Il “PESCATORE FEST” si chiude ad Isola delle Femmine tra il dirompente messaggio che l’antico mestiere della pesca non può estinguersi e la curiosità che diventa indagine nell’estrapolare il linguaggio di chi frequenta il mare per vivere. In più, avvicinarsi a questa categoria per comprendere meglio noi stessi e la storia regala emozioni.
Questo ci trasmette il “Pescatore FEST”, organizzato dall’Amministrazione Comunale di Isola con l’appoggio dell’Assessorato regionale alle Attività Produttive, dopo la giornata di ieri scandita tra le “Lancitedde” di ritorno dalla battuta di pesca, la partenza ufficiale del Mercato del Pescato in una nuova struttura e il lancio di due libri originali: “Nomi, cose, città (e contrade)” e “Il mio primo Abbecedario Siciliano”.
A imbastire con fantasia la scena insieme alle esperienze, ai ricercatori e ai talenti dell’Università degli Studi di Palermo è stato il Media Partner “IoComproSiciliano”, con la capacità di intercettare risorse umane (non solo del mondo impresa) che amano il territorio e si spendono per questo.
Isola delle Femmine (Palermo) – La semplicità della “Lancitedda” – caratteristica imbarcazione di Isola delle Femmine, che approda in porto dopo la sua battuta di pesca notturna, custodisce l’essenza del borgo marinaro che vuole essere riferimento anche per gli antichi mestieri. Se a questo si combina un gruppo di talenti e conoscitori del territorio che remano verso lo spirito di Identità e di Comunità, “il gioco è quasi surreale ma è fatto”. Il “PESCATORE FEST”, che si è chiuso a Isola delle Femmine (PA), ha messo in piedi una bella atmosfera, animata da persone appassionate, oltre che esperte del territorio marinaro e siciliano per estensione. Tutelare l’esercizio della pesca professionale in una piccola e affascinante cittadina turistica è l’input in questo specifico evento per ascoltare ed indagare sui linguaggi della stessa località e di altre zone della Sicilia, grazie all’Università degli Studi di Palermo. Tre sinergie si uniscono per fare brillare quest’area: Assessorato regionale alle Attività Produttive, Management municipale di Isola e il Media Partner “IoComproSiciliano”, nato dall’associazione culturale “Cialoma”, in periodo di Covid – 19, per scacciare i malumori delle aziende. Così, con l’immagine di altri tempi di queste “Lancitedde” che alle prime luci del mattino transitano lungo il molo di Isola delle Femmine, si sente spegnersi il brusio delle barchette e si respira l’ufficialità dell’avvio di “Mercato e Marinerie del pescato” in una nuova struttura del Comune che è stata riqualificata dopo una decina d’anni e non era mai partita fino a ieri. Qui, è proprio il Sindaco di Isola Orazio Nevoloso ad indicare che il ripristino di quest’area renderà il commercio più disciplinato e più idoneo, in questo sito di vasta attrattiva che è stato iscritto di recente nel “Registro dei Borghi Marinari”.
La parte del “Pescatore FEST” rivolta al Workshop su “La lingua del mare e le sue marinerie” si è tenuta alla Biblioteca Comunale facendo immergere gli intervenuti nei testi “Nomi, cose, città (e contrade)”, curato dalla docente ordinaria di Linguistica Italiana dell’Università di Palermo Marina Castiglione e dei dottorandi Marco Fragale e Pier Luigi Josè Mannella e “Il mio primo Abbecedario Siciliano” del professionista di illustrazioni digitali e videomaker Roberto Villino. A coordinare questa tavola rotonda è stato l’editore del sito giornalistico web “Sicily.eu” Giovanni Callea.
Il libro “Nomi, cose, città (e contrade)” viaggia e fa viaggiare attraverso la Trinacria con l’ausilio delle ricerche onomastiche (studio dei nomi) e di tre sezioni, che sono state portate avanti da trenta studenti di Italianistica dell’Università degli Studi di Palermo – Younipa di due corsi di laurea 2019 – 2021. Appartiene alla collana “Ais per la scuola e il territorio”, è progettato ed edito dal Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani. La professoressa Castiglione, in compagnia dei due dottorandi, si è impegnata a convogliare i saggi, fino a pubblicare quest’anno il tomo.
