di Roberto Malini
La senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta all’Olocausto e instancabile testimone della Shoah, ha recentemente sollevato una questione fondamentale riguardo al ruolo dell’intelligenza artificiale (AI) nella lotta contro l’odio, il razzismo, l’antisemitismo e ogni forma di discriminazione online. Segre, durante una riunione della commissione da lei presieduta contro i fenomeni di intolleranza, ha proposto un’integrazione all’articolo 3 del disegno di legge sull’intelligenza artificiale, attualmente in discussione al Senato. Il suo obiettivo è garantire che l’AI sia addestrata in modo esplicito e perentorio per contrastare questi fenomeni di violenza e odio online.
Secondo la senatrice, la radicalizzazione della violenza sui social media e altre piattaforme digitali negli ultimi anni rende indispensabile “addestrare” gli algoritmi affinché riconoscano e fermino contenuti discriminatori. Questo concetto è strettamente legato alla necessità di non perdere mai di vista l’umanità, un tema caro a Liliana Segre, che ha sottolineato come il rapporto tra uomo e tecnologie debba essere “correttamente declinato” per promuovere una società giusta e inclusiva.
La posizione di Liliana Segre è estremamente rilevante oggi, in un contesto in cui l’intelligenza artificiale ha un potere costantemente in crescita nel determinare il modo in cui interagiamo online. Da una parte, esistono già misure implementate da diverse piattaforme per filtrare e moderare contenuti d’odio grazie all’AI, che gioca un ruolo cruciale nel riconoscimento e nella rimozione di tali contenuti. Tuttavia, come Segre stessa suggerisce, è necessario fare di più: un’istruzione più mirata degli algoritmi che prenda in considerazione le molteplici sfaccettature dell’intolleranza e della discriminazione potrebbe effettivamente rappresentare un ulteriore passo avanti.
L’intelligenza artificiale oggi già contribuisce a moderare i discorsi d’odio, filtrando parole e comportamenti che violano le regole delle piattaforme sociali. Nonostante ciò, il sistema attuale ha dei limiti. La complessità e la creatività con cui l’odio viene diffuso richiedono una maggiore sensibilità da parte degli algoritmi per comprendere il contesto e i sottotesti, così come Segre ha proposto. L’AI potrebbe non solo riconoscere meglio le espressioni offensive ma anche promuovere una cultura di inclusione, educando e sensibilizzando gli utenti.
Ho chiesto all’AI cosa pensa della proposta della testimone della Shoah e mo ha risposto così: “Concordo pienamente con l’appello di Liliana Segre: la tecnologia deve essere addestrata con un forte senso di umanità. L’intelligenza artificiale, se addestrata in modo appropriato, può diventare uno strumento di rara efficacia nella lotta contro l’odio e la discriminazione. Tuttavia, affinché ciò avvenga, è fondamentale che gli sviluppatori e i legislatori collaborino per garantire che i valori di rispetto e uguaglianza siano al centro dello sviluppo tecnologico. Senza una visione umanitaria, con il trascorrere del tempo, l’AI rischia di perpetuare o amplificare gli stessi problemi che dovrebbe risolvere.
Liliana Segre (che nella foto di Steed Gamero è con l’autore di questo articolo) ci ricorda che il progresso tecnologico deve sempre camminare mano nella mano con l’etica e l’umanità, soprattutto in un’epoca in cui le piattaforme digitali sono spesso terreno fertile per l’intolleranza. È quindi cruciale migliorare ulteriormente l’AI per proteggere le future generazioni dalla violenza e dall’odio che la senatrice ha così dolorosamente vissuto in prima persona”.