CATANIA – L’iperplasia prostatica benigna (IPB) incide sulla qualità di vita dei pazienti, può insorgere negli uomini di 35-40 anni ed è diffusa nell’80% degli ultrasettantenni. Per anni le cure per le disfunzioni erettili sono state orientate alla risoluzione sintomatologica con l’uso massivo di farmaci composti da principi attivi chimici, con alti rischi collaterali. Oggi le cure sono cambiate, sono più sicure e meno lesive.
A svolgere un ruolo centrale – come rilevato dalle linee guida europee e americane – sono i fitofarmaci. La rivoluzione della terapia medica si affianca a quella consolidata delle tecniche chirurgiche sempre più supportate dalla robotica: oggi visto che l’incidenza del cancro alla prostata dei giovani adulti (fino a 40 anni) è aumentata, diventa fondamentale impattare meno possibile sulla vita di coppia, sul benessere sessuale e sulla qualità di vita dei pazienti.
Queste alcune delle tematiche emerse durante il convegno scientifico “Patologie Prostatiche, stato dell’arte: Terapia Medica e Chirurgia Mini-Invasiva” che si è tenuto presso idipharma, sabato 14 settembre, con gli interventi di urologi di fama nazionale.
«Oggi le opzioni terapeutiche offerte dalla medicina complementare – spiega il professore Stefano Pecoraro, direttore operativo Urop (Urologi Ospedalità Pubblica Privata) – consentono di confezionare terapie per ogni singolo paziente in grado di contrastare il grado sintomatologico, senza causare effetti collaterali invalidanti. Ha assunto un ruolo fondamentale l’utilizzo di sostanze bioattive di origine vegetale, sia esse presenti nei nutraceutici che nei fitofarmaci. Il primo farmaco utilizzato nell’IPB, commercializzato negli anni ’90, è a base di serenoa repens, il cui profilo di efficacia è stato documentato in diversi studi clinici. Altra componente vegetale di larga diffusione è l’estratto di polline di fiore (graminex), un potente anti-infiammatorio prostatico che a seguito di ricerche italiane è stato definito come fitocomposto di prima scelta nelle linee-guida europee di urologia. Inoltre nella disfunzione erettile l’uso di fitocomposti in associazione alle terapie tradizionali fornisce benefici in termini di efficacia, riduce i dosaggi del farmaco, non compromettendo l’efficacia della terapia e riducendo gli effetti indesiderati attribuibili alla specialità medicinale».
Il disagio sessuale del giovane adulto correlato alle patologie prostatiche vira verso l’impiego di formulazioni più attente con farmaci fitoterapici riconosciuti come più sicuri, non aggressivi, associati per garantire la qualità di vita dei pazienti, inoltre le cure prescritte sono sempre più personalizzate: «C’è l’esigenza di attuare una tailored therapy focalizzando i singoli casi, senza perdere di vista i risultati funzionali – ha precisato il responsabile scientifico del convegno Rosario Leonardi, organizzato sotto l’egida della Società Scientifica UROP e direttore del reparto di Urologia della Casa di Cura Musumeci GECAS (Catania) – oggi abbiamo colto l’occasione per constatare l’importanza delle terapie su misura e del dialogo trasparente con il paziente per informarlo sulle possibili conseguenze nel breve e nel lungo periodo, illustrando vantaggi e limiti di ogni singola metodica. È positivamente rilevante anche la fruibilità sempre più consolidata della tecnica robotica, che oggi non è più la terapia del futuro, ma viene praticata con alti livelli di qualità e precisione nella nostra provincia e in genere in Sicilia. Non bisogna dimenticare che oltre al tumore prostatico, la patologia più diffusa nel pianeta “uomo” è l’ipertrofia prostatica benigna. Durante il convegno si è discusso delle attuali tecniche impiegate nel rispetto della qualità della vita del paziente, prima tra tutte la LEST, che garantisce radicalità chirurgica e rispetto della potenza nel 100% dei casi e dell’eiaculazione in circa il 90% dei casi. Si è parlato anche di Rezum e dell’iTIND».
«La tecnologia è un processo evolutivo in costante fermento che richiede capacità di gestione e di applicazione alla realtà clinica – ha affermato Giuseppe Mario Ludovico, professore associato di Urologia presso il Dipartimento di Medicina dell’Università LUM di Casamassima (BA) e direttore di Urologia dell’Ospedale “Miulli” di Acquaviva delle Fonti – con il robot Da Vinci aggiunto alla tecnica videolaparoscopica abbiamo ottenuto una visione ingrandita, tridimensionale reale, una libertà di movimento degli strumenti che mimano i movimenti della mano umana compresa la retroversione. L’approccio chirurgico alla prostatectomia radicale per adenocarcinoma della prostata è stato rivoluzionato: eseguiamo qualunque tipo di intervento anche complesso, in assoluta sicurezza. Le indicazioni che otteniamo dalla tecnica robotica sono più ampie e consentono nell’80% dei casi di preservare la potenza sessuale e nel 98% la continenza urinaria, a un anno dall’intervento». Insolita la pratica scelta per il confronto scientifico suddiviso in tre sessioni: ciascuno dei relatori coinvolti ha argomentato tecniche, metodi e terapie in una sorta di “ring” puntando sulla valutazione dei relativi risultati, complicanze, tempi di ricovero. L’audience ha partecipato discutendo quanto esposto dagli esperti nei “round”, votando la tecnica e il relatore più convincente.