Il primo ad intervenire il Presidente del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani Giovanni Ruffino, che si è ritrovato “in un posto mitico di cui Palermo e Università parlano sempre”. “Sono stato in visita poche volte ad Isola delle Femmine – ha confessato -. Agli studenti si fa lezione e si pronuncia il topos ‘Isola delle Femmine’. Sono qui con molto interesse e un pizzico di commozione anche per una delle promettenti presenze della linguistica siciliana. Essere presente nel vivo delle comunità è ciò che noi facciamo sempre”.
Poi, il vertice dell’Ente Comunale Nevoloso: “Isola delle Femmine è una delle ultime testimonianze di lavoratori che creano un insediamento, un nucleo di gente che dalle coste di Capaci si è spostato per fare nascere la comunità. Non si deve disperdere la comunità marinara. Sul carattere identitario ci crediamo tant’è vero che siamo tra i primi paesi a rientrare nel Registro dei Borghi Marinari”. Il Sindaco, figlio di pescatore, sa bene cosa significhi apprezzare le origini. “Sapersi riconoscere tra i compaesani – avverte – e le barche di Isola tra forme ed ombre è un onore. La possibilità di parlare di Isola nelle tradizioni con la forza lavoro deve essere un vanto anche se questa forza si è dovuta evolvere. La nostra marineria si sta dissolvendo. Con un precedente finanziamento dell’Assessorato all’Agricoltura, abbiamo giocato di sponda parlando del Cocktail ‘Isola’ che si abbina al pesce. Vogliamo rimarcare l’idea del borgo marinaro. Lavorare sul brand ‘Isola’ per un grande bacino che possa elevare l’economia del luogo”.
Il rapporto con il mare viene mediato dal pesce e l’abitudine di consumo dei giovani fa parte di questo collegamento. Il Referente Tavolo Regionale Dieta Mediterranea Giuseppe Disclafani ha sintetizzato: “La Dieta Mediterranea è un bene immateriale dell’Umanità, riconosciuto dall’Unesco nel 2010. Noi dobbiamo collaborare per la trasmissione dei saperi. L’Istituto Superiore della Sanità ci rivela che la Sicilia è quarta come percentuale incidenza per il sovrappeso dei bambini e quarta per il consumo più basso della frutta. Questi ragazzi consumano poco cibo della propria terra. L’Italia è ancora seconda per il consumo di pasti a casa quindi vuol dire che i ragazzi mangiano male in questo contesto”. E poi una gigantesca verità: “La Dieta Mediterranea alla base non ha il cibo ma la convivialità. Il metodo sarebbe tramandare le ricette mentre si sta a tavola. Bisogna coinvolgere i bambini nella preparazione dei piatti. Il senso della comunità passa dal recupero delle tradizioni e degli alimenti della memoria”.
Intenso l’approccio dell’accademica Castiglione: “Noi conosciamo il mondo se lo sappiamo tradurre linguisticamente: ci vuole un perimetro perché l’esistenza in vita sia evidente per tutti. Dobbiamo nominare per dare una definitezza. Non dobbiamo perdere l’idea di pensare il mondo. Importanti due aspetti: uno che incide nel cognitivo e poi nel culturale. Io ho la possibilità di discretizzare il mondo. Si può rintracciare qualunque spazio, qualunque sapere come il ‘cunto’ (ciò che viene trasmesso attraverso il racconto). Il pregiudizio verso il dialetto e stato presente tra i nostri genitori e a scuola. La paura non può venire dalle lingue semmai come si usa”. Castiglione ha sostenuto che si può essere maleducati con una lingua standard e poetici con il dialetto. Sciascia e Pirandello erano dialettofoni. “Non possiamo entrare nell’ideologia linguistica delle famiglie – ha continuato – ma non bisogna vergognarsi del nostro dialetto. Nella nostra ricerca linguistica, c’è il settore alimentare, degli antichi mestieri e del mare. Abbiamo lavorato sull’Agroalimentare dei ragazzi, scoprendo che uno dei piatti capisaldi della nostra tradizione – il mollame ovvero le interiora sono totalmente estranei a loro”.
