Sui giochi cambia la scelta degli italiani e per lo Stato calano gli incassi

E’ un quadro molto dettagliato, quello esposto alla conferenza stampa “Mettiamoci in gioco”, da Maurizio Fiasco (Consulta Nazionale Antiusura) sul mercato dei giochi in Italia. Fiasco ha analizzato i dati di raccolta, delle vincite e delle entrate erariali degli ultimi anni, partendo dal 2001, anno in cui gli italiani spesero per dare la caccia alla fortuna 19,5 miliardi di euro, fino al 2012, in cui la raccolta si è attestata sugli 84 miliardi, mentre all’Erario sono andati circa 8,4 miliardi e alla filiera 8,6 miliardi. Dalla cosiddetta “tassa della fortuna”, quella cioè del 6% applicato all’eccedenza dei 500 euro delle vincite superiori ai 500 euro, sono arrivati ulteriori 55 milioni. Ma cosa è cambiato negli ultimi 15 anni nel mercato dei giochi “made in Italy”? Secondo Maurizio Fiasco, fino al 1998 “il sistema pubblico di gioco d’azzardo dava vincite significative o iperboliche”. La Lotteria della Befana, il Totocalcio e il Lotto erano i giochi che facevano sognare gli italiani. L’organizzazione dei giochi era “leggera”, vale a dire “poco costosa per lo Stato, con percentuali elevate di introiti per l’Erario, con minori occasioni di vincita ma con premi unitari più elevati, con vincite significative stabilizzate attorno al 20-25% della spesa e con il restante che rappresentava quote popolari”. Nello scorso anno, le vincite unitarie superiori ai 500 euro sono state l’1,08% del payout complessivo. Secondo Fiasco quindi il “risultato è paradossale: le vincite con rilievo cognitivo (quelle superiori a 500 euro) sono di molto inferiori a quelle registrate nella metà degli anni ’90). Si gioca spesso, si gioca facile, si ha un feedback positivo (“si vince spesso”), si ha un ritorno facile ma si vince sempre di meno. Si spende di più e si vince di meno. I consumi reali delle famiglie sono diminuiti dell’8,4%” – sottolinea inoltre Maurizio Fiasco – senza un drastico, progressivo e autorevolmente governato rientro dall’inflazione del gioco d’azzardo, diverrà attuale il rischio di una bolla finanziaria e resterà impedita ogni vera misura per trattare le sofferenze sociali e familiari provocate dalla crisi. Peserà sempre di più sul sistema bancario il fenomeno delle insolvenze, da quelle familiari a quelle delle imprese e si continuerà a generare dei moltiplicatori negativi invece di selezionare e governare un complesso di moltiplicatori positivi. Ma come si è arrivati agli attuali volumi di gioco, considerando che in Italia tra il 2007 ed il 2012 c’è stato un aumento del 120%, mentre nello stesso periodo, in Francia, l’aumento è stato inferiore al 4%? “L’irrompere dei giochi online di massa – espone Fiasco – con i quali cambia la quotidianità di milioni di famiglie”. Fino al 31 agosto scorso, “si erano giocati online oltre 10 miliardi di euro (+48% sul 2011), con un payout dell’88% per i giochi d’abilità e del 97% per i giochi da casinò ed il poker. Per lo Stato sono rimasti 18 milioni di euro”. Praticamente mentre la raccolta cresce a dismisura, le entrate erariali calano ed i ricavi per la filiera rimangono stabili. Secondo Maurizio Fiasco, i giochi “in attivo per lo Stato”, vale a dire quelli che in termini assoluti di valori percentuale o di raccolta, sono solo le “Newslot, Lotterie e Gratta e Vinci, Lotto e SuperEnalotto/WinForLife, che restituiscono all’Erario, rispettivamente, il 12,6%, il 16,5%, il 27% ed il 44,7%”. In passivo per lo Stato invece, le “Vlt (che per lo Stato valgono il 2%), il Bingo (11% su una raccolta però di 1,9 miliardi), i giochi a base ippica (4,8%) e a base sportiva (4,6%), gli skill games (3%) e casinò games e poker online (0,60%)”.