Si terrà Venerdì 21 aprile, a partire dalle 19.30, nel rinomato ed esclusivo spazio espositivo “MCasa” di via Cagliari 275 a Oristano, la tredicesima mostra d’arte intitolata “distanze”. Nel terzo evento di quest’anno, Maria Jole Serreli presenta le sue Opere. La mostra è curata da MArte sotto la direzione artistica di Flaminia Fanari; interverranno l’artista Maria Jole Serreli, Giovanni Corbia patron di Sartegna Contemporanea, che collabora al progetto, con presentazione del direttore della Fondazione Alghero M.E.T.A. Paolo Sirena e la partecipazione di Maria Sciola. Nell’ottica dell’innovazione e ricerca prodotto, Luca Meloni illustrerà “Spaziocontinuo” le resine di Litokol.
Testo Critico a cura di Flaminia Fanari
Maria Jole Serreli è l’artista invitata da MArte a esporre nel mese di Aprile.
La mostra, raccolta nell’intimità del tempo e degli spazi familiari, segue in parte il consueto tracciato espositivo ovvero la ricostituzione delle Stanze identitarie, Animas, confortevoli nidi di pace, da cui ripartire nei momenti di crescita artistico-progettuale e umana. Di stanza in stanza Jole si riappropria dei ricordi domestici, de sa domu, per ricucire, attraverso la loro, la propria anima smarrita: è la perdita che la spinge a “cercare” e nel recupero del passato trova i presupposti per ristabilire l’equilibrio tra l’io e il mondo esterno. Nell’esposizione di MArte, le Stanze si aprono in uno spazio comune e il dialogo tra le opere colma le distanze, liberando i sentimenti contrastanti delle Statue d’animo, che sfilano nel silenzio infranto dall’urlo della piccola mosca bianca.
I ricordi rivestono le forme concrete degli oggetti di proprietà, che Jole lega a sé, per sempre: non sono objets trouvés, perché il loro incontro non avviene in maniera casuale, ma neanche ready-made, in quanto, nonostante l’autenticità del puro valore simbolico, le animas conservano il riferimento al contesto funzionale d’origine. Poter cogliere l’anima, il respiro vitale, di chi ha infuso vita a quegli oggetti dà a Jole la possibilità di tramandare quella stessa anima ai posteri, innanzitutto al figlio.
Lei, donna e madre, sensibile alla tematica femminile nel suo aspetto procreativo, studia le leggi naturali che regolano la ciclicità della vita, scomposta nelle fasi fondamentali. L’attenzione viene catturata soprattutto dalla seconda fase, la crescita; tutte le implicazioni dei termini allevare, alleviare, lievitare, nel senso di “alzare”, “crescere”, “rendere leggero” e “gonfiare”, come effetto dell’amore materno, si avvertono nelle simbologie del pane e del baco da seta, amorevolmente covato nel cassetto sotto il materasso, e acquistano valore nell’impostazione dinamica delle installazioni.
Già dai primi anni di studio, andando oltre le correnti del fare di Maria Lai e dell’arte cinetica di Gianni Colombo, Jole è arrivata a ricongiungersi con lo spirito originario dell’arte tessile, incoraggiata dagli insegnamenti del suo unico Maestro, Pinuccio Sciola. Da diversi anni a questa parte, la fiber art è il mezzo espressivo scelto per costruire i suoi legami, in modo diretto attraverso i fili, apicali di finissimi pensieri riflessivi, oppure recuperando gli intrecci di sedie, carte da lettera e tessuti: nelle diverse contestualizzazioni geografiche, grazie ad interventi site specific, i filati di seta o cotone, di lino o spago fanno emergere l’anima del genius loci, legando le distanze, spaziali e temporali.
Molto spesso vengono utilizzate stoffe antiche appartenute e usate dai nonni, come nelle installazioni inedite del progetto Cuore nero_ il peso del sonno, in cui le lenzuola rivelano la natura complessa dei legami affettivi, che portano con sé il dolore del passato, le incomprensioni e le preoccupazioni che sgualciscono le lenzuola, la nostra pelle notturna, impedendo sonni tranquilli. Dormire rappresenta, però, la pausa necessaria che ferma il tempo prima dell’assimilazione conscia dei ricordi più brucianti, per questo Jole non esita a fermare le lancette dell’orologio e comprimere le lenzuola sotto il peso simbolico dell’ossidiana: la continuità dei legami viene preservata ma vengono filtrate le sofferenze, il cuore nero neutralizzato nell’ossidiana, incarnazione protettiva del territorio natìo che riposa da secoli all’ombra del Monte Arci.
