Egregio Direttore,
nel coro di ovazioni levatosi dopo la morte del Card. Martini mi preme rilevare, oltre alle sue doti integerrime di uomo di fede, la sua posizione che definirei “scomoda” non tanto per coloro che stanno fuori dalla Chiesa quanto per quelli che nella Chiesa dicono di starci pur contravvenendo, spesso anche sistematicamente, ai principi cristiani (amore per il prossimo – il “farsi prossimo” del Cardinale appunto -, non rubare, non ammazzare -inteso in senso estensivo- ecc. ecc.), insomma a tutti quei principi fondamentali della morale cattolica, e non solo di essa, rispettando i quali la società odierna non sarebbe caduta così in basso.
La sua grande cultura, la sua alta statura morale, il suo “carisma”, il suo porsi dignitoso ma umile, il suo essere “super partes”, la sua apertura alle altre religioni, ai laici e ai non credenti (coi quali ha sempre ricercato il dialogo e non lo scontro), il suo costante e disinteressato interesse per i problemi sociali e della persona umana, indipendentemente dal colore politico o dal credo religioso, dovrebbero essere un punto di riferimento costante di vita e di lavoro per tutti coloro che fanno politica od operano nelle Istituzioni, e forse anche per certe alte gerarchie della Chiesa. Il “bene comune” cui dovremmo tutti aspirare, e in cui si inscrive anche il bene individuale, dovrebbe sempre costituire la meta cui tendere nelle nostre azioni: questo il messaggio che il Cardinale ci ha costantemente lanciato. Ma che purtroppo solo in pochi hanno recepito.
Giovanni Dotti