Le stanze dell’utopia Massimo Castri e gli anni bresciani

LA PRESENTAZIONE DEL VOLUME Il Centro Teatrale Bresciano, nel cinquantesimo anno della sua attività, ha presentato oggi Le stanze dell’utopia. Massimo Castri e gli anni bresciani: il Quaderno dedicato a Massimo Castri (1943-2013) uno dei maggiori uomini del Teatro italiano del secondo Novecento, un intellettuale inquieto e uno straordinario maestro e innovatore della scena, che iniziò la sua carriera di regista proprio a Brescia, grazie alla lungimiranza di Renato Borsoni, fondatore della Compagnia della Loggetta e del CTB.

Sono intervenuti durante la presentazione i curatori Andrea Cora e Thea Dellavalle, insieme a Maurizio Balò, Tino Bino, Paola Carmignani, Monica Conti, Francesco De Leonardis, Vittorio Franceschi, Nanni Garella, Patrizia Zappa Mulas. Hanno portato i saluti istituzionali Laura Castelletti, Sindaca di Brescia, Camilla Baresani Varini, Presidente del Centro Teatrale Bresciano e Gian Mario Bandera, Direttore del CTB.

Le stanze dell’utopia. Massimo Castri e gli anni bresciani è il quinto numero della collana editoriale de I quaderni del CTB (edito da La Quadra), realizzata dal Centro Studi del Centro Teatrale Bresciano per fare memoria viva della storia teatrale e culturale del nostro Stabile e della città.

PERCHÉ UN VOLUME SU CASTRI Tra il 1972 e il 1993 Castri ha realizzato a Brescia ventitré spettacoli come regista. La sua storia e quella del Centro Teatrale Bresciano arrivano a intrecciarsi così strettamente da saldarsi in un unico percorso di crescita e innovazione. Grazie all’intuizione di Renato Borsoni, l’esperienza bresciana significa per Castri scoprire, nonostante i dubbi e le resistenze, la propria “vocazione” alla regia.

Il successo di Castri sul piano artistico e il riconoscimento a livello nazionale del suo percorso di ricerca permetteranno al neonato CTB di assumere una posizione non marginale nel più ampio contesto del teatro pubblico. Un ‘idea di teatro costruita su una difesa strenua della funzione della cultura come stimolo costante, inseparabile da una condizione di autonomia, e dalla capacità dei teatranti di porsi come attori e interlocutori nelle politiche culturali, mai come sudditi della politica.

Tra il 1976 e il 1980 le regie pirandelliane e ibseniane di Castri portano una piccola rivoluzione nel teatro italiano proponendo una prospettiva completamente inedita di affrontare la regia e di lavorare drammaturgicamente sui testi, provocando una serie di sussulti nel pubblico e nella critica teatrale. Il Centro Teatrale Bresciano è il luogo in cui questa rivoluzione sembra possibile.

Il Quaderno tenta un lavoro di ricostruzione e di restituzione critica e documentaria di un’esperienza progettuale e artistica estremamente ricca, realizzata – da qui il titolo – sotto il segno di un’utopia, vissuta in modo molto concreto, in un preciso contesto – una piccola città, un gruppo di persone molto affiatate: quella di un teatro nuovo, trasformativo e quindi politico, pubblico, culturalmente preparato, desideroso di incidere nella realtà.

Nonostante la vastità dei materiali che lo costituiscono, che è cresciuta fino a sostanziarsi in due corposi volumi, il Quaderno rappresenta un primo passo, certo non definitivo, di riportare alla luce i lineamenti di una personalità e di una ricerca tanto complesse e colme di sfaccettature da aprire a continue e nuove possibilità di approfondimento.

Il Quaderno tenta il ritratto di un artista e intellettuale unico nel teatro italiano per inquietudine e profondità di sguardo, nel corso di anni decisivi per il definirsi della sua fisionomia artistica, attraverso un racconto corale, dove si incontrano e dialogano voci di studiosi e testimoni, di artisti ed amici che hanno conosciuto, approfondito o contribuito a realizzare l’esperienza di Massimo Castri a Brescia.

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IL PRIMO VOLUME A Tino Bino, presidente del Centro Teatrale Bresciano negli anni cruciali della affermazione dell’Ente e della presenza di Castri, è affidato il compito di aprire il primo volume, intitolato Sguardi critici e testimonianze, attraverso la ricostruzione appassionata del rapporto tra il regista e la città: un dialogo che alternò scontri clamorosi e inaspettate aperture, ma che seppe agire da propulsore culturale per l’intera comunità, attraverso spettacoli memorabili.

