Alla scadenza, dell’8 marzo, festa della donna, il Telefono Rosa Piemonte come di consuetudine rende pubblico il report annuale sulle proprie attività, dalle azioni di ascolto e accoglienza in sede, ai servizi esterni di Presenza Amica e Vicino a Te, fino alla co-gestione della casa di accoglienza nel progetto Approdo e nelle attività dello sportello di segretariato sociale. Numeri sempre significativi, dietro ai quali vi sono storie laceranti di persone, donne vittime di gravi e dolorose violenze. Sono stati migliaia i contatti telefonici avuti con il nostro servizio di accoglienza: 531 le prese in carico. Ma per ognuna delle telefonate è stato dedicato un ascolto approfondito, un orientamento primario ai servizi interni (legale, psicologico e/o sociale), un confronto su quali opportunità possano e, vogliamo dire, debbano essere garantite alle donne che chiedono aiuto, orientamento, tutela. Sono 76, nel corso del 2011, le violenze sessuali da noi accolte; 310 le violenze fisiche; 410 quelle psicologiche; 44 i casi di molestia sessuale; 63 le vittime di stalking; 18 i casi di mobbing. Numeri che dimostrano come la violenza non sia unica, ma un insieme di atti prevaricatori che riguardano il corpo, la mente, la sessualità, l’autonomia economica o la semplice libertà delle donne. Numeri che, nel dettaglio, vanno poi a costituire un costo sociale enorme: lesioni permanenti, ferite fisiche, profonde lacerazioni dell’anima e la difficoltà di riprendere in mano la propria vita, comunque invalidata. Molte sono le donne che hanno deciso di non proseguire il percorso. Qualcuna perché intendeva cercare e ricevere solo informazioni orientative: ma, ne siamo certe, anche molte che hanno desistito per paura, per ricatti personali o nei confronti dei figli, per terrore per la loro stessa vita. Apprendiamo dagli organi di stampa che nel 2010 sono state uccise, nel nostro paese, 127 donne, il 6,7% in più dell’anno precedente; e i dati del 2011 parlano di 139 vittime. Nella maggior parte dei casi, gli assassini sono interni alla famiglia o alla relazione. Una donna, la propria figlia, il compagno e l’amico della figlia sono morti nei giorni scorsi per mano di un ex marito “pistolero” che, detenendo un’arma illegale, di certo non può essere considerato assassino casuale. Nella giornata del 4 marzo, vediamo un altro assassino di donne. Mentre scriviamo leggiamo dell’omicidio, ieri, di una donna anziana proprio nella nostra città, ma forse non è un omicidio di relazione. E siamo solo ai primi mesi del 2012! Eppure, dagli stessi mezzi di informazione, con un rigore che vorrebbe essere ritenuto scientifico, apprendiamo che gli omicidi in famiglia sarebbero in diminuzione. Maurilio Orbecchi ha recentemente presentato sull’inserto "TuttoScienze" de La Stampa una propria ricerca, svolta in partenariato con l’Università, su dati non esplicitati, il cui risultato dimostrerebbe che gli omicidi in famiglia sono in netta diminuzione. Non è chiaro quale concetto abbia l’autore di “famiglia”, forse un po’ datato e certamente discutibile. Pare di intravedere nella struttura dell’articolo un orientamento vagamente evoluzionistico: anche se nel nome dello stesso orientamento si afferma che i maschi lottano tra di loro e quindi si uccidono a causa della guerra per la supremazia, e che anche in famiglia ciò avverrebbe, seppur in misura minore, perché i maschi in tale contesto sentono una maggiore competizione femminile. Le osservazioni, di contorno, dagli incerti o inespressi riferimenti scientifici, ci sono sembrate poco significative; molto marginale la considerazione che, a salvaguardia delle linee genetiche maschili, la parentela biologica, nei due terzi dei casi, preserverebbe dall’essere vittime di omicidio. Come negarlo? Infatti, mogli, conviventi, compagne, fidanzate o ex, non hanno nulla di biologicamente condivisibile con l’omicida. Sconcertante il pensiero finale dell’autore, secondo il quale amore, sesso, interesse comune nell’allevamento dei figli sarebbero fattori femminili che attenuano la violenza maschile. Con l’ovvia diretta conseguenza che le donne che uscissero da tale ruolo, tante o poche che fossero, non attenuerebbero ma anzi enfatizzerebbero gli eventuali comportamenti violenti del maschio dominante. Inutile osservare che l’esito della ricerca, forse inadeguatamente sintetizzato, è poco condivisibile, anche per procedure scientifiche francamente sfuggenti. Ma non è questo lo scopo della nostra citazione: chiunque scrive ciò che crede corretto e se ne assume la piena responsabilità, etica prima che deontologica o professionale. In onore e memoria delle donne morte ammazzate in famiglia e nella relazione e di quelle che probabilmente purtroppo ancora lo saranno nel prossimo futuro, pensiamo che dietro ai numeri e alle statistiche, sempre opinabili, vi siano persone, e che 1, 10 o 1000 di esse hanno perso la vita per il loro semplice desiderio di essere persone. Da tempo il Telefono Rosa cerca anche di individuare quali sono i meccanismi tipici della vittimizzazione femminile; e anche quali siano gli indici di recidiva che più di altri possono mettere in allarme. Perché nei confronti delle tante donne che entrano in contatto con noi, ormai abbiamo una sola priorità: poter sperare che a distanza di giorni o di settimane restino almeno vive! Lavorando perché nel futuro questa attuale tragica tendenza assassina possa almeno mitigarsi, si rinnova l’impegno del Telefono Rosa Piemonte nei confronti dei giovani e del mondo della scuola: in allegato, oltre alla sintesi dei dati 2011, anche il manifesto promosso per sensibilizzare ragazze e ragazzi. Che almeno loro, capaci di futuro, sappiano superare pregiudizi e convinzioni sbagliate. Ogni donna uccisa è un lutto per ciascuna di noi, per tutte le donne, per gli uomini che invece sanno amare e rispettare le proprie compagne, per la società che non sa proteggerle: per questo nella giornata dell’8 marzo porteremo il lutto al braccio.