Nell’imminenza delle prossime elezioni presidenziali USA, tutti i candidati hanno asserito di credere in Dio e di ispirarsi ad esso. In Italia invece, mai è accaduto che un solo personaggio politico facesse pubblica ammissione di fede. Peggio: mentre i reggenti americani nei loro interventi non si vergognano di “mischiare” l’Altissimo” alle “cose umane, i governanti italiani fanno a gara nel riempirsi la bocca della parola laicità. Peccato che il concetto di laicità, vale a dire la distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, sia stato totalmente svuotato della sua concezione originaria confermata e voluta da Gesù stesso in persona. La declamata suprema laicità dello Stato non significa epurazione di ogni forma di religiosità simbolica o reale dal panorama pubblico (proposito non palesemente dichiarato, ma fortemente auspicato dai laicisti, dai marxisti e dai continuatori della Rivoluzione Francese), ma esattamente il suo contrario. Ovvero la valorizzazione di tutte le espressioni religiose di un Paese. Chi si vergogna a citare il creatore dell’universo, deve avere la consapevolezza che “i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce” (Luca 16, 1-8). Scaltrezza e furbizia che si è tradotta nella deliberata manipolazione del principio di laicità dello stato in chiave anticattolica ed anticlericale. Come la storia ha ampiamente dimostrato, le “cose umane laiche” ed anche i cosiddetti valori civili (in primis l’aborto) hanno partorito unicamente morte, miseria ed ingiustizia. L’uomo non è un animale “materiale”, ma un essere corporale e spirituale che non si deve vergognare di impetrare grazie e benedizioni a chi l’ha creato.
Gianni Toffali