Per chi è addetto ai lavori nell’ambito della Giustizia, non è un fatto inusuale, ma per il cittadino comune, che di giustizia e giurisprudenza ne sà quel poco che può aver imparato a scuola o nella scuola della vita, è l’ennesimo mattone di incertezza della pena e del diritto: cioè vivere alla giornata in un continuo disagio nei rapporti tra il proprio quotidiano e le istituzioni. Stiamo parlando delle sentenze della magistratura che, rispetto a specifiche interpretazioni dei giudici, su questioni simili possono esprimere giudizi diametralmente opposti.
“La legge è uguale per tutti”, è la scritta che troneggia alle spalle degli scranni dei giudici. Ma sempre più persone si sono fatte la convinzione provata che così non è. E’ anche il caso della legge sulla droga, la cosiddetta Fini-Giovanardi. Che, è bene ricordarlo, fu approvata nel decreto Olimpiadi del 2006, con un Parlamento che quindi parlava di altro e perchè su di essa non si potesse sviluppare un dibattito nella sede legislativa più opportuna (doveva essere approvata di nascosto!). La Corte di Cassazione, negli ultimi due giorni ha emesso due sentenze dove una dice, per il cittadino comune, il contrario dell’altra. La prima sostiene che non è reato il consumo di gruppo, la seconda che farsi uno spinello col proprio compagno è reato. Le differenze, in sentenza, ci sono. La prima conferma che non è reato il consumo di stupefacenti e si ferma; la seconda che è reato la cessione di sostanza illecita, ravvedendo nel passaggio dello spinello tra amanti il reato di cessione. Logica vorrebbe che uno si domandasse: ma quelli che fumavano in gruppo, non si passavano lo spinello?… Misteri della giurisprudenza! Una materia delicata, per gli individui e per lo Stato, non può essere lasciata praticamente alla sola giurisprudenza e alla “fortuna” di finire nelle grazie di un giudice piuttosto che un altro.
Stiamo parlando di:
– milioni di cittadini che ogni giorni si fanno uno spinello;
– migliaia di personale delle forze dell’ordine dedite giornalmente a queste questioni;
– centinaia di giudici chiamati a esprimersi per illeciti, nonchè piccola e grande criminalità indotta;
– miliardi di euro gestiti dalla malavita organizzata transnazionale, dove il ruolo di quella italiana è tutt’altro che di secondo piano;
– modelli schizofrenici di comportamenti istituzionali che danno un gigantesco contributo alla disaffezione dei cittadini verso lo Stato e i suoi amministratori.
– modelli istituzionali di comportamento che fungono da esempio culturale e pratico nella quotidianità di amministrati e amministratori.
Una delle tante questioni in cui noi italiani (in ottima compagnia in quasi tutto il mondo, con alcune lodevoli eccezioni come in Olanda) siano specializzati nel far male a noi stessi, alle generazioni future e alle istituzioni. Una questione in cui si contano sulle dita di una mano coloro che -a parole- dicono di voler affrontare e almeno sperimentare forme diverse di approccio non-punitivo. Noi, intanto, registriamo queste ennesima stortura della nostra società civica e giuridica.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc