Difficilmente certe notizie trovano spazio nei vari carnevali gay. I media invece di assecondare i pruriti di un’infima minoranza, dovrebbero prodigarsi a fare informazione utile, obiettiva e soprattutto vera. Secondo quanto riportato da PubMed, la recente letteratura medica di settore ha confermato che gli uomini impegnati in attività omosessuali o bisessuali sono esponenzialmente più esposti al rischio cancro. Già nel dicembre scorso la notizia era stata pubblicata nel silenzio pressoché generale da The Lancet. Il giornale medico internazionale riportava uno studio dal titolo “Il cancro e gli uomini che fanno sesso con uomini: una revisione sistematica”. Ora le ricerche vengono ulteriormente ribadite da PubMed. I ricercatori, dopo aver esaminato 47 profili meritevoli di particolare attenzione scientifica, sono giunti tutti alla medesima conclusione: l’omosessualità rappresenterebbe un fattore di rischio per il cancro, che si svilupperebbe anche a causa delle infezioni contratte con comportamenti disordinati. Uno studio francese, citato dall’agenzia Life Site News, evidenzierebbe anche come l’HPV, il papilloma virus umano, causa anche di varie forme di tumore maligno, sia percentualmente molto più presente nei gay che negli eterosessuali assuntori di droghe (85% contro il 46%). Non solo: i gay ne risulterebbero molto più frequentemente infettati (61% contro il 26%) e presenterebbero molte più anomalie citologiche (72% contro il 36%). Alla stessa correlazione tra infezione da Hiv e rapporti disordinati è giunto anche uno studio brasiliano, secondo il quale i soggetti omosessuali sarebbero molto più esposti, tra l’altro, alla contrazione dell’HHV-8, lo Human Herpes Virus che predispone al sarcoma di Kaposi. Le prove esaminate dai ricercatori mostrano come, mentre il virus dell’epatite B, prioritaria causa del cancro al fegato, tra il 1990 ed il 2002 è diminuito del 67%, nello stesso periodo il numero di omosessuali, che ne sono stati affetti, è salito dal 7 al 18%. Legami sono stati individuati in laboratorio anche rispetto a patologie meno invasive, ma non meno problematiche, come quelle polmonari: ad esempio, su 75.164 studenti universitari, di età compresa tra i 18 ed i 24 anni, rispetto agli eterosessuali, i giovani gay (o lesbiche) sarebbero più soggetti a malattie respiratorie acute (il rapporto sarebbe di 1:38), i bisessuali alla sinusite (1:15), all’asma (1:37) ed alla bronchite (1:19). Non solo: tra malati di Aids il tasso di mortalità sarebbe “significativamente più alto per gli omosessuali che per gli eterosessuali o per i soggetti che si iniettino droga”. Eppure, di tutto ciò, sui media nazionali e internazionali, non v’è traccia. Che siano state siffatte motivazione medico scientifiche ad indurre il profetico San Paolo ad ammonire ai sodomiti (RM 6,23) che “ Il salario del peccato è la morte” ?
Gianni Toffali