LA CARITAS IN VERITATE CONTRO LA TECNOCRAZIA

Riprendo il commento dell’enciclica Caritas in Veritate del professore Massimo Introvigne pubblicata da Cristianità (n.353/2009). La tecnocrazia promette anche la pace, presentata come un prodotto tecnico, che prescinde dai valori, ben presto però si rivela un’illusione e un inganno. Il volto minaccioso della tecnocrazia si registra nel campo della bioetica, è qui che si gioca il pieno sviluppo integrale dell’uomo. “Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio”. Il futuro dell’uomo, appare molto incerto, i nuovi potenti strumenti che ha a disposizione sono abbastanza inquietanti. “Alla diffusa, tragica, piaga dell’aborto si potrebbe aggiungere in futuro, una sistematica pianificazione eugenetica delle nascite”. Sul versante opposto si fa strada una mens eutanasica, la vita in determinate condizioni viene considerata non degna di essere vissuta. Si insinua nella società una vera e propria cultura di morte.
“Chi potrà misurare gli effetti negativi di una simile mentalità sullo sviluppo?” Si chiede Benedetto XVI. Il peccato dell’uomo si manifesta nella mentalità antinatalista, in una erronea educazione sessuale dei giovani, fino a indurre molti, nonostante la scienza economica lo neghi, a “considerare l’aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo”. Piuttosto è vero il contrario.“Grandi Nazioni hanno potuto uscire dalla miseria anche grazie al grande numero e alle capacità dei loro abitanti. Al contrario, Nazioni un tempo floride conoscono ora una fase di incertezze e in qualche caso di declino proprio a causa della denatalità, problema cruciale per le società di avanzato benessere”. Il Papa evidenzia chiaramente che la diminuzione delle nascite, mette in crisi anche i sistemi di assistenza sociale e tutte le altre conseguenze, come la disponibilità di lavoratori qualificati, minore possibilità di “cervelli”, ecc.
Sono sintomi evidenti di scarsa fiducia nel futuro e di stanchezza morale. Pertanto, per Benedetto XVI riproporre alle nuove generazioni la bellezza della famiglia e del matrimonio, diventa una necessità sociale, e perfino economica (dedicato a chi per decenni ha predicato l’amore libero e il gaysmo).
Affrontando il tema del Mercato e della Finanza, il Papa sostiene che gli effetti perniciosi del peccato si manifestano anche nell’economia, è evidente in questi momenti, dove l’uomo fa coincidere la felicità e la salvezza “con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale”. In questo modo sono nati sistemi sociali, politici, ed economici che hanno privato la libertà personale e i corpi sociali. Tuttavia l’”agire economico”, non deve essere considerato un aspetto antisociale.
“La società non deve proteggersi dal mercato”, anche se a volte quest’ultimo, può essere orientato in modo negativo. La colpa è degli uomini che usano l’economia e la finanza in maniera egoistica. La finanza è uno strumento legittimo, quando è “finalizzato alla migliore produzione di ricchezza ed allo sviluppo”, oggi, però, afferma il Papa, “il suo cattivo utilizzo ha danneggiato l’economia reale”. Pertanto, la finanza, deve tornare ad operare “al sostegno di un vero sviluppo”. Ma come tornare alla prospettiva dello sviluppo integrale? Il mercato, per funzionare, non ha bisogno solo di regolare scambi di beni, ma di fiducia. Come si stabilisce la fiducia? Il Papa ha una soluzione originale: la riscoperta del dono. La crisi economica di oggi, secondo Benedetto XVI, sembra insegnare che “mentre ieri si poteva ritenere che prima bisognasse perseguire la giustizia e che la gratuità intervenisse dopo come un complemento, oggi bisogna dire che senza gratuità non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia”.
Più avanti il Papa si occupa di etica per l’impresa, descrivendo negativamente quella “classe cosmopolita di manager che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fatto i loro compensi”. Il Papa invita chi opera in campo economico a privilegiare la programmazione a lungo termine rispetto alla smania di profitto a breve termine. E l’impresa deve tenere conto non solo dei proprietari ma anche dei lavoratori, dei clienti, dei fornitori. Quest’ultimi, spesso subiscono ritardi nei pagamenti e quindi finiscono per fallire. L’enciclica affronta il tema degli aiuti ai Paesi poveri, il Papa mette in guardia dagli inganni e dagli equivoci. Qui si dovrebbe applicare il principio di sussidiarietà. Sia nei Paesi poveri che in quelli ricchi, “(…)la solidarietà senza la sussidiarietà scade nell’assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno”. Il Papa invita a denunciare gli sprechi e le inefficienze. Benedetto XVI è fortemente critico nei confronti delle organizzazioni internazionali che attraverso i loro apparati burocratici e amministrativi spesso troppo costosi, sono mantenuti in vita, non tanto, per aiutare i poveri, ma per mantenere se stessi. Per quanto riguarda la politica dell’emigrazione, il Papa ci ricorda che è una “gestione complessa”, anzi è una “sfida drammatica”, non esistono soluzioni sbrigative. “Siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale (…) ”in particolare tra i Paesi da cui partono i migranti e i paesi in cui arrivano. A questo proposito Benedetto XVI è convinto che “nessun paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo”. Bisogna rispettare sempre i diritti fondamentali della persona che emigra e le esigenze delle “società di approdo”.
Il Papa poi fa riferimento a una corretta ecologia dell’ambiente che non può prescindere da quella dell’uomo. Natura e uomo, creati da Dio, formano un binomio inscindibile. Il Papa condanna sia gli “atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo”, di certo ecologismo, sia gli atteggiamenti, di “completa tecnicizzazione dell’ambiente”. “Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale (…) si finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale”. Il Papa è molto critico su questo aspetto, “è una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto dell’ambiente naturale, quando l’educazione e le leggi non le aiutano a rispettare se stesse. Il libro della natura è uno e indivisibile(…)”.
Benedetto XVI conclude affermando che senza Dio non vi può essere vero sviluppo. Senza Dio, abbiamo tanti uomini soli, in preda alla disperazione, anche se si trovano in chiassose compagnie. L’uomo è solo ed ha perso la capacità di percepire la compagnia di Dio.
Ho cercato di sintetizzare il più possibile, spero di essere seguito fino alla fine, anche se i miei ne dubitano fortemente…

Alla prossima lettura

DOMENICO BONVEGNA