Sta per uscire nelle sale cinematografiche l’ultimo film di Peter Jackson, "Hobbit: un Viaggio Inaspettato" prologo del Signore degli Anelli, il capolavoro di John Ronald Reuel Tolkien. Il Signore degli Anelli come tutti sanno è una delle maggiori opere della letteratura mondiale, oltre che uno dei romanzi più letti come confermano le oltre 100 milioni di copie vendute in oltre 30 lingue diverse. Anche i 3 film precedenti (La Compagnia dell’Anello, le Due Torri e il Ritorno del Re) hanno confermato un successo fuori dal comune e il 4° episodio (che poi nell’idea di Tolkien era il prologo) si appresta ad eguagliare analogo successo di pubblico e di critica. Il film esce in un momento particolare, nel mezzo di una guerra finanziaria planetaria che è figlia di una crisi antropologica e di valori; mi è capitato di cogliere in coloro che apprezzano Tolkien, una certa attesa per la visione del film, quasi che oltre al divertimento si voglia cogliere anche una chiave di lettura dei tempi attuali.
Premetto: come ogni storia che si rispetti anche il Signore degli Anelli è una storia che finisce bene, nel senso che il bene vince sul male. Ma il libro non è la storia infinita della lotta del bene contro il male, o per lo meno non è solo questo. Il Signore degli Anelli è la storia dell’umanità che da sempre, per raggiungere il fine che si è dato deve passare attraverso tante prove e deve superare tante difficoltà. Per capirci, tutti i personaggi che segnano la storia in positivo di questo libro compiono un loro sacrificio personale che però non è un gesto fine a se stesso e senza prospettiva. Grazie infatti alla loro offerta molti personaggi (Aragon, Frodo, Gandalf e tanti altri) riescono in un modo o nell’altro nella loro missione. E la cosa incredibile è che, dopo il loro sacrificio (che poi è il gesto di massimo amore verso qualcun’altro), dopo aver rinunciato alle loro ambizioni, alle loro mete ideali, persino alla loro vita come nel caso di Gandalf, insomma dopo aver rinunciato a tutto, essi diventano "grandissimi", cioè ottengono più di ciò per che avrebbero sperato; quasi una ricompensa del Destino verso chi si è donato per gli altri. Il libro, come il film, non è religioso, anzi la religione non si vede nemmeno con il binocolo, ma il senso della storia è però autenticamente cristiano. Basta capire il ruolo che svolge la Provvidenza, la quale interviene nel momento in cui i protagonisti della storia avevano fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità e pur non di meno stavano per fallire per mancanza di forze. Invece a quel punto interviene un qualcosa di inaspettato e incredibile, un "Impossibile" che salva la situazione e che fa soccombere il Male. E’ un "Impossibile" che però non arriva per caso visto che era stato ricercato, sudato, invocato. Nel romanzo è bellissimo osservare e interiorizzare il combattimento interiore e la libertà con cui ognuno liberamente sceglie da quale parte stare. Così come troneggia in ogni descrizione il progetto che il Creatore ha su ognuno dei personaggi. Personaggi che sono coscienti dei loro limiti ma che sono permeati da quel senso dell’Onore e della Responsabilità che li porta a decidere di dare tutto, pur di contribuire al Bene. E tutto ciò il mitico Gandalf verso la fine dell’opera lo spiega bene: "Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo, terra sana e pulita da coltivare. Ma il tempo che avranno non dipende da noi". Con questa riflessione, vi lascio augurandovi un 2012 pieno di pace e speranza.
Alessandro Pagano