Anche Whitney Houston se n’è andata. La strage prodotta volenti o nolenti dal cosiddetto star system, non sembra avere crisi. Poco prima di lei erano passati a migliore vita (ammesso che nell’aldilà Dio abbia avuto pietà della loro anima) Amy Winehouse e Michael Jackson. Se si dovesse stilare un elenco degli artisti estinti in virtù del classico stile di vita di una star, non basterebbe un libro. Luigi Tenco, Mia Martini, Kurt Cobain, Jim Morrison, Elvis Presley, Sid Vicious, Brian Jones, Andy Gibb, Kurt Cobain, Jimi Hendrix, Freddie Mercury, Stevie Ray Vaughan, e George Harrison, sono solo i più noti. Morti per droga, alcol o suicidio, gli uomini di spettacolo “finiti tragicamente”, costituiscono la prova vivente che la notorietà, la ricchezza, il potere e il successo non riescono a saziare la sete di verità, amore e infinito che alberga nell’anima degli esseri umani. Verità, amore e infinito che non possono essere raggiunti soddisfacendo il portafoglio e il basso ventre, ma curando il rapporto con il trascendente. Ecco il motivo per cui le statistiche hanno appurato che la categoria più colpita dal male di vivere, oltre ai succitati artisti, è quella degli atei e degli agnostici. Se si continuerà a pensare come fanno gli illusi ebbri di materialità e carnalità, vale a dire che la spazzatura offerta dal mondo possa dare un senso all’esistenza umana, prepariamoci ad una società di depressi e aspiranti suicidi.
Gianni Toffali