La Procura della Repubblica di Como, in data odierna, ha diramato un comunicato stampa relativo ad un’operazione effettuata dal dipendente Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Como. Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Como, nell’ambito di una indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Como, ha dato esecuzione a una Ordinanza di applicazione di misure coercitive emessa dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti di 3 indagati:
- due destinatari della misura cautelare in carcere: un dipendente (soggetto nr. 1) di una società cooperativa a mutualità prevalente, già in servizio presso l’infrastruttura ferroviaria di Como- Ponte Chiasso e un pensionato (soggetto nr. 2) – entrambi con precedenti per reati contro il patrimonio;
- altro pensionato (soggetto nr. 3) – destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari.
I tre sono accusati (non in concorso tra loro) di usura ai danni di XXXXXX, avendogli prestato, in un arco temporale di almeno quattro anni, somme di denaro e pretendendo tassi di interesse annui oscillanti tra 80% e 600%, approfittando delle difficoltà del XXXXXX nel periodo in cui questi era fortemente indebitato nei confronti dell’erario e stava affrontando lo stato di decozione in cui versavano le imprese a lui riconducibili, dai cui conti correnti sono stati in buona parte prelevati i capitali utilizzati per ripianare i debiti usurari o emessi gli assegni consegnati in garanzia ai tre indagati a fronte degli importi prestati.
Infatti, nel periodo compreso tra il 2015 e il 2019, il (soggetto nr. 3) concedeva a XXXXXX prestiti per un importo complessivo di 400.000 euro ottenendo la restituzione di 600.000 euro, comprensivi di interessi sino al 50% su base mensile (equivalenti al tasso annuale del 600%) corrisposti anche tramite emissione di assegni tratti sui conti correnti delle società gestite dal XXXXXX. A fronte di prestiti periodici di 10.000 euro, l’indagato richiedeva la restituzione di 15.000 euro dopo un mese. A fronte di tali prestiti, costringeva altresì XXXXXX (rendendosi quindi responsabile anche dei reati di estorsione ed agevolazione della permanenza illegale in Italia di una cittadina extracomunitaria):
- ad assumere, fittiziamente, presso la società A (da luglio 2016 a dicembre 2018) e la società B, una cittadina nigeriana (al fine di permetterle di ottenere il permesso di soggiorno in Italia) e
- a corrisponderle, sotto forma di retribuzione – senza che questa svolgesse alcuna attività (al fine di occultare la natura usuraria degli obblighi imposti al XXXXXX) – un importo non inferiore a 58.238,50 euro, versati su conti correnti intestati alla donna, ma sui quali risultava delegato ad operare il soggetto nr. 3.
Il soggetto nr. 1 è accusato di avere prestato a XXXXXX, nel periodo compreso tra il 2016 e il 2019, una somma complessiva di 300.000 euro ottenendo la restituzione di 500.000 euro, comprensiva di interessi sino al 20% su base mensile (equivalente al tasso annuale del 240%), con le seguenti modalità: a fronte di prestiti di 5.000 euro richiedeva la restituzione di 7.000 euro dopo due mesi.
Soggetto nr. 2 è accusato di avere prestato a XXXXXX, tra il 2016 e il 2018, un importo complessivo di 150.000 euro ottenendo la restituzione di 230.000 euro, comprensivi di interessi pari al 6,67% su base mensile (pari al tasso annuale dell’80%). “Le prestazioni usurarie imposte a XXXXXX venivano perfezionate attraverso il rilascio di assegni post datati in garanzia, impegni personali rilasciati da parte di un terzo soggetto e pagamenti in contanti”.
Soggetto 2 è altresì accusato di una serie di episodi di usura caratterizzati dall’applicazione di tassi di interesse annui individuati del 13,7%, del 20% e del 23% ai danni di altri tre debitori (tra questi la titolare della gestione di una casa vacanze). In due casi, i prestiti sono stati garantiti dai debitori rispettivamente:
- con la concessione di un’ipoteca volontaria su di un immobile a Nesso per un valore di 60.000 euro, con l’impegno alla restituzione in 120 rate da 500 euro ciascuna a fronte di un prestito di circa 26.000 euro,
- con la concessione di un’ipoteca volontaria di 100.000 euro – a fronte di un prestito di pari importo – iscritta su di un’abitazione di Como successivamente trasferita dall’usurato in favore di una delle figlie del soggetto 2 in data 16.04.2012 in base ad una vendita simulata per un corrispettivo di 173.000 euro (mai versato in quanto l’assegno bancario emesso dall’acquirente è risultato non negoziato ed annullato per distruzione).
