Papa Francesco sta modificando profondamente la Chiesa

di ANDREA FILLORAMO

 

Papa Francesco sta modificando profondamente la Chiesa, operando sulla teologia e sull’organizzazione.

Ciò ovviamente non è gradito ai cosiddetti tradizionalisti che vogliono una Chiesa immobile, poiché pensano che in questo modo l’abbia istituita Gesù Cristo.

Ma è proprio così?

Da rammentare che Gesù ha voluto una chiesa fatta dagli uomini per gli uomini e, come tutte le istituzioni umane e, quindi storiche, con il passare del tempo deve necessariamente evolversi, cambiare, pur mantenendo intatte le sue origini, che per i cristiani sono divine.

I critici di papa Francesco sottovalutano le sue capacità teologiche, commettono grossolani errori e travisamenti dei suoi messaggi autenticamente evangelici e quando non rintracciano seri motivi di contrasto al suo pensiero e alla sua personalissima catechesi, lo accusano di aver usurpato il pontificato e conseguentemente che egli è un antipapa.

Francesco identifica il Dio cristiano con il Dio rivelato da Cristo con l’amore, la misericordia e il perdono e attribuisce alla persona umana piena libertà di coscienza, giacché l’uomo è stato creato libero.

Egli non ha messo mai in discussione i dogmi, dai quali sempre partono i tradizionalisti, anche se ne parla il meno possibile andando al di là della loro formulazione, giungendo persino, in modo sconvolgente per alcuni, ad affermare fra le altre cose incomprese: “Dio è al di sopra di queste letture e per questo dico che non è cattolico ma universale” e chiarisce: “Dio è di tutti e ciascuno lo legge a suo modo. Per questo dico che non è cattolico perché è universale” e ancora ribadisce che “Dio è misericordia e amore per gli altri e che l’uomo è dotato di libera coscienza di sé”.

Se leggiamo attentamente la sua “Evangelii Gaudium” egli parla di ciò di cui nella Chiesa bisogna più tenere conto. Egli, quindi, si sofferma sul ruolo positivo e creativo delle donne nella Chiesa; sull’importanza dei Sinodi dei quali il Papa fa parte in quanto Vescovo di Roma; sull’autonomia delle Conferenze Episcopali; sull’importanza delle parrocchie e degli oratori sul territorio; sulla politica intesa come visione del bene comune e della libertà per chiunque di utilizzare lo spazio pubblico per diffondere e confrontarsi con le idee altrui.

Parla anche delle diseguaglianze che vanno diminuite: “Io non ce l’ho con i ricchi, ma vorrei che i ricchi si dessero direttamente carico dei poveri, degli esclusi, dei deboli”.

Non trascura di parlare del papato quando dice: “È necessaria una conversione del Papato perché sia più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli. Non bisogna aver paura di abbandonare consuetudini della Chiesa non strettamente legate al Vangelo. Bisogna essere audaci e creativi abbandonando una volta per tutte il comodo proverbio “Si è sempre fatto così”. Bisogna non più chiudere le porte della Chiesa per isolarci, ma aprirle per incontrare tutti e prepararci al dialogo con altri idiomi, altri ceti sociali, altre culture.

Questo è il mio sogno e questo intendo fare”.

Sembra proprio perentoria la volontà di Papa Francesco, anche se il lavoro da svolgere nella Chiesa non è solo difficile e non da tutti i cattolici compreso, ma deve continuare con il suo successore e dopo.