Una delle dottorande di Studi Umanistici di UniPA che hanno contribuito al libro, Ivana Vermiglio, ha realizzato lo studio sui toponimi delle Marinerie quali Isola delle Femmine, Sferracavallo e Mondello. Lei è vissuta con l’aria del mare e della pesca in famiglia, con il padre pescatore Giovanni e resta legata allo scoglio che magari si scorge dalla sua abitazione. “Due comunità vicine possono chiamare un oggetto, un luogo, una persona in maniera diversa. Avendo una famiglia dove papà è pescatore, recuperare le radici è una missione che mi sono imposta. Io nel libro ho scelto i luoghi a me cari per cartografare e georefenziare nomi dati sullo specchio del mare. Attraverso le chiacchiere con i residenti ho scoperto una triangolazione per dare il nome in base alla morfologia del fondale marino o della costa o elemento antropico come le linee di una casa. Mio padre mi riferiva che su questo litorale c’è ‘a’ stampa’, una sorta di macchia di vegetazione oppure ‘U’ variu cu l’ussia’. Un patrimonio che nessuno ha raccolto”. Ci vuole una cultura insulare che navighi verso altre Isole e Ivana andrà a studiare i toponimi delle Eolie, Egadi, Pelagie, Pantelleria e infine Malta solo per un confronto.
L’altro dottorando Marco Fragale si è occupato dei soprannomi funzionali e poi quelli ludici (simbolici e triviali per esempio), andando a rivisitare altre zone. “Il passo avanti è il movente motivazionale – ha spiegato – confrontarsi con gli etnotesti. Da qui, si possono conoscere i cognomi Pisciara, Sardara, sancisucara (chi utilizzava le sanguisughe come rimedio curativo), per arrivare ai soprannomi metaforici di stile pirandelliano che suscitano pietà”.
La dottoranda Giulia Tumminello ha lavorato nel suo paese ovvero Altofonte, un tempo denominato Parco perché era il parco di Ruggero II, detto il Normanno. “Io conservo ancora le voci degli informatori che non ci sono più – ha raccontato -. Mi sono fatta coinvolgere dai nomi di mestieri che non ci sono più. ‘U scaipparo’ non era Pino ma solo la sua attività. C’è una pecca generalizzata cioè non vivere il paese e raccogliere testimonianze e allo stesso tempo si tende a sminuire l’importanza dei saperi. Restituire il sapere e la cultura. Recuperare la struttura del sapere, non solo il particolare”.
L’illustratore Villino ha una passione come gli altri ed è partito dall’inizio, dalle prime parole. Anche a lui è capitato di essere rimproverato da piccolo per non aver detto una parola in dialetto. Dunque, l’Abbecedario che si trovava a casa delle sue nipoti è lo stimolo per affrontare nuove avventure. “Il dialetto che io conosco si parlava solo con gli amici – ha chiarito – per ridere e sorridere. Il siciliano va pubblicizzato come colonna stabile della lingua italiana. Mi permetto una riflessione generale: se nel mondo ci sono le ingiustizie e le cattiverie, spesso succede perché non c’è coscienza di quello che portiamo dentro di noi. Se instauriamo questo discorso nei piccoli, faremo comprendere come si può amare la terra con le sue bellezze stuzzicando la loro curiosità. Il mio Abbecedario va letto assieme ai genitori, ai nonni e agli insegnanti“. La sua opera già circola come self publishing ma l’autore utilizzerà il canale del dibattito anche in libreria. A sorpresa la notizia che un altro abbecedario uscirà, a cura della docente Castiglione, con l’edizione del Museo Pasqualino. Il fondatore di “IoCmproSiciliano” Davide Morici ha sottolineato: “Grande voglia di appartenenza, scambio e confronto, connessione tra pubblico e privato. Tutto nasce per poter crescere. IoComproSiciliano rende tutto più pratico. Ben venga la Sicilia e promuoviamola. Cavalchiamo il Made in Sicily”.
A chiusura di questi “acrobatici” racconti, Sandro Messina – scrittore, sceneggiatore e attore per passione, rigorosamente in dialetto siciliano (più del palermitano) che colorisce il quadro con il timbro del mattatore. “La lingua siciliana mi fa provare sempre qualcosa di bello. In scrittura e in scena porto uomini che discutono con i pesci, la luna che dialoga con il sole”. I principi di Identità e Comunità sono radicati nel nostro background culturale e formativo che va esplorato attraverso famiglia, ambiente e lavoro. Per combattere “l’arretramento dell’Umanità”, dalla definizione di Castiglione, per allontanarsi dalla troppa finzione, ogni tanto bisognerebbe passare da un’isola ferma nel tempo antico, come può essere “Isola delle Femmine”.