Egregio Direttore,
La vicenda dell’attentato alla Ambasciata americana di Bengasi sembra in parte legata al film su Maometto, considerato "blasfemo" dai musulmani. Se anche non credo che ne sia la causa principale, ha costituito comunque un pretesto per riscaldare gli animi e riaccendere la miccia di una guerra contro gli Americani che da sempre cova sotto la cenere in molti ambienti politico-religiosi conservatori e intransigenti del mondo arabo (del "fondamentalismo islamico" come si usa dire). Ben sapendo tutto ciò perché il Governo americano permette la produzione e la diffusione di film che possono suonare oltraggiosi per gli Islamici più osservanti, una vera e propria "provocazione" foriera di risposte tumultuose e imprevedibili. Già in un recente passato si sono visti casi simili (Rushdie, vignette su Maometto) con le loro negative conseguenze.
Forse che l’America permette tutto ciò in nome della LIBERTA’, di parola e di espressione: ma è questa una concezione della "libertà" male intesa, perché non tiene conto del rispetto delle opinioni degli altri, soprattutto in campo religioso. E’ una interpretazione troppo superficiale della libertà, che pensa che la "propria" sia un bene assoluto e che non si debba fermare là dove comincia quella degli altri. Le conseguenze di questa "superficialità" sono gravi, riacuiscono le incomprensioni reciproche anziché agevolare il dialogo e l’integrazione tra popoli e comunità di culture diverse.
Giovanni Dotti