Nel terzo caso, a fronte di un prestito di 60.000 euro, il soggetto nr. 2 otteneva dal debitore il trasferimento in favore di una delle proprie figlie del diritto di proprietà di un immobile a Capiago Intimiano del valore di 152.900, simulando il pagamento della differenza, pari a 92.900 euro, con l’emissione di un assegno bancario mai incassato. Stipulava, altresì, con il debitore, un accordo di riacquisto dell’immobile, nel termine di 5 anni, mediante versamento di 60 rate mensili da 400 euro ciascuna e di una rata finale di 128.600 euro.
Soggetto nr. 1 è altresì accusato di usura ai danni dell’amministratore unico della società nr. 3. e del compagno di questa per avere preteso, a fronte di un prestito di 80.000 euro, interessi pari a oltre il 19% annuo ed in particolare:
- l’indagato si faceva trasferire dai debitori, titolari di un bar, il diritto di proprietà di un immobile ad Argegno, per un corrispettivo di 153.000 euro, concordando con i predetti il successivo riacquisto per il corrispettivo di 265.000 euro;
- il medesimo immobile era contestualmente concesso in locazione a soggetti giuridici riconducibili ai venditori per un canone mensile di 1.200 euro versato per 65 mensilità;
- in data 10.06.2016, la società nr. 3. riacquistava il predetto immobile per un corrispettivo di 265.000 euro.
Si è accertato che altre situazioni debitorie sono state ripianate con la cessione di immobili siti in varie località (Inverigo, Alzate Brianza, Cadorago) ma per queste non si è raggiunta la prova della applicazione di tassi usurari.
A fronte dei plurimi episodi di usura contestati e di ulteriori prestiti accertati (per i quali non si è raggiunta la prova della sussistenza di interessi usurari), soggetto nr. 2 e soggetto nr. 1 sono accusati, ai sensi dell’art. 132 del T.U. bancario, di avere abusivamente esercitato, a partire dal 2012, una attività finanziaria.
L’indagine ha avuto inizio a seguito dell’arresto, nell’ottobre 2019, di XXXXXX per reati di bancarotta. Questi, oltre a rendere confessione, riferiva, tra l’altro, di essere stato vittima di usura, tra il 2014 ed il 2019, ad opera dei tre indagati, tutti presentatigli dal compagno di una delle vittime di usura del soggetto nr. 2.
Le dichiarazioni del XXXXXX risultano riscontrate dall’attività di intercettazione ed appostamento da parte della Guardia di Finanza, che ha permesso:
- di individuare gli episodi di usura ed abusivo esercizio dell’attività finanziaria contestati a carico degli arrestati,
- di verificare i luoghi in cui l’attività usuraria è stata esercitata (quanto al soggetto nr. 2 presso un immobile in via Volta a Como, gestito dalla moglie dell’indagato, adibito a “commercio mobili antichi”),
- di accertare che l’attività di usura è proseguita anche nel periodo di piena emergenza da COVID 19.
Per il solo XXXXXX, i prestiti ammontano a 1.000.000 di euro. L’impegno alla restituzione ha riguardato 1.600.000 euro. Almeno 10 sono le persone, oltre a XXXXXX, che sono state indotte a rivolgersi agli indagati per ottenere prestiti (e grazie alle rispettive dichiarazioni rese da alcuni di queste si è ricostruito il complesso contesto criminale in cui questi hanno operato). Per soggetto nr. 1, il profitto dell’attività usuraria accertato è pari a 390.000 euro, per soggetto nr. 3 è pari a 200.000 euro, per soggetto nr. 2 è pari a 258.000 euro circa. A parte le dichiarazioni rese da XXXXXX (che, come già detto, ha deciso di rivelare il sistema di strozzinaggio di cui era vittima dopo essere stato arrestato per reati di bancarotta), il sistema usurario e di illecita attività finanziaria è stato ricostruito grazie alle meticolose indagini svolte dalla Guardia di Finanza.
Latitano anche in questa circostanza, le denunce delle vittime che – solo perché convocate quali persone informate sui fatti – si sono presentate dinanzi al P.M. ed alla Guardia di Finanza ma hanno reso dichiarazioni (spesso riduttive) in ordine ai rapporti economici intrattenuti con gli indagati e quanto alle effettive responsabilità penali di questi, così come emerse a seguito delle intercettazioni e della documentazione acquisita. Il compagno di una delle vittime, lo stesso che ha presentato XXXXXX ai tre indagati, si è prestato, per conto del soggetto nr. 1, a ritirare somme che il XXXXXX doveva restituire ed ha persino avvertito soggetto nr. 2 delle indagini a suo carico.