Legambiente cala gli assi nella partita su Saline Ioniche e lancia il guanto della sfida alla Sei, la società partecipata dalla svizzera Repower che porta avanti il progetto di costruzione di una centrale a carbone. E lo fa con un convegno di livello nazionale in riva allo Stretto, nella settimana del compleanno del protocollo di Kyoto, dedicato alle esperienze concrete della grande industria nella green economy. Ieri a Reggio Calabria, in una sala stracolma, gli ambientalisti hanno definitivamente fugato ogni dubbio: le fabbriche del futuro non sono una favola, ma la nuova frontiera degli investimenti vantaggiosi sia per i privati che per la collettività. Anzi, almeno sul fronte delle energie rinnovabili, quel futuro è già adesso.
Lo ha sottolineato con forza Nuccio Barillà, reggino doc componente della segreteria nazionale del Cigno Verde, nell’annunciare la presenza di due campioni delle rinnovabili: “Anche il Sud e la Calabria possono puntare sull’energia pulita e smarcarsi da modelli di sviluppo ancorati alle fonti fossili, ecco il senso di un incontro di questo livello a queste latitudini”. Lo ha rimarcato Franco Falcone, neo presidente di Legambiente Calabria, nell’introdurre i lavori: “Al congresso di Bari è emersa la scelta strategica del Sud: ambiente e territorio al primo posto. Per essere all’altezza dei tempi, serve un nuovo piano energetico, che bandisca definitivamente il carbone. Ma serve anche coerenza: un Piano Casa come quello della Regione Calabria non va in questa direzione”.
La parola è passata poi ai top manager di due esperienze industriali formidabili, due colossi che investono miliardi in nuove tecnologie sul fronte delle energie rinnovabili, col sostegno di multinazionali del settore. È stato Paolo Martini, direttore sviluppo business dell’Archimede Solar Energy – posseduta dalla italiana Angelantoni Industrie e dalla Siemens – a spiegare con sintesi efficace l’importanza delle fonti alternative: “Se il sole diventasse ricchezza, allora la geopolitica del pianeta sarebbe radicalmente rovesciata”. Ed è chiaro che ai Sud del mondo spetta un ruolo di primo piano. L’azienda umbra produce uno speciale tubo conduttore che permette la costruzione di grandi centrali basate sulla tecnologia del solare termodinamico. Un impianto del genere è stato costruito proprio in Sicilia dall’Enel.
E a pochi chilometri, a Catania, c’è un’altra vera e propria fabbrica del sole: la 3Sun, joint venture tra la Enel Green Power, la Sharp e la StMicroelectronics. Mauro Curiale, top manager dell’azienda, ha ribaltato in poche frasi un mondo di luoghi comuni: “Abbiamo trovato a Catania risorse umane specializzate, infrastrutture, istituzioni sensibili, sinergie industriali, e tanto sole. Ecco, non è proprio vero che non si possa investire al Sud”. L’azienda produce pannelli fotovoltaici basati sulle nuovissime tecnologie delle micro pellicole al silicio, un settore in grande espansione. Tanto che a breve nel Sud Italia “il costo di un kw/h prodotto con le rinnovabili sarà pari a quello prodotto con le fonti tradizionali”. Una rivoluzione in atto, con cui è necessario confrontarsi.
Sindaci e sindacalisti, rappresentanti dei partiti e delle associazioni, uomini delle istituzioni e imprenditori verdi, soprattutto tanti cittadini ad affollare la sala. All’intervento dei due “assi” delle rinnovabili sono seguiti quelli delle migliori esperienze calabresi, come la Neferti e la Fattoria della Piana. Ma anche le relazioni del presidente dell’Ance Calabria, Francesco Cava (che è anche titolare di un’azienda che opera nel settore della bioedilizia), e del professore Corrado Trombetta dell’Università Mediterranea, molto impegnata nel sostegno a quelle realtà che investono in ricerca e sviluppo in tecnologie rivoluzionarie per trarre energia dalle correnti e dalle maree dello Stretto.
Prima delle conclusioni, l’esperto Ilario De Marco ha arricchito il dibattito con cifre eloquenti: la Calabria produce quasi il doppio dell’energia che utilizza, con un incremento costante della produzione (ma non dei consumi) negli anni ’70 e un picco del 30% nell’ultimo quinquennio. Inoltre, un terzo dell’energia è prodotto da fonti rinnovabili (di cui la metà dall’idroelettrico, un quarto dalle biomasse e l’altro quarto dall’eolico, con una piccola quota di fotovoltaico). “Questo vuol dire che il 63% dell’energia consumata in Calabria è prodotta da fonti alternative, una percentuale altissima. Ecco perché nel Piano energetico regionale e nelle altre scelte energetiche – una materia concorrente, in cui dunque lo Stato è obbligato a sottostare alla volontà vincolante degli enti locali – esclude tassativamente il carbone. Non potrebbe essere altrimenti”.
Un assist perfetto a Stefano Ciafani, per anni responsabile scientifico nazionale di Legambiente e neo vicepresidente del Cigno Verde. Nell’anno in cui il protocollo di Kyoto diventa operativo, con il sistema delle sanzioni a chi non rispetta i limiti alle emissioni di gas serra, “l’Italia si presenta all’appuntamento in condizioni molto meno peggiori rispetto alle previsioni di qualche anno fa. E può guardare con ottimismo al 2020”, il termine entro il quale i paesi dell’Ue dovranno ridurre del 20% emissioni e consumi e aumentare altrettanto le fonti rinnovabili. “La crisi – ha chiarito Ciafani – ha comportato una riduzione della produzione. Ma c’è anche un altro motivo: è in atto una vera e propria rivoluzione energetica”. Poi uno schiaffo alle multinazionali che investono in fabbriche del passato: “Oggi abbiamo calato due assi nella partita sul carbone in Calabria. Il nostro – incalza Ciafani – non è l’ambientalismo delle favole, due esperienze come quella della Archimede Solar Energy e della 3Sun dimostrano che sono possibili investimenti colossali in grandi impianti capaci di produrre energia pulita e dare lavoro pulito. Queste esperienze sono una realtà, e addirittura sono presenti a pochi chilometri da Saline Ioniche”. Infine, la sfida lanciata multinazionale elvetica: “Da anni – Chiude Ciafani – chiediamo un confronto pubblico con la Sei, senza ottenere risposta. Oggi, dopo aver ascoltato l’esperienza delle fabbriche del futuro, questo confronto è necessario più che mai. Agli svizzeri chiediamo di non ritirare il miliardo che intendono investire a Saline Ioniche, ma di riconvertire il progetto in chiave ecocompatibile, perché la Calabria ha bisogno di futuro e non di fabbriche del passato”.