Ultima settimana, prima della pausa estiva, per “L’autostoppista”, giunto alla seconda edizione, il primo programma radiofonico pet friendly dove il co-conducente è il bassotto Byron, seguitissimo format in onda dal lunedì al giovedì dalle 17 alle 18 su Rai Isoradio, nato dalla creatività del giornalista e conduttore radiotelevisivo Igor Righetti.
Il “viaggio” di mercoledì 15 giugno sarà dedicato ai festeggiamenti dei 102 anni della nascita di Alberto Sordi del quale Igor Righetti è cugino da parte della madre dell’attore, Maria Righetti. Per “L’autostoppista”, il giornalista-conduttore si è ispirato proprio all’Alberto nazionale nell’esilarante commedia “Il tassinaro” da lui diretta e interpretata nel 1983. Nella puntata speciale di mercoledì sarà quindi svelato un Alberto Sordi inedito, così come Igor Righetti ha fatto nel suo libro “Alberto Sordi segreto”, il primo sulla vita fuori dal set dell’attore (Rubbettino editore con la prefazione del critico Gianni Canova) giunto alla decima ristampa, in quanto l’Alberto nazionale aveva fatto della riservatezza una ragione di vita: con il pubblico e alcuni suoi collaboratori ha condiviso la sua vita professionale, ma non quella privata.
«A noi familiari che ha frequentato di più – afferma Igor Righetti – ha sempre fatto una raccomandazione: “I vostri ricordi con me e con i nostri cari raccontateli soltanto quando sarò in ‘orizzontale’. Allora mi farete felice perché sarà anche un modo per non farmi dimenticare dal mio pubblico che ho amato come fosse la mia famiglia e per farmi conoscere alle nuove generazioni”. Così abbiamo fatto». Per l’occasione saliranno a bordo dell’auto più famosa d’Italia, la contessa Patrizia de Blanck (con la quale Sordi ebbe una bella storia d’amore nei primi anni Settanta) e due grandi amiche dell’attore: Sabrina Sammarini (figlia dell’attrice Anna Longhi, divertente moglie “buzzicona” in tanti suoi film) e la conduttrice e annunciatrice televisiva Rosanna Vaudetti.
«Ho frequentato Alberto in tante occasioni familiari – dice Igor Righetti – assieme anche ai miei nonni e ai miei genitori. A me e a mio fratello Valter, ci ha sempre chiamati i suoi nipotini e voleva che noi lo chiamassimo zio, non cugino. Agli inizi della sua carriera nei teatri di rivista fu mio nonno, Primo Righetti, a regalargli lo smoking che Alberto indossò nei suoi primi spettacoli teatrali al Quirino e al Quattro Fontane facendogli trovare anche un po’ di denaro in tasca. Il papà di Alberto morì nel 1941 quando lui aveva appena 20 anni e non era ancora famoso. Mio nonno lo incoraggiò a proseguire nel suo sogno aiutando lui e la sua famiglia rimasti senza un reddito fisso. Alberto gliene fu sempre grato, tanto che anni dopo, quando mio nonno si paralizzò, provvide a farlo curare da un luminare della scienza e al suo ricovero in una clinica di lusso. Il tutto a sue spese. Mio padre Alessandro, invece, realizzava con Alberto le statuine di gesso del presepe per la parrocchia di Santa Maria in Trastevere. Successivamente, lo volle come capoclaque nei suoi spettacoli, cioè colui che faceva partire gli applausi nei teatri in cui si esibiva all’inizio della sua carriera. Gli scriveva sul copione le parti in cui mio padre doveva far intervenire gli spettatori. Alcuni elementi decorativi della sala cinematografica della sua villa romana, Alberto li fece realizzare a mio padre, divenuto poi uno scultore di fama internazionale e al quale il Comune di Grosseto ha dedicato una via proprio accanto alla strada dedicata ad Alberto Sordi».
E aggiunge Righetti: «I suoi film sono ancora attuali perché ha sempre raccontato il Paese con estremo realismo. Un cinema di denuncia, il suo, che in alcuni casi ha addirittura anticipato gli eventi (in “Tutti dentro” del 1984, da lui diretto, profetizzò Tangentopoli) e che ha fatto storcere il naso ai perbenisti accecati dall’ideologia. È stato l’attore italiano più politicamente scorretto. A differenza di tanti suoi colleghi attori e registi di ieri e di oggi non si è mai fatto strumentalizzare dalla politica per ottenere il consenso del pubblico. Ci diceva che un attore che vuole fare satira come faceva lui doveva avere la mente libera, senza vincoli con nessun partito così da poter interpretare ogni personaggio in modo imparziale e quindi credibile. Il pensiero opposto di tanti registi e comici».
