Massimo Beccarello e Ciro Rapacciuolo
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L’aumento dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali, iniziato dagli ultimi mesi del 2020, è ampio e diffuso. Per il petrolio si tratta di un recupero più che pieno, dopo il crollo dovuto alla prima ondata di pandemia (+13% a dicembre 2021 su fine 2019). Per il rame, invece, di un enorme rincaro (+57%), così come per il cotone (+58%). A questi rincari si è sommato lo scorso anno il balzo del costo dei trasporti marittimi, anche questo piuttosto persistente. Di recente, negli ultimi mesi del 2021, si è aggiunta l’impennata del gas naturale in Europa, che oggi è la commodity che mostra di gran lunga il maggior rincaro (+723%).
- L’impennata della quotazione del gas si è rapidamente trasferita sul prezzo dell’energia elettrica in Italia, facendo lievitare i costi energetici delle imprese industriali: 37 miliardi previsti per il 2022, da 8 nel 2019. Un livello insostenibile per le imprese italiane, che minaccia chiusure di molte aziende in assenza di interventi efficaci. Il prezzo dell’elettricità è più alto che in Francia e altri paesi europei, a seguito delle policy che questi hanno messo in campo. Questi rincari significano anche un marcato aumento della bolletta energetica, pagata dall’Italia ai paesi esportatori.
- Sono possibili nell’immediato una serie di azioni, sia congiunturali che strutturali: intervenire sulle componenti fiscali e parafiscali della bolletta elettrica e del gas naturale, aumentando il livello di esenzione per i settori della manifattura, in particolare i comparti energivori a rischio delocalizzazione; aumentare la produzione nazionale di gas naturale e riequilibrare, sul piano geopolitico, la struttura di approvvigionamento del Paese; promuovere una riforma del mercato elettrico, al fine di disaccoppiare la valorizzazione della crescente produzione di energia rinnovabile dal costo di produzione termoelettrica a gas.
- Il forte aumento dei costi per le imprese si è tradotto in una brusca compressione dei margini operativi, data la difficoltà di trasferire ai clienti i rincari delle commodity. La sofferenza dei margini è tendenzialmente maggiore nei settori più a valle, quelli che producono beni di consumo (per esempio, abbigliamento e mezzi di trasporto), che sono più vicini alla domanda finale ancora compressa; ma anche nei settori energivori (cemento e ceramica, metallurgia, legno e carta). L’assorbimento dei rincari nei margini delle imprese, fino al loro annullamento, spiega anche perché l’inflazione in Italia rimane più bassa che altrove.
- L’inflazione sta crescendo ovunque, anche in Italia (+3,9% annuo) dove però è spinta solo dai prezzi dell’energia, restando più bassa di quella dell’Eurozona e degli USA. La misura core, al netto di energia e alimentari, in Italia è molto moderata (+1,4% annuo), mentre nell’Eurozona e soprattutto negli USA è balzata ben oltre la soglia del 2,0% vigilata dalle banche centrali. Lo scenario più probabile resta che la fiammata dell’inflazione in Italia e in Europa sia temporanea, grazie all’attesa flessione delle quotazioni petrolifere, e
- Prezzi core moderati Due fattori continuano a tenere bassa la dinamica dei prezzi al consumo core in Italia (esclusi energia e alimentari): la domanda dei consumatori ancora compressa, sebbene in ripresa; la persistente debolezza dell’attività in alcuni settori, sia nell’industria (es. tessile-abbigliamento) che nei servizi (es. attività turistiche). Gli effetti di second round dell’energia sui prezzi core continueranno ad essere contenuti anche nel 2022.
Le attese sui prezzi in Italia, invece, al momento assecondano il rialzo. Quelle dei consumatori sono tornate positive dai mesi estivi del 2021, salendo poi su valori piuttosto elevati (+24 il saldo delle risposte a novembre, sui 12 mesi). Anche le imprese industriali hanno rivisto al rialzo le attese sui prezzi di vendita, fin da inizio 2021, salendo progressivamente fino a toccare il nuovo picco della serie storica (+46 a novembre, sui prossimi mesi).
Come risultato netto di tutti questi fattori, la dinamica dei prezzi core, che era scesa a zero a settembre 2020, è stata spinta al rialzo nel 2021, ma in misura modesta, anche dalle riaperture e da alcune strozzature di offerta, arrivando al +1,4% annuo a dicembre.
In particolare, la dinamica dei prezzi dei servizi, che era caduta in negativo (-0,1%), ha subito ampie oscillazioni, risalendo infine al +1,7%. Tra i servizi, i maggiori rincari si registrano tra quelli relativi ai trasporti (+3,6%), che risentono (tipicamente dopo alcuni mesi) del rincaro dei carburanti. Gli altri prezzi dei servizi, invece, restano moderati.
I prezzi al consumo dei beni industriali, che nel 2019 avevano un andamento di poco negativo, si stanno mantenendo su una dinamica moderatamente positiva (+0,7% a dicembre). Finora, nei prezzi al consumo dei beni non energetici italiani non si legge un impatto dei rincari delle commodity. Tale dinamica, peraltro, è decisamente inferiore alla variazione dei corrispondenti prezzi alla produzione per i beni di consumo (+3,4% annuo a novembre). Ciò sembra riflettere una forte erosione dei margini delle imprese nella fase della distribuzione al consumo finale.
Prezzi energetici alle stelle La dinamica dei prezzi energetici (+29,1% annuo a dicembre) è responsabile di gran parte dell’aumento dell’inflazione, avendo guidato l’indice generale molto sopra quello core. Nel 2020 si registrava, invece, un calo (fino a -12,7%). I prezzi al consumo dell’energia in Italia (cioè carburanti per i trasporti, gas ed energia elettrica per la casa) seguono, infatti, in media, con un breve ritardo, le oscillazioni della quotazione del petrolio Brent convertita in euro, che quest’anno è risalita oltre i valori pre-crisi: nello scenario CSC, nella media del 2021 si registra un +56% in euro, dopo un -36% l’anno scorso. Nel 2022 il Brent è atteso segnare una parziale flessione e quindi i prezzi energetici in Italia dovrebbero curvare gradualmente al ribasso, verso una dinamica in avvicinamento allo zero, frenando l’indice generale.
I prezzi alimentari si stanno mantenendo su un ritmo di crescita moderato (+2,6% annuo a dicembre), dopo essere caduti in negativo fino a maggio (-0,8%). Dalle materie prime alimentari, infatti, nel 2021 sta venendo una spinta al rincaro. Nel 2022, invece, è attesa una parziale flessione per le commodity del settore. La crescita dei prezzi al consumo alimentari in Italia, quindi, dovrebbe abbassarsi.