Ogni anno in Italia si aggiungono 385 mila nuovi soggetti ipertesi ai 18 milioni di persone che soffrono di questa patologia, spesso anticamera silenziosa di infarti e ictus. La metà dei malati o non sa di avere la pressione troppo alta o è cosciente dell’anomalia ma non prende farmaci oppure non segue le terapie prescritte. E con la crisi economica c’è il rischio che aumenti il numero di chi non si cura, per non affrontare il costo dei farmaci. ‘Nei prossimi anni prepariamoci a vedere un’epidemia di ipertensione’, avverte Federico Spandonaro, docente di economia sanitaria all’università Tor Vergata di Roma e coordinatore scientifico del rapporto annuale sulla sanita’ Ceis, ad un incontro sulla presentazione di un farmaco, prima associazione fissa tra due molecole per la cura dell’ipertensione (sartano e calcio antagonista), prodotto dalla giapponese Daiichi Sankyo. La pesante congiuntura economica, poi, potrebbe allontanare ancora di più le persone con ipertensione dalle terapie, per l’incrociarsi di due fattori: ‘la difficoltà economica’ e ‘la percezione dell’ipertesione come malattia benigna, non da curare’, precisa Massimo Volpe, docente di cardiologia all’università Sapienza, quindi, in futuro ‘potremmo vedere m più casi di ictus. Di fronte ad un’ampia disponibilita’ di trattamenti – aggiunge Volpe – solo il 25% dei pazienti ipertesi raggiunge i target di controllo pressorio’ eppure basterebbe abbassare di 2mmHg la pressione sistolica per far calare del 7% la mortalita’ per cardiopatia ischemica e del 10% quella per ictus. Infine, con l’uso del farmaco di associazione, secondo Spandonaro, si otterrebbe un risparmio della spesa sanitaria compreso tra 1 e 4 milioni di euro all’anno.