A seguire, con la finezza critica che lo caratterizza, Claudio Longhi – tra i maggiori studiosi di Teatro in Italia e Direttore del Piccolo Teatro di Milano – offre una istantanea della regia italiana al momento in cui Castri si affacciò alla professione, e ne individua i maestri e riferimenti culturali, tratteggiando l’anomalia virtuosa di questo strano attore e intellettuale che si tuffò nella regia, e fece irruzione, con l’acume delle sue letture critiche, sulla scena italiana, aprendo infiniti dibattiti e dispute.

Il capitolo Tra fantastiche visioni e scontri generali affronta una ricognizione storico-critica dell’evoluzione del percorso artistico di Massimo Castri a Brescia, ripercorrendo la sua ricerca intellettuale, il rapporto con l’Ente, il processo creativo e di lavoro, gli spettacoli, la loro ricezione. Al testo si accompagna una ricca documentazione iconografica che propone alcuni materiali inediti: fotografie dalle prove, lettere manoscritte e dattiloscritte, taccuini e appunti, bozzetti.

Il capitolo Approfondimenti si propone di ampliare lo sguardo e insieme di tentare un avvicinamento alla fucina creativa di Massimo Castri offrendo quattro punti d’accesso. Apre un piccolo “dizionario” castriano che, pescando tra discorsi, scritti e dichiarazioni del regista, raccoglie alcune parole chiave utili per definirne poetica, pedagogia e metodologia anche al di là degli anni di lavoro con la Loggetta e il Centro Teatrale Bresciano; segue una immersione nella ricchissima documentazione dell’Archivio CTB, per ricostruire il peculiare sodalizio tra Massimo Castri e Renato Borsoni; per poi entrare nelle “stanze private” della creatività e della inesauribile ricerca del regista, attraverso la riproduzione e il commento di alcune pagine dei suoi taccuini degli anni bresciani. L’ultima sezione del capitolo, curata dalla Dottoranda Maria Francesca Lipari, è dedicata alla ricostruzione del Progetto Goethe, uno dei momenti più originali e articolati del lavoro progettuale di Castri per Brescia – all’interno del quale rientra la messinscena di Urfaust.

Conclude il primo volume il capitolo Testimonianze, articolato in due sezioni.

La prima, Compagni di viaggio, si apre con i ricordi e le riflessioni raccolti in alcune conversazioni con due dei più stretti collaboratori di Massimo Castri nel periodo di lavoro a Brescia.

Maurizio Balò, tra i maggiori scenografi del teatro italiano e internazionale, dagli esordi a Brescia negli anni Settanta ha poi proseguito ininterrottamente il suo sodalizio artistico con il regista, firmando le scene della quasi totalità dei suoi spettacoli. La sua testimonianza ha un valore particolare, poiché è arricchita da bozzetti e schizzi inediti che documentano il lungo laboratorio di ricerca che ha accompagnato la nascita di ogni spettacolo, e consente di entrare a fondo nel processo creativo del regista, nel flusso di suggestioni e ripensamenti, fino alla definizione di una sintesi spaziale rigorosa per ciascun allestimento.

Nanni Garella, è stato regista assistente di Massimo Castri per oltre un quinquennio, prima di intraprendere, al CTB e poi in altri importanti Teatri Stabili e privati, la carriera autonoma di regista. La sua testimonianza racconta la libertà di sperimentazione e l’autonomia artistica che furono garantiti al regista e al gruppo di lavoro che lo affiancava negli anni di lavoro a Brescia.

Seguono le testimonianze di alcuni attori e attrici che hanno avuto una lunga consuetudine di palcoscenico ed una non occasionale convergenza di vedute sul senso del lavoro teatrale con Massimo Castri negli anni bresciani.

Apre Virginio Gazzolo, già compagno di Castri nella fondamentale esperienza della Comunità Teatrale dell’Emilia-Romagna, e poi tra gli attori prediletti del regista, che gli affidò ruoli di primo piano in alcuni dei suoi lavori più complessi e innovativi.

Seguono le pagine dense di ricordi e riflessioni firmate da Patrizia Zappa Mulas, attrice di straordinario talento che ha iniziato la sua carriera a Brescia in Edipo sotto la guida di Massimo Castri. Il suo ricordo – lucido, analitico e commosso – è prezioso per comprendere il metodo di lavoro del regista.

Ruggero Dondi, Salvatore Landolina e Tullia Piredda – tre attori che hanno incontrato Massimo Castri agli albori della sua esperienza registica e che ne hanno condiviso il percorso fino alle sconcertanti letture pirandelliane – rievocano il lavoro con il regista in una conversazione con la critica teatrale Paola Carmignani.

