
Le esperienze che ognuno di noi ogni giorno vive, se condivise possono, a volte, mandare messaggi positivi, aiutare un animo perso, una mente confusa, un amore problematico o più semplicemente far riflettere. Stasera racconto io due ore della mia vita disegnate in poche parole.
E’ qui seduta a due metri da me.
I suoi capelli neri, anzi nerissimi e perfettamente intrecciati scendono sul lato destro del viso e accarezzano la spalla e la pelle sino ai seni.
Non avevo mai incontrato nella mia vita tanta contraddizione.
Tanto dolore e tanta gioia lottare nello stesso animo.
Contraddizione che scopri anche nel guardare le sue fattezze,una indiana d’America con la pelle bianco latte.
Di giorno audace e illuminata dottoranda in psicologia, la notte in balia delle sue paure e del suo desiderio di essere amata.
Vispa ricercatrice della conoscenza prima, e di poi inerme anima in cerca dell’ennesimo bicchiere di rum.
Amare due uomini, dice essere il suo problema.
Non amare nessuno e nemmeno se stessa, Le sentenzio io, quasi bluffando.
E continuo a non capire, a non andare oltre quel bicchiere che cerco di toglierle.
Ma non ci riesco.
Forse le mie stesse paure, forse la mia vita mi scorre inesorabile davanti e mi rivedo in Lei.
Io che ho iniziato così tardi a peccare.
Lei che a ventidue anni ha già voglia di farla finita, e può insegnarmi a soffrire e ad essere quell’uomo che non sono e che già avrei dovuto essere.
Uso metafore, analogie, e parole quiete, ma dentro sono io che piango e vedo nei suoi fallimenti i miei.
Lei che si sente arrivata così presto, quando ha ancora una vita davanti, io che arrivato non mi sento per nulla ed ho molto meno da vivere di Lei.
Mi sta guardando, mentre scrivo, scuote un po’ la testa con gli occhi quasi dormienti.
I piedi scalzi ed una sigaretta in mano che credo non accenderà mai.
La ammiro, ha vissuto in ventidue anni quello che penso io non vivrò mai per fortuna.
Felice per le piccole cose come tutti dovremmo essere, ansiosa per il suo futuro come mai lo sono stato io, generosa con il suo presente perché viverlo è un dono, altrimenti perché si chiamerebbe così?
Generosa, disponibile calamita. Attira tutto il dolore degli altri e lo fa suo. Lo macina dentro di se, ci soffre, cerca di aiutarti, di stimolarti, di erigersi a paladina delle tue paure e poi piange.
E si strugge in un dolore sovrannaturale, consapevole e fiero.
Mi permetto di dirLe, che i Santi dei Cristiani porgono l’altra guancia, mi risponde: “io Amo Tutti.”
Così come l’ho scritto io minuscolo, Amo e Tutti rigorosamente maiuscolo.
Forse mai mi era successo di dare cosi peso, scrivendo, alla grandezza di una lettera, ma lo dovevo, a Lei e a me stesso.
Di rado il Suo lungo occhio sbircia, non sa cosa scrivo, e credo non lo immagina nemmeno.
Il suoi pensieri vagano come i suoi occhi, erranti nel vuoto di questo ampio salotto.
Vorrei cambiare i suoi passi, ma non ci riuscirei mai.
Vorrei donarle quello che merita, ma non lo farò mai.
Vorrei amarla per l’amore che dona agli altri, ma non la amo.
Vorrei amarla di nuovo per l’amore che mi dona, ma non la amo.
Vorrei stringerla forte e donarle tutto il mio cuore, e questo lo farò, ma sarà solo l’abbraccio e l’amore di un istante che la renderà dopo più vuota di prima.
Sono troppo codardo per amare chi se lo merita, e troppo vigliacco per ammettere che domani Lei sarà soltanto un ricordo che mi avrà trafitto il cuore e insegnato un po’ di più ad amare.
Troppo meschino e infantile per dirLe: sai, non ti Amo.
Ferdinando Zarr