DOPO PAPA RATZINGER, PAPA FRANCESCO

Roma, 13 marzo 2013, piazza San Pietro h 19,07. Una piccola nuvola sbuffa e fuoriesce dal camino della Cappella Sistina. Sì, è bianca! Dà subito l’annuncio il campanone accompagnato dallo scampanio delle altre campane della Basilica. In meno di mezz’ora la piazza si riempie, nereggia e ribolle di popolo: fede sicuramente e per prima cosa, devozione pure, poi magari desiderio di esserci e umana curiosità; comunque composita, è una folla enorme, plaudente, spontanea, di certo non inquadrata e non “abbindolata” (“abbindolati” diceva di noi cattolici – bontà sua – la “Stampa” dell’8 febbraio). Pur avendo visto altre folle in quel luogo fin dai tempi del grande Pio XII, ogni volta è una novità che mi lascia sbalordito e senza parole! Dico ciò perché qualche saccente “primo della classe” – ce ne sono sempre in circolazione – afferma che “pure Hitler riempiva le piazze”: panzane che devono lasciarci indifferenti anche perché, galoppando l’ignoranza, ci toccherà sentirne e sopportarne sempre di più massicce.
Così, a proposito di “primi della classe”, la mattina dopo la elezione di Papa Bergoglio, di fronte all’ormai celebre, disarmante “Cari fratelli e sorelle, buona sera!” e al sorriso aperto e il seguito della recita collettiva del “Padre Nostro” e l’inaspettato silenzio di preghiera, nessuno ha avuto da ridire se non il “Manifesto”, giornaletto in necrosi, col titolo su tutta la pagina “Non è Francesco”. Che scoperta! Sicuro, non è il Poverello con le stimmate, non va ancora scalzo come il Santo di Assisi anche se poco ci manca, non credo che parli alle “sirocche” tortore o che ammansisca lupi in quel di Gubbio o che cammini per le strade in “perfetta letizia” insieme a frate Leone…! Sempre “primi” quelli del “Manifesto”, ma in linea – occorre ricordarlo – col loro cattivo costume come quando, per la elezione di Papa Ratzinger, uscirono (20-IV-05) con“Pastore tedesco”, dove “pastore” nell’accezione di questi borghesi “comunisti in ritardo” aveva significato di “cane”; continuarono, poi, con la dicitura “castigo di dio” (12-XI-08) sotto la sua immagine (“dio” rigorosamente minuscolo), e “non è un buon pastore”, la sua è “la cultura della morte” e via insultando.
Quel 20 aprile, per vero, non furono i soli a mostrare disappunto, acredine e magari una punta di odio; del resto, sapevano bene chi fosse l’eletto; bastava cliccare il tasto di un computer per avere la videata di vita e miracoli, libri e articoli pubblicati, conferenze e discorsi pronunciati, colloqui con giornalisti e parole dette; e poi, quasi per compendiare il discorso e mostrarsi qual era, il cardinale Ratzinger aveva coronato tutto con quella definizione tagliente e famosa – “dittatura del relativismo” – durante l’omelia della “Missa pro eligendo Romano Pontifice” di qualche giorno prima; una vera e propria dichiarazione di guerra agli intellettuali boriosi e alla loro filosofia di cui spesso si vantano, il relativismo: giurarono di fargliela pagare in fretta.
E difatti, la mattina del 20 aprile su “Repubblica”, ammiraglia dei giornali laicisti, e poi su “l’Unità”, “Liberazione”, “Europa”, “Espresso” e fogli caudatari, si potevano leggere titoli e frasi di questo tenore: Ratzinger “erede oggettivo di chi ordinò persecuzioni e roghi”, “forte delusione per la elezione del Torquemada di Wojtyla”, “ha già dimostrato di essere attento soprattutto ai ricchi europei”… Una raccolta di critiche, frammiste a grossolane menzogne. Continuarono, poi, imperterriti per i sette anni del suo pontificato; così fecero – ad esempio – per la magistrale prolusione all’università di Ratisbona (12-IX-06) quando lo aggredirono a testa bassa e con ira, accusandolo di aver vanificato in un minuto l’annoso lavoro di pacificazione con l’Islam intrapreso e condotto da Papa Wojtyla; o per la chiacchierata coi giornalisti con l’accenno al profilattico sull’aereo durante il viaggio in Africa (17-III-09); così per la remissione della scomunica ai vescovi della Fraternità S. Pio X di Lefebvre (2009), con strascico di maldicenze di nostri bravi chierici che confusero il piano disciplinare con quello dottrinale e si rifiutarono di capire il gesto di carità del Papa; e, poi, per la drammatica vicenda della pedofilia di diversi ecclesiastici nel cui fango sguazzarono a lungo mescolando alcune verità con tante menzogne nell’intento malvagio di trasformare i preti (mezzo milione nel mondo) in un’accolita di pervertiti e, soprattutto, tentando di mostrare il Papa loro complice, mentre, invece, Egli da sempre ne era stato il più integerrimo fustigatore…
Ma al di là di tutto ciò che contro di Lui è stato detto, inventato e tramato, Papa Ratzinger è e resterà un Maestro di dottrina, un esempio di umiltà e un grande, indimenticabile Papa!
