è emersa la posizione di una società operante, nell’hinterland perugino, nel settore commercio di autoveicoli che, da preliminari riscontri, risultava aver “acquistato” e “rivenduto” crediti d’imposta per rilevanti importi, verosimilmente riconducibili a condotte fraudolente e, comunque, non in linea con l’effettiva operatività aziendale, trattandosi di un soggetto completamente sconosciuto al Fisco e privo di capacità economico-finanziaria.
I successivi approfondimenti, effettuati dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, corroborati da mirati sopralluoghi ed interrogazioni delle banche dati presenti nella “dorsale informatica” della Guardia di Finanza, di recente implementata con due ulteriori applicativi che consentono mirate interrogazioni sui crediti d’imposta “agevolativi” e sulle compensazioni, hanno consentito di delineare un puntuale quadro indiziario, fornendo adeguate prove circa l’inesistenza dei crediti d’imposta ceduti, la mancata esecuzione, in tutto o in parte, dei lavori e la fittizietà dei contratti di affitto sottostanti.
Pertanto, le comunicazioni di cessione dei crediti, inserite nella piattaforma informatica, sono state qualificate come “altri documenti per operazioni inesistenti”, la cui emissione configura la condotta illecita di cui all’art. 8 del decreto legislativo n. 74 del 2000.
Il giudice per le indagini preliminari, condividendo l’impianto accusatorio formulato da questa Procura, ha ritenuto sussistenti i presupposti per concedere il sequestro dei crediti evidenziando che gli stessi sono “da considerarsi inesistenti per il volume degli stessi, per il fatto che la società (…) aveva un’attività assolutamente slegata da quella relativa all’edilizia e alla ristrutturazione di immobili” e che “i soggetti coinvolti, cedenti e cessionari, presentano profili di criticità (…) non avendo presentato dichiarazioni dei redditi, o dichiarato redditi esigui, e, laddove proprietari di immobili o porzioni di essi, comunque non svolgono attività tali da generare i volumi di credito di imposta indicati”.
In ordine alla qualificazione giuridica della condotta censurata, il giudice ha rimarcato che nei modelli di comunicazione inviati all’Agenzia delle Entrate, vengono indicati lavori non eseguiti, simulando la presenza di fatture mai emesse, pertanto, “per la facilità con cui i crediti fittizi vengono creati e ceduti, la loro circolazione è assimilabile a quella delle banconote ovvero di titoli di credito falsi; la particolarità è costituita dall’inserimento”, nella piattaforma web, “della transazione relativa alla cessione e, quindi, dalla natura informatica del documento che, comunque, può essere paragonata all’inserimento di una fattura per operazioni inesistenti, posto che l’inserimento nel portale costituisce traduzione informatica della sottostante negoziazione, laddove il credito ceduto è del tutto inesistente”.
Considerato che tali crediti costituiscono, non solo corpo del reato, ma illecito profitto, ed in ragione del loro ingente valore, il G.I.P. ha accolto la richiesta formulata da questa Procura, disponendo il sequestro preventivo di quote societarie, compendi aziendali nonché il blocco sul portale dell’Agenzia delle Entrate e corrispondente riduzione del plafond di crediti compensabili nei rispettivi cassetti fiscali, per un importo complessivo di euro 103.067.709,00.
L’operazione condotta testimonia la costante attenzione dell’Autorità Giudiziaria e della Guardia di Finanza sulla corretta destinazione delle risorse pubbliche messe a disposizione della collettività per mitigare gli effetti negativi della pandemia e favorire la ripresa dell’economia e l’ammodernamento del Paese.