Domenica 27 novembre, ore 11, Teatro Manzoni a Milano, nel quarto appuntamento di “Aperitivo in Concerto 2016-7”, l’approccio improvvisativo si fa particolarmente sofisticato con Alexander Hawkins, nella sua unica data italiana. In una rassegna dedicata interamente all’improvvisazione non può mancare il pianista, organista, compositore e bandleader inglese, capace come pochi di muoversi con uguale efficacia nel complesso mondo delle avanguardie così come in quello della tradizione.
Del pianista inglese Alexander Hawkins, improvvisatore autodidatta, come lui stesso si definisce, da tempo non si fa che dire tutto il bene possibile. Hawkins, che molti conoscono per le sue proficue collaborazioni con protagonisti della scena musicale improvvisativa britannica quali il batterista Louis Moholo-Moholo e il sassofonista Evan Parker, è artista dalla spiccata originalità. Brillante pensatore musicale, questo pianista di Oxford sa rendere affascinante e persino accessibile una serie di complesse realizzazioni musicali, che s’arricchiscono non solo del suo virtuosismo, ma di un senso poetico che non rinuncia all’indagine, allo scandaglio gettato nel mare di nuove sonorità.
Hawkins, che tende quasi spasmodicamente a “riconciliare” il suo amore per la libera improvvisazione e la passione per la composizione, si presenta per la prima volta a Milano a capo di un brillante sestetto che comprende musicisti di eccezionale levatura come il sassofonista Jason Yarde e il contrabbassista Neil Charles, già collaboratore del celebre batterista Jack DeJohnette.
In questo quadro può essere interessante ricordare che per lungo tempo si è parlato della Swinging London ma pochissimo si è parlato e ancora si parla del jazz e della musica improvvisata inglese. Eppure, già fra il 1926 e il 1927 nascono proprio in Inghilterra pubblicazioni dedicate al jazz come Rhythm e Melody Maker, nel 1927 R. W. S. Mendl scrive un testo come The Appeal of Jazz e nel 1934 Stanley Nelson dà alle stampe un volume come All About Jazz.
Così come oggi non molti conoscono le origini e lo sviluppo della musica improvvisata africano-americana, che si tratti di Freddie Keppard, Jelly Roll Morton o Fletcher Henderson, altrettanto pochi conoscono la storia del jazz britannico o ricordano, ad esempio, che Louis Armstrong si esibì spesso in Gran Bretagna negli anni Trenta, così come Coleman Hawkins, Duke Ellington o Benny Carter che, addirittura, nel 1936 vi trascorse un lungo periodo. Proprio in quegli anni emergono talenti come quelli del band leader Fred Elizalde, del trombettista Nat Gonella, del contrabbassista Patrick Cairns ‘Spike’ Hughes.