Dall’inizio del 2000 fino al 2018 la ricchezza nel nostro Paese (Pil) è cresciuta mediamente dello 0,2 per cento ogni anno. Niente a che vedere con quanto successo nei due ventenni precedenti. Se tra gli anni ’80 e ’90 la crescita è stata del 2 per cento, tra il 1960 e la fine degli anni ‘70 l’aumento del Pil è stato addirittura del 4,8 per cento medio annuo.
Certo, gli anni ’60 e ‘70 sono stati quelli del boom economico, ma anche della prima crisi energetica scoppiata nel 1973 che ha innescato molti effetti negativi che abbiamo pagato negli anni successivi. A dirlo è la CGIA.
“Come sostengono molti esperti, siamo in una fase di stagnazione secolare – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – e le previsioni, purtroppo, non lasciano presagire nulla di buono. L’economia mondiale sta rallentando, manifestando evidenti segnali di incertezza e di sfiducia in tutta l’area dell’euro che, comunque, in questi ultimi 18 anni è cresciuta del 30 per cento; 7 volte in più dell’incremento registrato dall’Italia. Bassa produttività del sistema paese, deficit infrastrutturale, troppe tasse e una burocrazia ottusa ed eccessiva sono le principali cause di questo differenziale con i nostri principali partner economici”.