Passata la piena, il Parco Archeologico di Sibari diventa ancor più una priorità, per evitare che la vicenda sia gestita all’italiana, e cioè tutto torni ad una disastrosa “normalità” fatta di inefficienza, abusivismo, scarico di responsabilità. Si è provveduto finalmente al sequestro dell’area attorno al fiume Crati, colonizzata dagli agrumeti, un’occupazione che ha portato all’esondazione e all’allagamento dell’area archeologica. Un sequestro che arriva, però, a cose fatte. E che non nasconde l’enorme falla gestionale della Provincia di Cosenza e della Regione Calabria. Anche perché, come puntualmente segnalato da Legambiente Calabria, quegli agrumeti nell’alveo del fiume stanno lì dal 2008. Altra notizia positiva riguarda l’avvio di una prima fase di ripristino dell’area, per la quale sono in arrivo fondi ministeriali. E in una fase ulteriore, come gli “angeli del fango” dell’alluvione di Firenze del ‘66, anche i giovani volontari di Legambiente faranno la loro parte per le bellezze di Sibari.
Superata l’emergenza, è l’ora delle responsabilità. Non ha dubbi la direttrice del Parco Archeologico di Sibari Silvana Luppino, contattata per avere lumi sulla vicenda: “Non è nostro compito curare la pulizia degli argini o segnalare eventuali criticità, la legislazione regionale parla chiaro: l’ente Provincia e l’Afor hanno la piena responsabilità”. Senza dimenticare la Protezione civile regionale, che dovrebbe intervenire tempestivamente in ogni emergenza: “Ci hanno dato solo un piccolissimo aiuto – spiega la Luppino – mettendo a disposizione dei volontari intervenuti con delle idropulitrici… Pensavamo che un organismo del genere fosse pronto per ogni evenienza, ma ci dicono di non avere i messi idonei…”. Un’amara sorpresa che mette a nudo le drammatiche lacune del sistema.
«La mancata messa in sicurezza del territorio – dichiara Andrea Dominijanni, vicepresidente di Legambiente Calabria – è sicuramente una delle cause di questo disastro. Esempio emblematico della dolosa assenza di controllo del territorio, la presenza nel letto del fiume Crati di agrumeti addirittura impiantati già all’epoca dell’alluvione nel 2008, e di altri di nuova collocazione. Per il rilancio dell’area archeologica occorre un piano di risanamento dell’area a medio e lungo termine e ovviamente un’adeguato stanziamento delle risorse».
Nei giorni scorsi, nell’aderire all’appello pro-Parco di Sibari inoltrato a Napolitano, Legambiente con il presidente nazionale Vittorio Cogliati Dezza ha richiamato l’attenzione sulla necessità in Italia di una legge che difenda la bellezza e la valorizzi. «La bellezza è la principale caratteristica che il mondo riconosce all’Italia. Scommettere anche in Calabria sulla bellezza non è un vezzo – conclude Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria – è la chiave per immaginare un futuro oltre la crisi. Lì stanno le nostre radici, la nostra identità, e da lì dobbiamo partire per costruire il nostro sviluppo».