Avevo promesso a me stesso che avrei finito di leggere e quindi recensire l’interessante volume di Tommaso Romano sul marchese Vincenzo Mortillaro in occasione del 152° anniversario della resa della Real Cittadella di Messina. Leggere un libro non è attività semplice, è un “lavoro faticoso di apprendimento, assimilazione di elaborazione, si tratta di una sorta di “presa d’atto” del testo, da fare in tranquillità e serenità, magari seduto su una scrivania per delle ore. Mi viene in mente Paola Mastrocola, quando descrive, facendo riferimento agli studenti, il concetto di studio, nel suo “Togliamo il disturbo”. Scrivevo ricordare il 12 marzo 1861, l’ultimo presidio del Regno delle Due Sicilie, caduto dopo mesi di bombardamenti dell’esercito sabaudo. In queste ore, come ogni anno a Messina, numerose associazioni stanno celebrando l’importante evento. A volte anche gli anniversari sono inutili. Succede quando ci riportano alla mente figure ingiustamente messe da parte con il passare del tempo: allora si che vale la pena togliere un po’ di polvere e riprendere in mano le loro storie. Può capitare di ritrovare nel loro messaggio un’attualità del tutto inaspettata. E’ il caso del marchese Mortillaro, cattolico e tradizionalista, intransigente e filo borbonico fino all’ultimo, nato nel 1806 e morto nel 1888. Nel libro di Tommaso Romano, “Contro la Rivoluzione la fedeltà. Il marchese Vincenzo Mortillaro cattolico e tradizionalista intransigente (1806-1888) edito da ISSPE (Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici), nel 2011. troverete tutte le notizie sulla vita politica ma anche culturale di quest’uomo straordinario, ingiustamente condannato all’oblio dalla storiografia ufficiale. Il libro è introdotto da Paolo Pastori, per una rilettura della nostra storia nazionale, al di là di antichi e recenti manierismi celebrativi, intende essere una riflessione critica e argomentata dal marchese di Villarena nei primi decenni dell’Unità. Il testo è “una re-volutio apparentemente ‘solo’ documentaria-storiografica, poiché in sostanza è una seria e motivata proposta di recupero, di un ritorno ai primi principi della politica”. Infatti l’opera del marchese può rappresentare una degna testimonianza capace di indicarci strade preziose per quanto riguarda il riconoscimento della vita politica odierna. L’opera di Romano consta di tre parti iniziali e di un’antologia di alcune opere salienti del marchese Mortillaro, una silloge antologica, scrive Pastore, che vuole rappresentare un “significativo riconoscimento ai tanti eroi sconosciuti del nostro Risorgimento, sulle cui opere è passata quella che Joseph De Maistre diceva essere stata una ghigliottina delle reputazioni prima ancora che delle teste”. E’ indubbio che Mortillaro ha subito, come tanti altri, una “coltre di silenzio”, come a coprire una sorta di fossa comune del ‘pensiero forte’, alla fine di una battaglia (o di una rappresaglia) in cui si liquidano rapidamente gli inimici (più che hostes) gettandoli li ammucchiati e senza nome, in una fretta in cui – su improbabili pietas, disgusto o rimorso – prevale la ricerca di future impunità”. L’opera di Romano, certamente, rappresenta un modo di strappare dal Limbo di una dannatio memoriae, la figura di Vincenzo Mortillaro. Le opere del Mortillaro hanno una dimensione religiosa e metapolitica che è sicuramente attualizzabile come interesse speculativo, non solo nell’ambito del pensiero politico siciliano dell’Ottocento, bensì nel più vasto spazio culturale e spirituale del ‘pensiero conservatore e cattolico intransigente’. Pertanto, ora con il prezioso volume di Romano, le opere di Mortillaro potranno essere lette e apprezzate nel loro profondo spirito religioso e culturale, di quella cultura che sta a monte della politica. Mortillaro non è stato semplicemente l’autore del celeberrimo Dizionario siciliano-italiano, o l’ideatore di una Guida di Palermo, ancora ricordata, ma fu soprattutto autentico protagonista dell’Ottocento siciliano. Genio precocissimo, arabista e professore interino dell’Università dal 1834, astronomo, matematico, cultore di storia patria (in radicale antagonismo con Michele Amari), certamente fu una figura poliedrica nelle attitudini e negli svariati interessi. E ancora, è stato letterato, poeta, fondatore, direttore e animatore prima e dopo il ’60 di riviste e giornali, attivo e indipendente protagonista della camera dei Pari durante il breve Regno di Sicilia del 1848-49, uomo di Stato delle grandi e molteplici responsabilità amministrative assegnatogli dal governo borbonico, critico acerrimo dei moti rivoluzionari del 1860, della conquista garibaldina e del nuovo regno d’Italia di marca piemontese liberale e coloniale, fu costantemente ammirato, deriso e invidiato per il suo rigore e la sua visione del mondo e della storia. Fondamentalmente Mortillaro possiamo definirlo un difensore del trono e dell’altare, un autonomista con accenti indipendentistici, legittimista cattolico. Con questo ricco curriculum non poteva che essere ignorato dalla storiografia ufficiale dei vincitori. Attraverso le sue pagine si potrà seguire la cronaca della storia della Sicilia, le vicende diplomatiche e politiche d’Italia ma anche dell’Europa, ma soprattutto la puntuale ricostruzione della vita amministrativa, culturale, sociale e religiosa di Palermo. Emerge, secondo Romano, “una dimensione religiosa e metapolitica che è sicuramente attualizzabile come interesse speculativo nell’ambito del pensiero politico siciliano dell’Ottocento e, più vastamente, del pensiero tradizionalista, conservatore e cattolico intransigente (pagine pressocchè ignote anche alla pubblicistica militante di marca fortemente impregnata di revisionismo e di polemismo antirisorgimentale) che, ora, potranno ben collegarsi anche all’indagine accademica e scientifica sul pensiero politico ottocentesco”. Mortillaro è un pensatore da riscoprire perchè anche se è stato fedele fino all’ultimo alla causa della Sicilia, del Sud e ai Borbone, era convinto di un positivo e utile assetto confederale dei popoli italiani, al contrario del modello centralista e giacobino offerto dalla conquista sabauda, specie di quello radicale e anticlericale dei garibaldini, che denuncerà come un empio e utopico frutto della innaturale unificazione. Il contributo di Tommaso Romano potrebbe essere una sorta di introduzione ad un prossimo lavoro magari più esaustivo di quello che già ha fatto il nipote Luigi Majorca Mortillaro, conte di Francavilla. Il silenzio centenario quasi assoluto sulla figura, l’opera e i rapporti culturali e politici di Vincenzo Mortillaro è stato rotto da pochi, valorosi studiosi, a partire dalla prima metà degli anni novanta del secolo scorso. Naturalmente i materiali disponibili tra le biblioteche e fondazioni sono numerosi, secondo Romano, sarebbe auspicabile una ricognizione di questo materiale e uno sfoglio di innumerevoli pagine e riviste a cui Mortillaro copiosamente collaborò, onde pervenire a una completa bibliografia della sua Opera. Alla prossima per entrare più a fondo dell’opera di Mortillaro.
DOMENICO BONVEGNA
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