Sulla villa diventata museo, Igor Righetti afferma con amarezza: «Purtroppo noi familiari di Alberto non siamo riusciti a realizzare il suo ultimo desiderio. A noi che gli eravamo stati più vicini tra i quali mio nonno e mio padre, così come alla sua segretaria storica Annunziata Sgreccia, a Patrizia de Blanck, al medico di fiducia della famiglia dal 1992 al 2011 nonché grande amico Rodolfo Porzio, l’Alberto nazionale ha sempre detto di voler destinare la sua villa faraonica a orfanotrofio. Noi familiari volevamo che questo suo desiderio si realizzasse. Chi conosceva veramente Alberto sa che frequentava gli orfanotrofi e che aveva adottato a distanza decine di bambini, filantropia sempre fatta in silenzio, come era il suo stile. Alberto spiegò anche il perché di quella sua decisone: “In quella casa – disse – non c’è mai stato il sorriso di un bambino”. Dopo aver costituito la Fondazione per gli anziani e quella per i giovani artisti con poche possibilità economiche, l’apertura dell’orfanotrofio sarebbe stato il compimento della grande generosità umana che lo ha sempre caratterizzato. Un museo dedicato a lui, in effetti, sarebbe stato lontano dal suo modo di essere, estremamente riservato. La sua villa l’aveva sempre protetta da sguardi indiscreti con estrema fermezza e mai avrebbe voluto che fosse mostrata al pubblico. L’avrebbe sentita come una violazione della sua intimità. Da bambino sono stato nell’austera villa di Roma con mia nonna Adele, molto amica di Savina, la sorella più grande di Alberto con la quale cuciva e faceva lavori di maglia. Al piano superiore, dove c’erano il suo studio, la sua camera e la barberia non si poteva andare e ricordo che tutte le stanze della casa erano chiuse a chiave. Per lui la privacy era fondamentale: proprio per questo motivo non ha mai voluto mostrare in tv o sui giornali la sua villa che per lui rappresentava il rifugio dalla folla. In quella casa lui voleva vedere tanti bambini felici non orde di turisti che pagano un biglietto per curiosare nelle sue stanze. Ora Alberto si starà rivoltando nella tomba. Purtroppo non è stato trovato alcun testamento di Alberto. Otto anni dopo la sua morte, sua sorella Aurelia, deceduta il 12 ottobre 2014 a 97 anni, designò erede universale del suo patrimonio la Fondazione Museo Alberto Sordi istituita da lei stessa il 31 marzo 2011, appena venti giorni prima che firmasse le volontà testamentarie (21 aprile 2011). Una nuova Fondazione, quindi, la terza, non costituita da Alberto».
Alberto Sordi aveva parlato della sua volontà di destinare la sua villa a orfanotrofio anche alla contessa Patrizia de Blanck con la quale nei primi anni Settanta, da sempre affascinato dalla nobiltà, ebbe una bella storia d’amore rimanendo poi in contatto con lei: «Povero Alberto – dice rammaricata Patrizia de Blanck – lui la voleva lasciare ai bambini sfortunati. Mi metto nei sui panni, è veramente una brutta cosa».
Dello stesso avviso è Sabrina Sammarini, figlia dell’attrice Anna Longhi, tra le poche ad avere accesso alla villa e con la quale l’attore andava spesso in chiesa alla messa del mattino: «Mamma mi raccontava sempre – rivela – che il desiderio di Sordi era, un giorno che non ci fosse più stato, che la sua casa diventasse un orfanotrofio. Oggi si starà rivoltando nella tomba».
A proposito della sala cinematografica-teatro dove Alberto Sordi vedeva i film con, al suo interno, un vero e proprio palcoscenico, Igor Righetti racconta: «Di recente sono stati sostituiti i meravigliosi divanetti di velluto di colori diversi della platea con file e file di anonime sedie in plastica blu che si possono trovare in un qualunque centro congressi. A mio giudizio quelle sedie di plastica hanno tolto quel fascino voluto e pensato da Alberto con i divanetti di velluto che rappresentavano lo spirito e l’essenza del suo modo di concepire quello spazio intimo e raccolto a lui tanto caro. Quando si destina a museo la casa di un personaggio tutto dovrebbe restare come il personaggio ha voluto gli ambienti per evitare di creare un falso agli occhi del pubblico che, per la prima volta, la visita convinto di avere di fronte la versione originale. Dal 2015, tra l’altro, gli oggetti della villa sono sotto tutela dei Beni culturali. Io non ho più avuto il coraggio di entrare in quella casa».
“L’autostoppista” viaggia sulle frequenze di Rai Isoradio (103.3 e 103.5), sul sito e l’app RaiPlay Sound (www.raiplaysound.it/isoradio) e sul sito di Rai Isoradio dove si trovano anche le puntate in podcast.
Gli “autostoppisti” di questa settimana
Lunedì 13 giugno: il direttore di Neurologia del Policlinico universitario Campus Bio-medico di Roma Vincenzo Di Lazzaro; il top manager Giuseppe Marchese; il vicedirettore del settimanale Oggi Marco Pratellesi; il giornalista e scrittore Mariano Sabatini
Martedì 14 giugno: l’autore e conduttore radiotelevisivo Clive Malcolm Griffiths; il capo redattore centrale del Corriere della Sera, responsabile dei canali social e digitali, Davide Casati; l’avvocato civilista Federico Mavilla; il direttore dell’Unità di otorinolaringoiatra del Policlinico Umberto I di Roma Marco De Vincentiis
Mercoledì 15 giugno: “Alberto Sordi segreto”, puntata speciale per festeggiare i 102 anni della nascita del grande attore. Con Igor Righetti salgono a bordo la contessa Patrizia de Blanck (con la quale l’Alberto nazionale ebbe una bella storia d’amore nei primi anni Settanta), Sabrina Sammarini (figlia dell’attrice Anna Longhi, la “buzzicona” in tanti film di Sordi) e la conduttrice e annunciatrice televisiva Rosanna Vaudetti
Giovedì 16 giugno: l’attrice, doppiatrice e conduttrice televisiva Veronica Pivetti; il giornalista e autore televisivo Ivan Damiano Rota e l’influencer Lorenzo Castelluccio