Ora tocca a “Francesco”, come confidenzialmente viene ormai chiamato nelle chiese saltando l’appellativo di “papa”. Giusto che sia stato scelto Lui: io che ragiono con argomenti da popolo “basso” a cui appartengo, dico che era ora che sul “soglio di Pietro” salisse un sud-americano, non solo perché la Chiesa è “cattolica” (“et unam, sanctam, catholicam”) cioè universale, ma anche perché, rifiutando la fede e diventando semi-pagano e apostata, il nostro Continente “non merita” di avere un Papa; la meraviglia di Schuman (insieme a De Gasperi e Adenauer, uno dei padri dell’Europa Unita), nel vedere “da Lisbona a San Pietroburgo” una serie ininterrotta di splendide cattedrali, segno della presenza radicata del Cristianesimo, ormai non può essere più la nostra meraviglia: infatti parecchie di quelle chiese, svuotate di fedeli, sono diventate musei per turisti nippo-americani (cfr. “Il Foglio quotidiano”, 18-X-12) e il sinedrio massonico di Strasburgo ha impedito che si nominassero le “radici cristiane” dell’Europa perfino nel “Preambolo” della Costituzione come suggeriva con forza il grande Papa Wojtyla; e, poi, dovunque le élites che comandano fanno a gara per sradicare tali “radici”, vedi – esempio recente – il neogiacobino socialista francese Hollande che, nonostante i problemi veri della Francia causati anche dalla sua politica e la protesta di milioni di cittadini di ogni religione a Parigi, si ostina a mettere in cima ai suoi pensieri (dichiarazioni del 28-III-13) il “matrimonio” fra gay e il conseguente diritto di adozione di bambini da parte di queste persone…
Tutti siamo entusiasti di Papa Francesco. Tale entusiasmo è sicuramente causato dal fascino che emana dalla sua persona così amabile, semplice e spontanea ma anche dalla necessità che abbiamo, venuti meno padri e maestri, di affidarci a qualcuno che ci sia padre e maestro, vicino a noi e alla nostra “povertà”, insomma qualcuno che ci rassicuri e che ci dia un po’ di speranza; per noi italiani, poi, in questo frangente storico, la cosa acquista maggiore valore perché fa risaltare la grande differenza che corre tra “Santa Romana Chiesa” e il disastroso procedere dei nostri politici che, a quasi due mesi dalle elezioni, non riescono a partorire un governo! Ma l’entusiasmo “universale” per Lui può nascondere, a mio umile parere, dei pericoli. Intanto l’illusione di molti che Jorge Mario Bergoglio, novello Mosè, possa fare scaturire acqua dalla roccia percossa col bastone: il Papa, infatti, non può sciogliere le nostre mancanze, tutti i nostri problemi, gli errori che abbiamo commesso e i dolori che ci affliggono; Egli, pur avendo la grazia speciale del suo “stato” di Vicario di Cristo e Successore di Pietro, resta pur sempre un uomo: semmai siamo noi che dobbiamo convertirci al Vangelo che Lui predica con tanta umanità. Poi c’è la sua “povertà” (le scarpe nere, la croce pettorale di ferro, i paramenti, la frase bellissima “ah come vorrei una Chiesa povera!”…) che non va scambiata col “pauperismo ideologico” con cui tanti gazzettieri laicisti, borghesi e lontanissimi dai veri poveri, imperversano sui giornali e ammaestrano i loro lettori, sparando mezze verità e menzogne complete magari intorno alle fantomatiche “ricchezze della Chiesa”; questi signori fanno talvolta discorsi perversi, perfino puerili, e con protervia li ri-propalano a ondate da giornaloni e settimanali come “Repubblica” ed “Espresso”, a cui invano risponde “Avvenire” battendo colpo su colpo. Così, il cattolico deve stare molto accorto affinché tramite la parola “povertà”, fascinosa come poche altre, non venga “trasbordato”, senza che se ne accorga, nel campo ideologico di quelli che odiano e denigrano la sua Chiesa, per fargli, poi, ripetere a memoria le favole che gli hanno insinuato. È meglio che ricordi la frase di Gesù: “I poveri li avete sempre con voi” (Gv. 12, 8), con ciò significando che non bisogna dare ascolto a chi blatera di poveri come Giuda (“si poteva vendere questo