Chiude i ricordi di lavoro del periodo bresciano Sonia Gessner, che dopo esperienze di lavoro con Vittorio Franceschi, Franco Enriquez, Franco Parenti incontrò Castri in due allestimenti pirandelliani, La vita che ti diedi e Così è, se vi pare.

La seconda sezione del capitolo, Tra quinte e platea, raccoglie alcune testimonianze, sguardi altri, diverse prospettive accomunate da una attenzione e sensibilità particolare al lavoro di Massimo Castri.

Francesco De Leonardis, intellettuale e storico dell’arte bresciano, è stato per oltre quarant’anni anche il critico teatrale di «Bresciaoggi». Dal 1976 ha seguito ininterrottamente il percorso artistico di Castri; alla rievocazione di quegli anni di intenso lavoro che è dedicato il suo scritto.

Un altro intellettuale bresciano di grande rilievo, Nino Dolfo, per lungo tempo critico cinematografico e poi critico teatrale per il dorso bresciano del «Corriere della Sera», membro dell’Assemblea dei Soci del CTB dalla sua fondazione per oltre un decennio, rievoca la figura del regista da una prospettiva eterodossa, quella di Massimo Castri spettatore di cinema nelle sale bresciane: un volano per allargare lo sguardo alla grande stagione culturale vissuta da Brescia in quegli anni. Sempre Nino Dolfo intervista la regista Liliana Cavani, per rievocare la partecipazione di Castri come attore alla pellicola de I cannibali, nel periodo cruciale delle sperimentazioni a cavallo tra anni Sessanta e Settanta.

Le ultime due testimonianze sono di due importanti personalità del teatro che, in momenti diversi dagli anni del suo lavoro a Brescia, sono state tuttavia legate a Massimo Castri da un profondo sodalizio artistico.

Vittorio Franceschi è stato diretto per la prima volta da Castri nel 2002, a Torino, nella riedizione del John Gabriel Borkman, allestito per la prima volta a Brescia nel 1988. Ma la conoscenza di Castri e del suo lavoro risale al tumulto creativo degli anni del teatro politico e di avanguardia, alle esperienze artistiche nate tra Milano e Bologna negli anni Sessanta. Testimone e protagonista d’eccezione di quella stagione, Franceschi ne rievoca episodi, personalità e fermenti culturali, fino al felice incontro artistico degli anni 2000.

A Monica Conti, regista e attrice, e che di Castri fu allieva, per poi seguire a lungo e da vicino il suo lavoro, è affidata la chiusura di questa sezione: il suo ricordo conclusivo è anche la definizione più toccante della ricerca inesauribile del regista.

IL SECONDO VOLUME Il secondo volume intitolato Gli spettacoli, è dedicato ad approfondire i ventitré allestimenti realizzati dal regista a Brescia tra il 1972 e il 1993. A ciascuno spettacolo è dedicata una articolata scheda che ne riporta crediti, premi, tournée, manifesti e locandine, note di regia, una ampia selezione della rassegna stampa più significativa e numerose fotografie di scena.

I DOCUMENTI E LE COLLABORAZIONI Le centinaia di documenti che arricchiscono i volumi provengono in larga parte dall’Archivio del Centro Teatrale Bresciano, e la presente ricerca è stato un motore prezioso per portare avanti il progetto di sistemazione, ridefinizione e valorizzazione dell’enorme patrimonio documentario in possesso del Teatro Stabile Bresciano, attualmente in corso.

Ma imprescindibili, ai fini della completezza documentaria del Quaderno, sono stati anche i materiali (ed in particolare il Fondo Castri, donato dalla sorella Margherita) in possesso del Centro Studi del Teatro Stabile di Torino, guidato con competenza dalla dr.ssa Anna Peyron, e alcuni preziosi archivi privati, messi a disposizione con generosità dai loro proprietari.

Il presente lavoro, che il Centro Teatrale Bresciano ha fortemente voluto e realizzato come atto di gratitudine al suo “primo regista”, ha visto la luce grazie alla fondamentale collaborazione con la casa editrice La Quadra, con la quale sono stati realizzati anche i precedenti Quaderni.

Il Quaderno è stato realizzato con il contributo del Ministero della cultura – Progetto cinquantesimo anniversario 1974-2024 e con il sostegno di Ministero della Cultura, Gruppo A2A, Fondazione ASM, Gruppo BCC Agrobresciano e ABP Nocivelli.

Si ringrazia per la preziosa collaborazione all’indagine critica il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, ed in particolare la Prof.ssa Federica Mazzocchi, e la Facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’università Cattolica del Sacro Cuore, nella persona della Prof.ssa Lucia Mor.