Per i cento anni dalla nascita di Franco Basaglia, che ha rivoluzionato la concezione della psichiatria in Italia, il Teatro Biblioteca Quarticciolo propone il 23 e 24 marzo il pluripremiato Gianni, spettacolo firmato e interpretato da Caroline Baglioni, diretta da Michelangelo Bellani.
Un lavoro in perfetto equilibrio fra memoria personale e indagine di una condizione di disagio che ci interroga tutti. Una trascrizione fedele di un testamento sonoro lasciato da Gianni Pampanini, zio di Caroline, su tre audiocassette incise a metà degli anni ’80 e ritrovate vent’anni dopo. Questi nastri, nei quali Gianni, un uomo con problemi maniaco depressivi scomparso nel 1999, che ha vissuto sulla propria pelle il passaggio epocale della rivoluzione culturale – oltre che scientifica – di Basaglia, descrive se stesso, le sue inquietudini, i suoi desideri e il rapporto intimo e sofferto con la società, a distanza di anni divengono la ‘voce’ di un’opera teatrale che continua a viaggiare in tutta Italia, coinvolgendo la sensibilità di chi le ascolta.
«Ci siamo a lungo interrogati sul perché Gianni avesse inciso quei nastri. Per lasciare un segno del suo passaggio? Per riascoltarsi e scoprire che c’era nell’abisso? Per superare la paura di vivere? La sua voce è un flusso di coscienza, ironico, intelligente, drammatico, commovente che si muove a picchi infiniti fra voglia di vivere e desiderio di finire con uguale forza e disperazione. Ma la vera potenza del suo linguaggio sta in come ci conduce inevitabilmente dentro ciascuna delle nostre esistenze per renderci conto, in fin dei conti, che tutti noi, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti “Gianni”».
Domenica 24, dopo lo spettacolo, si svolgerà la presentazione del libro di Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani Legami (ed. Editoria & Spettacolo, 2023), contenente i testi teatrali Gianni, Mio padre non è ancora nato, Sempre verde, Confessioni di sei personaggi. Saranno presenti gli autori in dialogo con Lucia Medri (Teatro e Critica).
L’incontro fra Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani avviene all’interno del gruppo di ricerca teatrale “La società dello spettacolo”, di cui quest’ultimo dal 2007 è stato fondatore e co-direttore artistico. A seguito del monologo Gianni (Vincitore Premio Scenario per Ustica 2015, vincitore In-Box 2016, Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria 2017) hanno dato vita a un nuovo progetto artistico nel quale è rilevante la collaborazione con l’artista luciaio Gianni Staropoli. Mio padre non è ancora nato, secondo elemento di una trilogia dedicata ai legami di sangue, è stato presentato in prima assoluta al Festival dei 2mondi di Spoleto 2018 ed è stato vincitore del bando Visionari al Kilowatt Festival 2019 e del Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria 2022. Il terzo elemento della trilogia Sempre verde ha debuttato nel 2019 ad Asti Teatro Festival. Caroline Baglioni con il testo Il lampadario ha vinto il bando come miglior autrice under 40 alla Biennale di Venezia 2019 ed è stata finalista al premio Virginia Reiter come miglior attrice under 35.
Avevo circa tredici anni. Mio padre tornò a casa e disse che era arrivato il momento di occuparci di Gianni. Era un gigante Gianni. Alto quasi due metri, ma a me sembravano tre e nella mia mente è un film in bianco e nero. Gianni sembra oggi un ricordo lontano, ma era lontano anche quando c’era.
Era lo zio con problemi maniaco-depressivi che mi faceva paura. Aveva lo sguardo di chi conosce le cose, ma le ripeteva dentro di sé mica ce le diceva. Fumava e le ripeteva dentro di sé. Gianni non stava mai bene. Se stavamo da me voleva tornare a casa sua. Se stava a casa sua voleva uscire. Se era fuori voleva tornare dentro. Dentro e fuori è stata tutta la sua vita. Dentro casa. Dentro il Cim. Dentro la malattia. Dentro al dolore. Dentro ai pensieri. Dentro al fumo. Dentro la sua macchina.
E fuori. Fuori da tutto quello che voleva.
Non aveva pace Gianni. Ogni centimetro della sua pelle trasudava speranza di stare bene. Stare bene è stata la sua grande ricerca. Ma chi di noi non vuole stare bene?
Nel 2004 in una scatola di vecchi dischi, ho trovato tre cassette. Tre cassette dove Gianni ha inciso la sua voce, gridato i suoi desideri, cantato la sua gioia, detto la sua tristezza.
Per dieci anni le ho ascoltate riflettendo su quale strano destino ci aveva uniti. Un anno prima della mia nascita Gianni incideva parole che io, e solo io, avrei ascoltato solo venti anni dopo. E improvvisamente, ogni volta mi torna vicino, grande e grosso, alto tre metri e in bianco e nero.
Caroline Baglioni
Quando Caroline, mi ha fatto ascoltare per la prima volta le audiocassette di Gianni, ho subito pensato a un progetto teatrale che dovesse raccontare questa storia. La storia di un uomo e di un’epoca. E la storia di un legame. L’epoca è quella dei favolosi anni ‘80. (Le tre cassette ritrovate vengono incise a più riprese fra il 1984 e 1986).
Verrebbe da chiedersi se questo portare fuori, questo mostrare, questo ripetere i suoi pensieri, faccia vivere, rivivere Gianni come un’anima nuova che attraversa le vite di chi guarda, trovando nell’ascolto il riscatto di un’esistenza e se tutto questo sia una violazione. Forse, lo sarebbe se a ritrovare quei nastri fosse stato qualcun altro. Ma in fondo credo che fra Caroline e Gianni ci fosse qualcosa come un vecchio appuntamento.
Gianni è la storia di questo legame profondo, di un viaggio fra le tracce autentiche delle parole e di un percorso umano universale, troppo umano per dirci che: «Parlare non uccide… cioè può uccidere una persona, me stesso, ma nessun altro… Stop.»
Michelangelo Bellani