unguento per 300 monete d’argento, e poi distribuirle ai poveri!”, Gv. 12, 5) e non sa neanche chi e dove essi siano: la Chiesa, nonostante peccati e difetti di suoi uomini, da tempo immemorabile, per i poveri, ha messo in campo una “macchina” di Carità che non conosce eguali al mondo (ospedali, scuole, opere di assistenza per bambini, donne, orfanotrofi, mense…), a fronte di organizzazioni internazionali laiche che spendono e spandono ben oltre la metà dei denari a loro affidati dagli Stati (cioè da noi!) in viaggi, alberghi, pranzi, simposi, congressi, conferenze e pubblicazioni che nessuno legge…; il grande giornalista Montanelli, laico dichiarato, raccomandava, giustamente, di dare i nostri soldi direttamente ai missionari per avere la certezza del loro sicuro investimento! E i missionari, infatti, conoscono veramente i poveri e stanno con loro spesso per tutta la vita e si chinano sulle loro piaghe per curarle, per chiudere i loro occhi quando traggono l’ultimo respiro…
Grande scalpore hanno suscitato, durante la catechesi di mercoledì, 3 aprile, in piazza San Pietro, le parole del Papa riferite alle donne: “Mamme e donne, avanti con questa testimonianza!” Tutti i giornali le hanno riportate gridando alla “novità”. Io, senza essere esperto di niente, non ci vedo, però, alcuna novità; semmai nel Papa c’è stato un modo diverso di raccontare e interpretare il celebre episodio di Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome che vanno al Sepolcro la mattina del primo giorno dopo il Sabato, “orto iam sole”: il nostro Papa Bergoglio, comunicatore immediato, schietto ed eccezionale, ha voluto sottolineare il “primato” della sensibilità femminile, cosa che, per vero, a proposito di quella pagina evangelica, tutti i predicatori quaresimalisti, cominciando dalla omelia di Pasqua, non mancavano mai di rimarcare. Io sono felice ed entusiasta del tono, del modo e delle parole di Papa Francesco e del clima da Lui instaurato, ma di quel “primato femminile” avevo sentito parlare già moltissime volte. Sono convinto, però, che le sue parole non c’entrino nulla con le cosiddette “quote rosa” di cui tanto si vantano i partiti come se l’essere donna fosse, di per sé, una garanzia per sedere più degnamente degli uomini in parlamento o alle regioni o nei comuni, né tanto meno c’entrino qualcosa col titoletto strampalato e volgare apparso su “Repubblica” del 4 aprile, “Il potere rosa che avanza in Vaticano”! La Chiesa non ha bisogno di “femminismo”; Essa in 2000 anni ha canonizzato e venerato migliaia di donne di ogni ceto sociale, additandole come esempio a tutti i fedeli; “Felicitate, Perpetua, Agata, Lucia, Agnese, Caecilia, Anastasia” vengono ricordate nel Canone della messa fin dai primi secoli; grandi figure di badesse nel “buio” Medioevo hanno retto monasteri femminili e maschili insieme…
Concludo queste noterelle con il proposito di dire e di scrivere ancora su Papa Bergoglio soprattutto quando lo attaccheranno appena aprirà bocca sui “principi non negoziabili” (famiglia, vita, educazione, libertà…) che egli difenderà, come ha già fatto mentre in Argentina legalizzavano il “matrimonio” omosessuale; scriveva, infatti, il 22 giugno 2010 da Buenos Aires a delle suore: “Questa non è semplicemente una lotta politica, ma un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Questa è una “mossa” del padre della menzogna che cerca di confondere e ingannare i figli di Dio”. Parole chiare. In risposta la presidentessa, Cristina Kirchner, disse che la lotta di Bergoglio evocava “i tempi medievali e quelli dell’Inquisizione”. Sono certo che ne vedremo delle belle! Nel frattempo io gli assicuro filiale devozione e, aspettando, comincio a pregare per Lui con parole che conosco da sempre: Dominus conservet eum et vivificet eum et beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum eius (Il Signore lo conservi e lo vivifichi e lo renda felice sulla terra e non lo consegni nelle mani dei suoi nemici).

Carmelo Bonvegna