Obama vs Romney: come un referendum sulla guerra in Iran

Correva l’undicesimo anniversario dall’11 settembre, e Obama dichiarava che adesso il mondo era un luogo più sicuro, ma come una doccia fredda, arriva l’attentato di Bengasi, costato la vita a quattro funzionari, tra cui l’ambasciatore Usa in Libia. Le parole del presidente americano sono così state immediatamente smentite dagli ultimi traumatici avvenimenti. Credo che il mondo non sia più sicuro rispetto a undici anni or sono, a parte l’attentato libico, tutto il Medio Oriente è in fermento: dalla stessa Libia, alla Tunisia, all’Egitto, fino ai drammatici eventi che stanno interessando la Siria in questi ultimi mesi.

A peggiorare la situazione già satura, ci sono le minacce di Israele nei confronti dell’Iran: un attacco verso le postazioni nucleari che rischia di destabilizzare in modo definitivo il precario equilibrio mediorientale. Nonostante gli Usa abbiano espresso parere contrario a un intervento militare, e Obama si sia abilmente smarcato dall’incontrare il premier sionista Netanyahu. Tuttavia Israele sembra determinato, anche se le conseguenze potrebbero essere devastanti, innescando una serie ritorsioni militari e attentanti terroristi difficilmente gestibili.

Intanto si avvicinano le elezioni presidenziali Usa di novembre, e dalla scelta tra i due candidati Mitt Romney e Barack Obama, potrebbe dipendere l’eventuale inizio delle ostilità contro l’Iran. Non è un mistero, infatti, che Romney abbia dichiarato che nel caso in cui fosse eletto, gli Stati Uniti non farebbero mancare il proprio apporto bellico a Israele; Obama invece ha sempre mostrato ostilità verso un’ipotesi simile. Insomma le presidenziali a stelle e strisce sembrano materializzarsi come una sorta di referendum pro o contro l’intervento in Iran.

Fabrizio Vinci
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