La pandemia ha segnato in profondità sia il mondo della piccola produzione agricola e alimentare che il mondo dei pubblici esercizi, due comparti fortemente connessi tra loro. Ora che la fase più critica sembra finalmente superata e si inizia a ragionare in termini di post pandemia, è il momento di riflettere – tra le altre cose – su dove orientare energie, investimenti e sforzi per provare a fare in modo che la crisi possa diventare anche occasione di cambiamento e di miglioramento.
Se le aziende agricole e le imprese dell’alimentare, i ristoranti e i bar del nostro paese sono in salute e lavorano bene, i benefici sono tanti e sono per tanti: si parla di posti di lavoro, ricadute sul turismo, saldo positivo della bilancia commerciale, bellezza di città e campagne, e così via.
Troppo spesso, però, il potenziale delle connessioni tra i diversi comparti non è stato indagato e sfruttato in maniera adeguata e proprio la grande crisi innescata dalla pandemia ha costituito, per molti soggetti, l’occasione per una riflessione in questo senso.
È in questa ottica che FIPE e Slow Food Italia hanno lavorato negli ultimi mesi per giungere alla definizione del protocollo di intesa che è stato firmato a Bra, nella giornata inaugurale di Cheese.
«Abbiamo scelto questo giorno anche per la sua valenza simbolica: l’edizione 2021 di Cheese è un momento importante di ripartenza e rigenerazione e l’evento è sempre stato un terreno di incontro e confronto tra chi il cibo, in questo caso il formaggio, lo produce e chi lo somministra» dichiara Barbara Nappini, Presidente di Slow Food Italia.
«La ristorazione rappresenta il terminale più importante della filiera agroalimentare italiana – aggiunge Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio -. Un sistema in grado di generare un valore aggiunto di circa 90 miliardi di euro l’anno, che oggi si trova ad una svolta. Numerosi studi evidenziano che le famiglie italiane prestano sempre maggior attenzione alla qualità dell’offerta enogastronomica garantita dai nostri locali. I consumatori chiedono garanzie sulla sostenibilità sociale e ambientale della nostra filiera produttiva e distributiva, vogliono sapere la provenienza dei prodotti che proponiamo, le storie e le origini dei piatti che somministriamo. Essere in grado di riscontrare queste aspettative, significa migliorare la nostra funzione e far fare all’intero settore un salto di qualità».
Il protocollo sottolinea come risulti “sempre più urgente sviluppare progettualità tese alla tutela e promozione della qualità e unicità del territorio italiano, in cui tutta la filiera agroalimentare – dalle materie prime, passando dal processo di trasformazione del prodotto, fino alla sua vendita – possa essere tracciabile, sicura ed eco-sostenibile. In questo senso, il mondo dei pubblici esercizi è intrinsecamente connesso con la promozione sociale della dignità culturale delle tematiche legate al cibo, al vino e altre bevande, all’alimentazione e alle scienze gastronomiche nel loro complesso.”
Su queste basi, FIPE e Slow Food si dichiarano conseguentemente “convinte della necessità di avviare una collaborazione per incentivare il rilancio economico del paese partendo da tre pilastri fondamentali: educazione e formazione; qualità, tracciabilità ed eco-sostenibilità della filiera agroalimentare; turismo Slow”.
«Questo protocollo ha un grandissimo potenziale: da un lato c’è la nostra storia, l’esperienza che abbiamo maturato in 35 anni di impegno per salvaguardare la biodiversità, rilanciare le piccole produzioni a rischio di estinzione, promuovere la ristorazione di qualità, educare i consumatori, disegnare e sostenere modelli alimentari buoni, puliti e giusti; dall’altro lato ci sono i numeri di FIPE, una realtà che davvero muove un pezzo importante dell’economia del nostro paese. Mettiamo a disposizione di FIPE e dei suoi associati tutto questo patrimonio perché siamo convinti che questo sia il momento giusto per farlo: se i pubblici esercizi faranno un passo verso le istanze care a Slow Food, tutto il comparto agricolo e alimentare del paese potrà fare un grande balzo in avanti. Con grandi benefici per tutta la collettività. Vogliamo essere il fermento che innesca questa lievitazione.» continua Nappini.
«Fipe-Confcommercio – conclude Stoppani – da anni si batte, ad esempio, contro lo spreco alimentare. Siamo stati precursori in questo ambito e abbiamo attivato un meccanismo virtuoso in molti dei locali a noi affiliati, che ha subito una battuta d’arresto a causa della pandemia. Oggi però vogliamo riprendere questo percorso, provando a fare un ulteriore passo in avanti».
La prima attività che dà concretezza al protocollo firmato oggi è l’inserimento dei corsi Slow Food all’interno del catalogo formativo della FIPE Business School. A questa iniziativa seguiranno altre attività che verranno definite già a partire dalle prossime settimane.
Intanto oggi una delegazione di 10 giovani imprenditori associati a FIPE, selezionati dalla Federazione stessa, ha visitato Cheese con la guida degli esperti di Slow Food.