Biografia di Maria Jole Serreli
Pittrice, scultrice e performer, nasce a Roma nel 1975 da genitori sardi, vive in Sardegna. Il suo agire artistico comprende la poesia e si sviluppa, spesso, nella forma dell’installazione. Autodidatta, la prima mostra personale è ad Arborea (OR) nel 1999. Si qualifica ceramista nel 2004 presso l’Istituto C.R.F.P. di Oristano. Sin dagli esordi sperimenta i più diversi materiali, dal basalto alla juta, all’argilla; Francesco Ciusa e Maria Lai sono i modelli ai quali si ispira offrendo spesso omaggio che si fa percorso di ricerca verso la scoperta di una strada personale. È nella pratica della materia la sua cifra originaria, che la fa apprezzare nel suo territorio e le permette di andare oltre: grazie all’installazione Statue d’animo, tributo alla donna sarda, nel 2009 è invitata, fuori concorso, al XII Simposio Internazionale di Scultura su Pietre del Friuli Venezia Giulia a Vergnacco (UD), e partecipa al XIX Simposio Internazionale di Scultura su Pietra Trachite di Fordongianus (OR). Nel 2010 vince la Borsa di Studio “Workshow, laboratori creativi in rete”, residenza artistica a San Sperate (CA), presso la Scuola internazionale di scultura di Pinuccio Sciola. L’incontro con il padre delle “Pietre Sonore” è stato fondamentale; Jole Serreli lo considera il suo Maestro. Tante le partecipazioni a importanti collettive, come nel 2011 “Trash-art”, all’Università di Pisa, il “Premio Adrenalina-La Nuova Era tra Simbolismo e Tecnologia”, nel 2012, e il “Premio Adrenalina 2014, Il mio Paradiso”, entrambe al Macro Testaccio di Roma; nel mezzo “Odds and Sods”, nel 2013, presso la prestigiosa ArtMooreHouse di Londra, nonché diverse partecipazioni alla rassegna artistica internazionale sui diritti umani “HUMAN RIGHTS?”. E poi “Pani e Madri, la forza generatrice dell’arte”, a cura di Simona Campus, nel 2015 a Cagliari, presso l’EXMA. La necessità, da sempre sentita, del contatto con la materia, si concretizza, oggi, nel filo unito all’espressione della corporeità che fa sua nella performance. La partecipazione a “Residenza artistica Cosenza 2015”, a cura di Alberto Dambruoso, ha caratterizzato ancora di più questa strada. Durante questa esperienza il suo obiettivo era trovare legami socio-culturali tra il cosentino e il territorio isolano; così ha scoperto il filo di seta grazie alle giovani filatrici di Mendicino (CS); un’opera da lei realizzata proprio con la seta è stata esposta all’inaugurazione del nuovo museo della seta di Mendicino, avvenuta a dicembre 2015, ed è lì in esposizione permanente. Così scrive di lei Lara Caccia, curatrice della sezione “Giovani artisti italiani e stranieri” del “Premio Internazione Lìmen Arte”, alla cui edizione 2015 Jole Serreli è stata invitata a partecipare con l’installazione site specific dal titolo Animas – Nido di seta, realizzata con materiale fornito dalla Cooperativa Nido di Seta di San Floro (CZ):
«L’intreccio è parte integrante dell’opera di Jole Serreli che crea preferibilmente site specific, non solo in modo fisico rapportandosi agli spazi prescelti, ma eseguendo anche una ricerca delle tradizioni tessili e dei filati della città ospitante. Anche per questa occasione realizzerà un’opera dedicata al Premio, utilizzando fili ed elementi della tradizione antica della produzione serica calabrese, attraverso alcuni materiali offerti dal museo del tessile Nido di Seta di San Floro. Un’esplorazione del mondo delle origini attraverso testimonianze del patrimonio familiare femminile, che vengono coniugate di volta in volta con le tradizioni. Un fare antico che si perpetua in quei gesti rituali del cucire, dell’intrecciare i fili e del tessere, e che si rinnova ad ogni opera: quel desiderio costante di annodare la propria esistenza alla memoria antica, in un’ottica contemporanea».
L’artista ha vinto il secondo premio, ex-aequo, con la seguente motivazione:
«Il suo linguaggio, vicino alla fiber art, trova in questa installazione site specific un giusto equilibrio tra la tradizione tessile di due realtà differenti e l’universalità del racconto, attraverso un fare antico che si perpetua nei gesti rituali del cucire».
Il filo e la memoria, il filo della memoria recuperata e vissuta con viva fisicità è l’esito più naturale del rapporto profondamente materico tra Jole Serreli e la vita, della quale riempie il suo fare arte; è la strada che lei predilige, lo dimostra con Animas, la produzione protagonista delle sue più recenti mostre personali e performance, come allo Spazio (In)visibile di Thomas Lerner, a Cagliari, a cura di Efisio Carbone, o a Selargius (CA), invitata dalla Fondazione Faustino Onnis a realizzare un’installazione site specific come performance in onore di Faustino Onnis, donata poi alla stessa Fondazione. L’installazione custodisce alcuni oggetti appartenuti al poeta. Il testo critico dell’opera è stato curato dallo storico dell’arte Efisio Carbone. Il tutto è stato immortalato nel servizio fotografico dell’artista Batash. Le performance più recenti sono Gli occhi si abitueranno al vuoto e non avranno più fame, realizzata durante l’inaugurazione della bi-personale Tessere trame, presso la Galleria Zoia a Milano, e Nascita, in onore di Costantino Nivola, realizzata durante “Fili di Pace”, evento per Emergency che ha avuto luogo a Cagliari il 22 dicembre 2016.
Ha partecipato alla VII edizione di Affordable Art Fair Milano, dal 9 al 12 febbraio 2017, con la Galleria Zoia di Milano di Erika Lacava. Si è trattato della seconda partecipazione alla fiera milanese del circuito Affordable Art Fair, dopo che già aveva partecipato nel 2013, vincitrice del concorso “BUCARtE – Buchi pazzeschi in mostra”, indetto per la valorizzazione del rapporto tra impresa e arte contemporanea.
Le forme, allestite quasi sempre come installazioni, e con “gusto scultoreo”, sono lo strumento che fa vibrare quello che Jole vuole sottolineare, il valore della memoria e dell’emozione, il contenuto che intende comunicare a chi osserva il suo lavoro.