IO SONO NESSUNO… CHE FORTUNA!

Quante volte l’abbiamo dovuta ingoiare questa frase volgare, antidemocratica: “LEI NON SA CHI SONO IO” la pronunciò Totò nel film "Totò a colori" apostrofando l’onorevole Trombetta e suscitando simpatia. E a questi signor nessuno avremmo voluto rispondere: Sì, un cretino! Quando qualche arrogante presuntuoso si fa forte con queste affermazioni a noi scappa da ridere. Vorremmo dire: ci scusi, ma più che un cretino altro non è. Non ci sono mai piaciuti i buffoni e i prepotenti, dunque il suo “LEI NON SA CHI SONO IO” lo metta in quel posto dove non batte il sole… Il “LEI NON SA CHI SONO IO” è tipica dei presuntuosi, degli ignoranti, dei cialtroni, di tutti coloro – insomma – che non hanno la minima idea di cosa sia l’educazione, il rispetto, il dialogo. In una parola il viver civile. Accade per strada come nelle Istituzioni: le cronache dei giornali son piene di queste zuffe verbali, purtroppo. Il “LEI NON SA CHI SONO IO”, rappresenta l’ignoranza della persona che la pronuncia, il difetto di essere normale, umile, educato. L’abbiamo dovuta ingoiare spesso per quieto vivere, altre volte perché conveniva andare oltre; l’abbiamo dovuta cancellare dalla nostra mente perché quell’amministratore, quel giudice, quell’essere maleducato era il simbolo del potere, del ricatto morale, della cattiveria. L’abbiamo dovuta metabolizzare per amore della famiglia, per tenerci il lavoro, la casa, uno straccio di precariato universitario. Il “LEI NON SA CHI SONO IO” è dunque il simbolo del dissesto, del degrado, della fine di una comunità. Oggi, per fortuna, c’è un giudice a Roma: il “LEI NON SA CHI SONO IO” può bastare per far scattare una condanna per minaccia. Era ora, finalmente! L’afferma la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n.11621/2012 spiegando che si tratta di un’espressione in grado di limitare la libertà psichica dell’interlocutore attraverso la prospettazione di un pericolo che un male ingiusto possa essere procurato alla vittima. Il giudice dichiara ”è irrilevante l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente”. Tale limitazione alla libertà, secondo la Corte, costituisce elemento essenziale del reato di minaccia. Non è necessario, si legge nella sentenza, "che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest’ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire" ed è del pari irrilevante il fatto che il male minacciato sia indeterminato. Nella stagione dei dubbi, delle incertezze, il “LEI NON SA CHI SONO IO” ci regala una boccata d’aria pura: il resto è solo cialtroneria.